La visione apocalittica del cambiamento climatico, che ormai è l’unica accettata, si presta a qualche notazione. Il cinico  Peter Sloterdijk, ad esempio, ne ha tratto occasione per esercitare la sua ironia: sull’Apocalisse, l’intelligenza umana “può solo avere un assaggio in varie forme di anticipazione, come è comprovato da un’illustre serie di simulazioni, elevate o profane, che vanno dal Libro dei Morti egizio alla prima relazione del Club di Roma”. Vorrei qui sottolineare che anche in passato ci sono state manifeste esagerazioni. Una preoccupazione escatologico-ambientalistica fu già espressa da  papa Gregorio Magno (540-604), oggetto la fine del mondo: “che non ne siamo lontani  lo possiamo dedurre dal mutamento già avvertibile del clima”. Un analogo pessimismo manifestava San Massimo, suo contemporaneo, primo vescovo di Torino, che però l’approssimarsi del dies irae lo vedeva indicato da altri segni, quali il dilagante malcostume e le calate di barbari. Una associazione da brividi – cambiamento climatico più dilagante malcostume più calata di barbari – ma sappiamo che la fine del mondo fu rimandata.  In tempi più moderni, una posizione pessimistica più moderata è quella di Jean Baptiste de Lamark, uno dei padri dell’evoluzionismo: per Lamark l’uomo “sembra lavorare all’annientamento dei suoi mezzi di sussistenza” e, considerando anche solo il disboscamento, “pare incamminato verso l’autodistruzione”. In tempi ancora più recenti un grande papa come Giovanni Paolo II disse che all’uomo spetta addirittura  di salvare il creato. Più moderatamente, Papa Francesco I si limita a affibbiarci l’onere di salvare il pianeta, esprimendosi nell’enciclica  “Laudato si”. e ancor più vigorosamente in un libro successivo (“Dei vizi e delle virtù”), scritto a quattro mani con don Mauro Pozza. Libro nel quale  l’innalzamento delle acque legato al riscaldamento globale è visto come un secondo diluvio universale, una rivolta di Dio contro la corruzione generata da Satana (quella già condannata da San Massimo). Degna di nota l’affinità di concetti e di linguaggio con uno scritto di età elisabettiana, “Utriusque mundi” di Robert Fludd, un medico cabalista, Gran Maestro del mitico “Priorato di Sion” reso famoso da Dan Brown. Sentiamolo: “Nella regione settentrionale accade spesso che l’alito degli Spiriti Lucifugi provochi, con grande danno degli uomini e delle fiere, nevi indissolubili e ghiacci perpetui con venti violenti e terrestri, il cui gelido soffio è causa di grandine, brina e neve: tutti questi fenomeni sono senza dubbio autentiche operazioni di Satana”. Come si vede, ciò che Fludd attribuisce ad opera satanica non è il caldo, bensì il freddo, ma va bene anche così: espressioni come “fa un freddo del diavolo”, e come “fa un caldo del diavolo” la gente usa sia l’una, sia l’altra. Saggezza popolare.