E’ ancora oggi difficile, a distanza di 80 anni dai fatti, avviare un discorso storico su uno dei punti più controversi della storia italiana: la caduta di Mussolini e la ripresa del controllo della situazione da parte del re Vittorio Emanuele III che trovò un pretesto formale come il voto del Gran Consiglio del fascismo per licenziare Mussolini, facendolo arrestare. Non fu un colpo di Stato ma furono le dimissioni obbligate del capo del governo dal 1922, in base all’ordine del giorno di Dino Grandi approvato dal gran consiglio del fascismo nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943. Il Gran Consiglio era un organo costituzionalizzato dal regime, un organo di partito inserito a forza tra il senato del Regno e la camera dei fasci e delle corporazioni. Il gran consiglio non aveva mai votato e si era limitato ad acclamare il dittatore . Non è questa la sede per disquisizioni storiche approfondite su temi così complessi perché il Centro Pannunzio organizzerà un convegno dedicato il 21 settembre. La data del 25 luglio va inevitabilmente connessa con quella dell’8 settembre 1943 che segnò l’Armistizio e lo sbandamento dell’Esercito italiano rimasto senza ordini chiari. E’ per questo che il convegno riguarderà anche l’8 settembre. Il dire dopo il 25 luglio che la guerra continuava fu un modo ambiguamente tutto italiano per tamponare momentaneamente la falla che rivelò fin da subito l’inettitudine politica di Badoglio nuovo capo del governo. Il Governo Badoglio si lasciò infatti sorprendere del tutto impreparato dall’armistizio. In quei 45 giorni Badoglio non fu in grado di preparare l’Italia all’uscita dalla guerra, anche se va riconosciuto che l’impresa era disperata. Gli alleati non si fidavano degli italiani e nel frattempo i tedeschi erano calati in Italia con truppe molto consistenti L’intera classe dirigente italiana, in primis i militari, si rivelò inadeguata . Il re fece il primo passo per mandare a casa tardivamente il duce, ma non comprese che affidarsi a Badoglio era una scelta sbagliata. Badoglio si era rivelato inadeguato già nella I Guerra mondiale come primo responsabile di Caporetto ed era stato il generale più quotato e compromesso del regime fascista. C’erano dei militari come il maresciallo Enrico Caviglia che avrebbero potuto e saputo fronteggiare la situazione e c’erano dei politici antifascisti che erano stati ministri prima della dittatura come Marcello Soleri che avrebbero avuto le doti per cimentarsi in un momento così drammatico al servito dell’Italia . Affidarsi a Badoglio fu una scelta esiziale. Su questo tutti gli storici sono d’accordo. Ancora due due riflessioni : la monarchia consentì, sia pure molto tardivamente, di liberarsi di Mussolini ( cosa impossibile in Germania ) , ma fu incapace di affrontare il tema dell‘uscita dalla guerra . Quest’ultimo aspetto fu quello determinante, anche se è lecito sollevare il dubbio che sarebbe stata possibile contestualmente la fine della dittatura e la fine della guerra, come ingenuamente speravano gli italiani scesi in piazza a festeggiare la caduta del Regime . In Italia si assistette ad un fatto clamoroso : tutti fascisti fino al 24 luglio , tutti antifascisti o quasi dopo il 25 luglio . Il regime sembro ‘ implodere . Nessuno agi ‘ a favore del duce osannato deposto dal re . La guerra fallimentare aveva distrutto il mito Mussolini anche se dopo l’8 settembre venne creata la Rsi con l’appoggio dei tedeschi. L’ incertezza dei quarantacinque giorni e l’armistizio che colse di sorpresa i vertici italiani fecero degenerate la situazione in una terribile guerra civile. Un altro fatto su cui riflettere. Il fascismo chiamato al potere dal re nel 1922 venne liquidato provvisoriamente dallo stesso re nel 1943. E anche questo elemento va meditato perché il ruolo giocato dalla monarchia ,sia pure in extremis ,fu determinante. E gli italiani lo capirono perché scesero in piazza con i ritratti del re. Poi Badoglio e l’ 8 settembre cambiarono le cose.
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