Il 19 agosto di cento anni fa si spegneva a Céligny, in Isvizzera (è un enclave ginevrina nel Cantone di Vaud), Vilfredo Pareto, nato a Parigi nel 1848 da una famiglia genovese che poteva vantare non pochi meriti risorgimentali.
Giuseppe Mazzini, Alfredo Oriani e Vilfredo Pareto: sono questi i tre principali nomi cui devo le basi della mia cultura politica. Divenuto famoso come economista e sociologo, la formazione di Pareto è quella di un ingegnere, per cui, scrivendo e parlando di sociologia politica, starà sempre molto attento alla precisione, rifuggirà dai termini dubbi, vaghi, che non corrispondono a nulla di preciso, quelli che riempiono la bocca e deliziano le orecchie dei seguaci (o delle vittime?) del politicamente corretto di turno.
In anni giovanili lessi il suo libro “I sistemi socialisti” in un’edizione curata dall’ingegnere ligure Rinaldo Orengo, poi nella biblioteca di famiglia trovai altre sue opere come, per esempio, “Trasformazione della democrazia” e anche il gustosissimo “Il mito virtuista e la letteratura immorale”, oggi più attuale che mai e che risulterebbe davvero molto utile per mettere alla berlina lo (pseudo)puritanesimo che ha dato origine al “me-too” e fenomeni simili…
La sociologia, cui Pareto dedicò il ponderoso “Trattato di sociologia generale”, deve essere una scienza logica e sperimentale, priva di dogmi e lontana dal chiacchiericcio d’improvvisati ideologi. Interessante la risposta che diede ad una rivista che gli aveva chiesto un articolo sul progresso: egli – affermò – non poteva scrivere nulla sul tema in quanto, secondo la sua sociologia, un termine di questo tipo, proprio per la sua mancanza di precisione tendente a generare equivoci, non trovava posto.
Molto importante, nella sociologia paretiana, il concetto di residui e derivazioni. I primi sono tendenze psicologiche, la manifestazione degli istinti e dei sentimenti, che rimangono costanti nel susseguirsi dei fenomeni passeggeri. I residui sono i padri delle ideologie e determinano un certo numero di azioni umane che, secondo Pareto, sarebbero le derivazioni. Molte derivazioni, apparentemente diverse, nascono, in realtà, dagli stessi residui e, con un certo disincanto, non si potrà non vedere la stessa mentalità nell’antifascista e nell’ anticomunista viscerale (mossi ambedue dallo stesso “residuo di ossessione”), nel predicatore sessuofobo e nel libertino maniaco sessuale, nel propagandista ateo e nel maniaco religioso, nell’universalismo cristiano e nella (pseudo)fratellanza universale predicata dagli ideologi rivoluzionari (che, per imporla, non esitano a scannare anche milioni di persone, evidentemente non abbastanza fratelli…). Per poter agire positivamente in senso politico bisogna avere l’accortezza di riuscire a distinguere i residui dalle derivazioni.
Un altro mito bersagliato da Vilfredo Pareto è quello dell’egualitarismo, idea che cozza con l’osservazione che tutti gli uomini sono, in realtà, diversi. Per questo le società, di ogni tipo, sono sempre state dominate da élites, che vivono, crescono, muoiono e circolano.
Il pensiero di Pareto offre molti punti di vista davvero interessanti per osservare la società con un occhio disincantato e, per ciò stesso, più realistico. Io, pur dovendogli moltissimo, non lo seguo letteralmente al cento per cento, un po’ di sana critica ci vuole anche nei confronti di questo Maestro, di questo attualissimo inattuale, altrimenti si corre il rischio di una visione troppo meccanicistica della società, dei rapporti sociali e della storia. Il triste paesaggio di rovine morali e spirituali che ci offre l’occidente attuale, però, mi rende sempre più simpatico il personaggio, il cui insegnamento potrebbe essere sicuramente utile per favorire un sano e positivo moto di reazione.
Il prossimo primo settembre le Poste Italiane emetteranno un francobollo per ricordare, con qualche giorno di ritardo, il suo centenario.
Achille Ragazzoni