Bentornati a un nuovo appuntamento con la nostra rubrica “Cinema Tips” che trovate solo ed esclusivamente su Toscana Today e Pannunzio Magazine. Questa settimana rimaniamo nell’ambito della fantascienza, ma se la settimana scorsa abbiamo parlato dell’incontro tra l’umanità e forme di vita aliene, questa settimana tocchiamo invece l’argomento del viaggio spaziale, sia a livello fisico che psicologico. Il film in questione è “Ad Astra”.

Lungometraggio uscito nel 2019 diretto da James Gray e sceneggiato dallo stesso insieme a Ethan Gross, vede nel cast Brad Pitt, Tommy Lee Jones e Donald Sutherland. Nota di rilievo la direzione della fotografia affidata a Hoyte van Hoytema. Il protagonista deve compiere la missione di mettersi in contatto con il padre, l’uomo che ha raggiunto il punto più lontano per la razza umana, tuttavia sarà costretto ad affrontare tanti pericoli e minacce per poi riuscire a capire che cosa sia successo effettivamente al padre, dato che la vita sulla Terra è minacciata da picchi di energia causate dall’antimateria che alimentava il motore dell’astronave del Progetto su cui viaggiava proprio il padre.

Il film parte come presupposto per un’avventura spaziale e struttura una sceneggiatura a livello di composizione dei fatti piuttosto complessa, ma il tutto è condito con molta presenza psicologica da parte del protagonista. Il viaggio, infatti, diventa un pretesto per riflettere su quali emozioni e meccanismi entrano in ballo nei rapporti interpersonali, specialmente in quelli più vicini e intimi, come appunto il rapporto tra padre e figlio o tra marito e moglie. La solitudine diventa lo spazio utilizzato dall’uomo per pensare alla propria vita, alle azioni compiute, agli errori commessi, ai rimpianti e ai rimorsi, ma anche per cercare di sviscerare le domande su come mai siamo stati abbandonati o ci sentiamo abbandonati da qualcuno che ritenevamo fondamentale per noi. Le risposte, una volta che vengono trovate, non sempre sono quelle che ci si poteva aspettare e anzi possono essere deludenti. D’altrone la vita molto spesso è così: ci lascia segni dal sapore amaro, ma allo stesso tempo certe delusioni possono servirci per riuscire a crescere e a diventare persone migliori.

Insomma, il lungometraggio aspira a entrare nell’Olimpo delle avventure spaziali allo scopo di parlare in realtà dell’umanità e della sua complessità psicologica, ma anche di quanto sia effimera e minuscola la nostra vita. Non si presta a una visione semplice, come già anche film del medesimo calibro e della stessa ambizione, e forse alcuni punti narrativi potevano essere trattati in maniera diversa o addirittura omessi. Di sicuro resta il fatto che il film prova ad alzare l’asticella sui film di questi generi. Se ci è riuscito deve essere stabilito dal pubblico, da voi che vi accingerete a guardarlo.