Oggi  è l’anniversario della fondazione, che avvenne al Ristorante del  Cambio di Torino, del Centro Pannunzio. A ben pensarci, Arrigo Olivetti, industriale di Ivrea ed editore del ”Mondo” con il Conte Carandini, fece, fin dall’inizi, una scelta elitaria perché al Cambio, il ristorante del Commendator Parandero, al Ristorante di Cavour,  nel 1968 potevano accedere, rigorosamente su invito,  solo poche persone. Mio padre mi portava ragazzino solo nelle grandi occasioni. In quelle sale storiche, tanti anni dopo,  feci con un gruppo molto  ristretto di persone il mio pranzo di nozze. La signora Mary Pannunzio venne espressamente da Roma, come arrivò da Milano Mario Soldati. Mi chiedo ancora oggi perché partecipai a quell’incontro, che segnò la mia giovinezza e la mia vita. Sarebbe lungo e insignificante approfondire perché vi partecipai e di cui ho persino scritto da qualche parte. Fu un privilegio, ma anche una condanna che mi vincolò alla serietà fin dall’adolescenza come scrisse, parlando di  me,  Passerin  d’Entreves  che partecipò all’incontro al Cambio. Mentre  trionfavano i contestatori e i cantautori,  io leggevo “Il mondo“, di cui mio nonno fu un fedelissimo abbonato fin  dal 1949. Olivetti voleva un centro Pannnnzio di pochi, io la pensavo diversamente. Lo Statuto del Centro,  il cui primo articolo venne scritto da Norberto Bobbio, accolse la tesi olivettiana. Olivetti aveva ben viva l’esperienza del fallimento del partito radicale e non voleva gente estranea alla fedeltà pannunziana e alla sua cultura liberale. A distanza di tanti anni credo di dover dire che aveva ragione Olivetti, sostenuto anche da Mary Pannunzio. Il Centro con la presidenza di Mario Soldati è cresciuto ed è diventato più aperto e popolare. La pandemia e i problemi connessi impongono una riflessione sull’impostazione di Olivetti. Il pluralismo, a volte, si confonde con il pressappochismo  populista che  può dare spazio anche a persone non adeguate. Il rischio è quello di annacquare il vino, confondendo il Centro Pannunzio con generici circoli culturali senza identità. Nel 2010 ci fu chi a Roma cercò di creare un surrogato della Centro Pannunzio che si dissolse in pochi mesi, anche per intervento del  Ministero dei Beni culturali che ripristinò la verità storica. Oggi sentiamo sulle nostre spalle l’eredità di una grande, unica ed irripetibile tradizione culturale che non ha nulla da spartire con la volgarità dei nostri tempi. Olivetti oggi sarebbe inorridito. Ed avrebbe mille ragioni per dire che Pannunzio non può essere confuso con questi tempi. Semmai, come diceva Pannella,  Pannunzio avrà a che fare con i tempi futuri. Far parte del Centro, come diceva Olivetti, è un onore e un privilegio che vanno  meritati. Più che mai oggi.