Quando Adolfo Omodeo morì improvvisamente nel 1946, Benedetto Croce sentì il bisogno di fare un bilancio del loro sodalizio intellettuale. Loro due, che avevano iniziato, nel 1921, uno scambio epistolare divenuto nel tempo sempre più frequente e intenso, e che, per anni, avevano studiato allo stesso tavolo. Loro due, che, durante il Ventennio, avevano condiviso le amarezze di chi non si era piegato al fascismo. E, mentre i rapporti di Croce con molti vecchi amici si raffreddavano – anche perché davanti al suo portone un agente identificava quotidianamente tutti coloro che passavano a trovarlo – l’intesa con Omodeo si intensificava e si faceva sempre più preziosa. L’opposizione al regime nell’Omodeo si era espressa prima nelle opere storiche, grazie alle quali – come ha ricordato Elena Croce – molti giovani avevano maturato la fede antifascista, poi nell’arruolamento nell’esercito di Liberazione. Loro due, che avevano condiviso la militanza nel Partito Liberale, malgrado alla fine, nel 1944, Omodeo avesse preferito aderire al Partito d’Azione. E Croce se ne era molto rammaricato, tanto che, non appena ne era venuto a conoscenza, gli aveva scritto per esprimere la propria delusione. Al che Omodeo aveva risposto con una lunga lettera, che si chiudeva con queste parole: “Il vostro compagno di lotta dei giorni nerissimi si limiterà a parlarvi di storia, di letteratura, di filosofia: sarà il collaboratore della Critica. Perdonatemi e credete nel mio immutato affetto”. Loro due che avevano dato vita al progetto di istituire l’Istituto Italiano di Studi Storici. Progetto che, purtroppo, rimase in parte incompiuto a causa della scomparsa di Omodeo. E Croce, dopo attenta analisi, chiamò al suo posto come primo direttore dell’Istituto Federico Chabod. Come si vede, gli scambi tra i due intellettuali e uomini politici furono costanti e riguardarono tutte le sfaccettature delle loro vite. Dunque, non stupisce che Croce dichiarasse impossibile stabilire chi di loro due avesse influenzato maggiormente l’altro. E, in fondo, avrebbe poca importanza mettere sui piatti della bilancia le loro opere per decidere, come se fossimo contabili poco lungimiranti, chi dei due fosse stato maggiormente “utile” all’altro. Sicuramente entrambi contribuirono all’accrescimento culturale del nostro Paese e alla formazione della nuova Italia repubblicana. E ancora oggi, possono dirsi valide le riflessioni espresse da Elena Croce nel 1962: “se oggi il nostro maggiore problema politico, e cioè il chiarimento del concetto di democrazia dalle ambiguità che sono andate deformandolo, appare inseparabile da una rinnovata coscienza critica di quel che è tradizione liberale europea, gli studi dell’Omodeo non possono non trovarsi sulla strada maestra della nostra cultura politica”.
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