Kalòs kai agathòs, in greco Il bello e il buono, è una rubrica di Simone Tempia che, ogni settimana, propone uno stimolo culturale proveniente dalla rete, gratuito e immediatamente fruibile, selezionato secondo criteri stringenti di qualità artistica, culturale e scientifica.

Paolo Nori è una delle penne più felici e indomabili del panorama letterario italiano. Taglia, cuce, imprevedibile scarta, sospira, respira, sbuffa e si ribalta, si arrotola, serpeggia, sibila, si dipana gentile e mai doma. Paolo Nori è anche uno dei migliori traduttori che abbiamo in Italia, forse il migliore per quanto riguarda la letteratura russa e, nello specifico, di Fëdor Dostoevskij, la cui biografia è, latu sensu, protagonista anche dell’ultimo libro di Nori, Sanguina Ancora (Mondadori, 2021). Si potrebbe pensare che, nell’atto di traduzione, la creatività di Nori sia condannata e ingabbiata senza appello. E così è. Ma è una condanna in contumacia a cui segue una latitanza senza esilio. Il genio di Nori rimane lì, come un investigatore hard-boiled a cui è stato chiesto di consegnare distintivo e pistola che però non si rassegna e pedina, si apposta, osserva dalle stecche delle persiane per non farsi scoprire. Il risultato è una sorta di perfetta immedesimazione, quasi viscerale, tra l’autore e il traduttore, una mimesi straordinaria in grado di infondere carne e sangue pulsanti a testi lontani da noi in tempo e spazio. Dimostrazione ne è la lettura che lo stesso Paolo Nori fa della sua traduzione di Memorie del sottosuolo. Le quattro parti, da un’ora l’una, in cui la lettura è divisa sono più che un semplice audiolibro: sono una performance di immedesimazione, viva, presente, chiara, piena di intenzioni. Un raro pezzo di arte che, lo sappiamo, risale al 2012. Ma la rete è un mare che, proprio come il mare, spinge al largo per poi riportare a riva, consegnandoci a volte relitti. Molto più spesso tesori.

Buon ascolto.

Memorie del sottosuolo letto e tradotto da Paolo Nori

Parte Prima

Parte Seconda

Parte Terza

Parte Quarta