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Se per i neoborbonici la lettura delle “Ricordanze” di Luigi Settembrini dovrebbe essere “obbligatoria” per demolire i loro miti delle Due Sicilie, “paradiso in terra”, così la lettura del grande romanzo di Ippolito Nievo, (Padova ,30-11-1831/ mar Tirreno, 4-3-1861 ), ”Le Confessioni d’ un italiano”, dovrebbe ridimensionare le nostalgie “veneziane” , dei nuovi fautori della repubblica di San Marco, di cui , appunto il romanzo, seguendo la vita immaginaria del protagonista Carlino Altoviti, dal 1775 al 1858, racconta la fatiscenza delle sue istituzioni ancora in parte feudali, la sua impotenza militare , dopo l’ultimo sprazzo di vita nella prima metà del XVIII secolo, la debolezza ed il disfacimento, se non la viltà della sua classe dirigente aristocratica, che portò alla fine ingloriosa della repubblica, dopo una vita gloriosa di oltre mille anni . Particolarmente significative le pagine sull’ ultima riunione del Maggior Consiglio, prima della pace napoleonica di Campoformio, che segnò la fine del’indipendenza, accettata con il voto favorevole di oltre 500 aristocratici presenti, “che quel giorno il consesso era scarso, appena giungeva al numero di 600 votanti senza il quale, per legge, nessuna deliberazione era valida”. non essendosi presentati tutti i titolari. A questa spietata analisi storica , della fine della repubblica veneta , attenuata dalla nostalgia per le vicende del Castello di Fratta, seguono i ricordi e le illusioni del periodo napoleonico e della restaurazione, ma il centro del romanzo, scritto di getto, da un giovanissimo Nievo rimane la più grande storia d’amore , mai raccontata, quella tra Carlino e la Pisana, la contessina sua cugina prima. Le pagine iniziali della cucina del Castello di Fratta, rimangono tra le più belle della nostra letteratura e giustamente , critici di altissimo livello, come ad esempio, Emilio Cecchi , ritengono questo romanzo “il più bel poema di giovinezza della letteratura italiana”, secondo solo al “Promessi Sposi”, anche se mancò quella pur necessaria rilettura dovuta alla morte improvvisa nel naufragio della nave “Ercole” che riportava dalla Sicilia nel continente il “garibaldino” Nievo , nato veneziano , ma che voleva morire italiano , come il protagonista del romanzo. Nievo , nella sua pur giovane vita , oltre ad una produzione letteraria vastissima, comprese novelle di impianto campagnolo, era stato un patriota ed aveva combattuto con Garibaldi, prima dell’impresa siciliana del 1860, anche nel 1859, seconda guerra d’indipendenza, nei Cacciatori delle Alpi. Se l’invito alla lettura è stato all’inizio particolarmente indirizzato ai nostalgici di una repubblica decaduta ed evanescente, il romanzo , pubblicato postumo nel 1867, con il titolo inesatto di “Le confessioni di un ottuagenario”, come fu lunga la vita di Carlino, dovrebbe essere letto o riletto (?), da tutti i cultori della nostra letteratura, e specie da giovani studenti, proprio per l’insieme di valori di cui è ricca la sua vicenda, di cui la passione per la libertà rimane forse il principale.