Premetto che è estremamente difficile ricostruire fatti così recenti che saranno appannaggio degli storici degli anni a venire, cionondimeno possiamo iniziare a fissare alcuni punti, anche grazie alle prime assunzioni di responsabilità pervenute.
Il 7 ottobre 2023 Israele ha subito due distinti attacchi, ancorché quasi simultanei: uno di carattere militare contro strutture difensive ed apparati preposti, l’altro, conseguente, di matrice terroristica contro una popolazione inerme.
Per quanto l’aggressione possa essere vile e proditoria, i diplomatici avranno ragione a protestare, ma i militari non avranno giustificazioni di sorta. La festività in corso non è una scusante in generale, men che meno dati i precedenti: dalla guerra del Kippur 1973, all’offensiva del Tet in Vietnam nel 1968, agli attacchi domenicali, a Pearl Harbour 7 dicembre 1941, in Unione Sovietica, operazione Barbarossa 22 giugno 1941; tutti con grande effetto sorpresa.
La frontiera tra la Striscia di Gaza ed Israele è da decenni una delle più presidiate del mondo: in particolare sua lato israeliano, oltre alla barriera difensiva si trova la Divisione Gaza, appositamente collocata per controllare quel confine a ridosso del quale sorgono non pochi insediamenti. Non sarà politicamente corretto dirlo, ma vale il principio secondo cui la gente può dormire tranquilla perché il mondo è diviso da muri e sopra ogni muro c’è un uomo con un fucile (Codice d’onore 1992). Se gli uomini preposti si lasciano cogliere di sorpresa, purtroppo le persone muoiono.
A quanto pare l’attacco ha investito in pieno il Comando della Divisione Gaza, il cui personale di presidio è stato immediatamente ucciso o catturato, paralizzando l’operatività di tutta l’unità e la capacità di reazione dell’intero apparato difensivo israeliano. Se ci fossero state truppe lungo il confine, invece di telecamere e sensori, queste avrebbero rischiato di sbandarsi, per interruzione della catena di comando: in questo senso pur nella limitatezza delle proporzioni, la gravità del colpo subito ricorda la sconfitta italiana a Caporetto. Un attacco portato non sulle prime linee ma in profondità fino ai centri nevralgici dell’organizzazione militare, paralizza l’intera struttura determinandone il collasso. Questo ad Israele non era mai capitato: attacchi con razzi, infiltrazioni, attentati erano tutte cose note, qui siamo di fronte a qualcosa di diverso.
La novità assoluta (in questo contesto) ed inaspettata è stata la capacità di attaccare dal cielo, pur con rudimentali parapendio a motore. Con i quali si presume siano planati direttamente sopra la struttura di comando. Una modalità che ricorda molto l’attacco tedesco alla fortezza belga di Eben Emael nel maggio 1941. Ai tempi modernissima, fulcro dello schieramento difensivo belga, posta alla confluenza tra il Canale Alberto e la Mosa, con 1.200 uomini di presidio, fu conquistata da 80 paracadutisti tedeschi, comandati dal tenente Witzig, scesi con nove alianti sulla sua sommità. Con un nuovo tipo di esplosivo ad alto potenziale, misero fuori combattimento i pezzi di artiglieria, rendendo inoffensivo il presidio, fino all’arrivo delle truppe corazzate. I lanci di truppe aviotrasportate furono direttamente ispirati da Hitler… Student: «L’impresa del Canale Alberto fu anch’essa un’idea di Hitler, forse la più originale di quest’uomo che di idee geniali ne ebbe molte» (il gen. Kurt Student comandante delle forze paracadutiste tedesche è intervistato in B.H. Liddle Hard Storia di una sconfitta 1971, Rizzoli Editore, Milano, già I generali tedeschi narrano… 1949). Hitler riteneva che il paracadutismo fosse la naturale evoluzione della fanteria, destinato a soppiantarla, così come le truppe corazzate avevano resa obsoleta la cavalleria e i cacciabombardieri, poi la missilistica, avevano messo in un angolo l’artiglieria. Perderà questa convinzione l’anno successivo dopo il pesante risultato della battaglia di Creta.
Anche nel 1940, come oggi, la sorpresa fu totale.
Evidentemente qualcuno di Hamas ha studiato bene la storia militare, oltre al sistema difensivo nemico. Qui le responsabilità si spostano dai comandi subalterni, impreparati a questo tipo di attacco, ai servizi segreti, che non ne hanno avuto alcun sentore, o ai comandi superiori qualora fossero stati informati ed avessero ignorato gli avvertimenti. È lecito chiedersi chi abbia fornito le attrezzature di volo, pur nella loro semplicità, e dove si siano addestrati gli utilizzatori, perché è arduo pensare che fossero alla prima esperienza.
Questa azione militare, accecando e paralizzando il sistema difensivo israeliano, ha poi consentito lo sfondamento del perimetro in una trentina di punti e l’irruzione di terroristi sanguinari che hanno infierito barbaramente, senza alcuna pietà, sull’ignara popolazione civile.
Il resto è cronaca.