Il 13 febbraio scorso al Centro Pannunzio è stato presentato il libro di Tiziana Maiolo “28 Marzo – Il fattaccio di viale Famagosta”, Milieu Edizioni. Il professor Pier Franco Quaglieni, direttore del Centro Pannunzio, ha introdotto l’incontro, poi condotto dalla scrittrice Patrizia Valpiani che ha presentato l’autrice e le due relatrici: Tiziana Parenti e Anna Chiusano. Tiziana Maiolo, giornalista, già parlamentare per tre legislature, già assessore al Comune di Milano, ha scritto altri libri, tra i quali, “1992” Marsilio, “Donne che odiano le donne” Mondadori, “Tangentopoli”, Rubbettino. Questi suoi saggi testimoniano emblematicamente il grande impegno, civile, giornalistico e politico, della Maiolo sui temi della “malagiustizia”, contro quel pericoloso potere mediatico-giudiziario e soprattutto per rendere più umane e civili le carceri e il sistema carcerario. E su tali argomenti sono illuminanti gli articoli che la Maiolo scrive ogni giorno su “Il Riformista”. Temi e questioni che aleggiano anche in questo suo ultimo libro che rappresenta il suo esordio nella narrativa: un “noir”, un giallo, con delitti e intrecci malavitosi (la “ndrangheta”), in quel Marzo del 1994 a Milano, città che vive da due anni la rivoluzione e il terrore di “mani pulite”, i giochi di potere della magistratura; città ancora sgomenta dall’attentato di via Palestro; e nel momento in cui, nelle elezioni politiche anticipate del 1994, che instaurano la seconda Repubblica, a sorpresa, vince Berlusconi che sconfigge la “Gioiosa macchina da guerra” di Occhetto. In tale contesto, sul “Fattaccio di viale Famagosta”, come si legge come titolo in copertina del libro, a condurre le indagini è una giovane magistrata, tosta, scrupolosa, anomala rispetto allo stile ieratico, altezzoso e palingenetico che caratterizza il pool mani pulite e la procura di Milano. Ed è l’intervento di Anna Chiusano, avvocato penalista, già presidente della Unione Camere Penali del Piemonte, a introdurci nel libro, che definisce un magnifico giallo e dove risaltano “quattro magnifiche figure femminili”, che sono, appunto, la magistrata P.M., la giornalista, una giovane cronista di giudiziaria di quelle toste (una alter ego della Maiolo), la casalinga e l’avvocato. Nel libro si respira l’aria di Milano, ambienti uomini e luoghi, e sullo sfondo i luoghi e situazioni mitizzate dalle cronache su tangentopoli, soprattutto il palazzo di giustizia, fuori e dentro, teatro degli avvenimenti che portano alla distruzione della Prima Repubblica, che hanno segnato l’ascesa del potere giudiziario che ha messo in ginocchio il potere politico e istituzionale. Un clima che ha creato i “P.M. Star” (i Procuratori, magistrati dell’accusa), acclamati dai cittadini (o comitati di salute pubblica) come angeli vendicatori e risolutori di tutte le ingiustizie e raddrizzatori del “Legno storto dell’umanità”. Inoltre l’uso spregiudicato e insindacabile della custodia cautelare ha dato un potere enorme ai P.M. e quindi le confessioni, le chiamate di correo, le ammissioni e l’accettazione del ricorso al patteggiamento per sottrarsi a quella nuova forma di tortura e di inquisizione. Ed ancora, il rapporto anomalo tra P.M. e polizia giudiziaria che si ritrova con una delega in bianco sulle indagini, con tutte le aberrazioni del caso. Interessante e illuminante è stato l’intervento di Tiziana Parenti, che, come procuratore del pool “mani pulite” è stata testimone e protagonista eccellente in quegli anni milanesi di tangentopoli, ma ritenuta “non in linea” con il progetto e le finalità del nucleo originario del pool, è stata boicottata ed emarginata nelle indagini; infatti ha dovuto poi dimettersi dalla magistratura e a svolgere la professione di avvocato; ed è stata parlamentare per tre legislature. La Parenti ha incentrato il suo discorso su una delle più gravi anomalie del sistema giudiziario, ovvero quello che viene definito il potere mediatico-giudiziario; nato o comunque reso potentissimo proprio con “tangentopoli”, con i P.M. e i giornalisti che si accordano sulle notizie da dare. Quindi giornalisti che non fanno proprie inchieste, non c’è giornalismo, fanno “gli addetti stampa” delle procure dalle quali ricevono le notizie da dare. I Procuratori, ricorda ancora la Parenti, non fanno più inchieste, o si affidano alle dichiarazioni dei pentiti; in genere aspettano solo le intercettazioni che utilizzano senza criteri, senza discernimento critico; c’è quasi un piacere e voluttà nell’indagare sulla vita degli altri, come avveniva nella Germania comunista dell’Est; argomenti irrilevanti, ma che vengono pubblicati integralmente: una sorta di esposizione al pubblico ludibrio, o una gogna mediatica per le persone coinvolte che non sono neanche indagate o che non c’entrano nulla con l’inchiesta. Qualcuno ha definito i P.M. “Sdraio”, ovvero sdraiati in attesa di notizie di reato che attendono dalle intercettazioni. E, a cascata, “Sdraiata” (sulle posizioni delle procure) è quella dei giornalisti (e in genere di chi forma e informa l’opinione pubblica). C’è di certo, ha ancora rilevato la Parenti, che tale diffusione sistematica dei verbali, sono un pericolo per la Giustizia e lo sono anche per una Democrazia Liberale come la nostra. Insomma, questo e tanto altro è venuto fuori dagli interventi e dalla discussione, da cui emerge un certo pessimismo sulle possibilità che restano alla “Giustizia”, poiché quelle fatte finora sono “riformette” sulla carta, come è rimasta incompiuta la famosa riforma Vassalli del 1989 (anche perché poco dopo scoppiò tangentopoli e tutti gli adempimenti successivi si fermarono per sempre); mentre i problemi si incancreniscono. Occorrono riforme coraggiose, (mi permetto di dire) come quelle indicate da Giovanni Falcone che erano: La separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti; la riforma della obbligatorietà dell’azione penale; l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati.
Spero che anche da questo breve resoconto possa incentivare la lettura di questo libro di Tiziana Maiolo: un bel giallo, scritto bene, che ci fa scoprire o intuire un pezzo importante della nostra storia e le conseguenze che stiamo ancora pagando. Infine, onore al merito del Centro Pannunzio per la presentazione di questo libro e per il dibattito su tali temi e tali relatori, così come tante iniziative simili, che, ahinoi, non trovano molto spazio nei luoghi torinesi deputati alla cultura.