Un’interessante mostra evidenzia i rapporti tra lo stilista milanese e il fotografo fiorentino, allestita ad Armani Silos a Milano
Dal 4 dicembre scorso fino all’11 agosto prossimo all’Armani Silos di Milano si può rivivere il fascino di una mostra che ha legato lo stilista Giorgio Armani al fotografo Aldo Fallai, diplomatosi all’istituto d’Arte Fiorentino, di cui in seguito sarà docente, aprendo poi uno studio di grafica con Mario Strippini.
A metà degli anni Settanta l’incontro decisivo con Giorgio Armani, agli esordi della sua vicenda di stilista e agli albori del madrina Italy, al quale Aldo Fallai darà un contributo e un apporto assolutamente significativo con la propria fotografia. Il connubio Armani-Fallai è stato in grado di trasformare la semplice messa in scena di abiti più o meno glamour in un racconto per immagini di uomini e donne consapevoli del proprio fascino e della propria eleganza. Si è trattato di una ridefinizione dello stesso stile.
“Abbiamo creato scene di vita, evocato atmosfere, tratteggiato ritratti pieni di carattere in un dialogo fluido e completo” racconta Giorgio Armani del suo rapporto con il fotografo Aldo Fallai, ora celebrato nella mostra intitolata “Aldo Fallai per Giorgio Armani 1977/2021 inaugurata agli Armani Silos aaMilano e visitabile fino ad agosto 2024.
L’incontro tra i due avvenne a una festa non lontano da Firenze nel 1974, quando Armani era ancora un giovane stilista freelance e Fallai un grafico diplomato all’Istituto d’Arte fiorentino, ma con una forte inclinazione per la fotografia. Se la loro intesa risultò immediata lo fu perché Armani era mosso dalla consapevolezza di una società nuova, in cui le donne erano pronte a rivendicare la propria autonomia, mentre Fallai risultava affascinato dell’orizzonte estetico che proveniva dal cinema e, in particolare, dal movimento del neorealismo e dalla pittura tardo rinascimentale e manierista, che ricercava un’autenticità capace di scavare sotto le apparenze.
Dopo il primo incarico ricevuto da Armani, destinato a un servizio proprio per L’uomo Vogue, si è inaugurata una stretta collaborazione protrattasi per quasi un trentennio, ripresa in anni recenti.
Grazie al suo stile disincantato e anticonformista Fallai si imponeva così sul panorama internazionale, collaborando con diversi brand e facendo apparire i suoi servizi sulle riviste di tutto il mondo, dialogando quindi, a partire dagli anni Ottanta, con le icone della storia dell’arte, in un dialogo iniziato e mai finito.
Nelle fotografie di Fallai viene assemblata la ‘Visitazione’ del Pontormo (1530), e ‘Stromboli’ di Rossellini (1950), il ‘San Sebastiano’ di Bronzino (1533), ‘I bambini ci guardano’ (1943) di De Sica, ‘Il ritratto di un giovane uomo’ (1518) di Rosso fiorentino e ‘Ossessione’ di Visconti.
Il risultato di questo intreccio tra passato e presente è dato da una sequenza di immagini in buona parte in bianco e nero che lo stesso Fallai definisce “familiari e sorprendenti, immediate e senza tempo, inventate e allo stesso tempo autentiche”. Delimita la cronologia un grande neon con la sequenza degli anni compresi tra il 1977 e il 2021. La mostra dal titolo “Aldo Fallai per Giorgio Armani 1977/2021” è curata dallo stesso Giorgio Armani, Rosanna Armani e Leo dell’Orco nello spazio progettato da Tadao Ando.
“Lavorare con Aldo mi ha permesso spiega Giorgio Armani – di trasformare in immagini reali la fantasia che avevo in mente: che i miei abiti non erano solo fatti in una certa maniera, con certi colori e materiali, ma rappresentavano un modo di essere, di vivere. Insieme abbiamo creato scene di vita, evocato atmosfere, tratteggiato ritratti pieni di carattere.
Le fotografie di Aldo Fallai vengono concepite per far conoscere le collezioni di Armani attraverso riviste e grandi affissioni e saranno al centro di servizi per Amica, Elle, Vogue, Harper’s Bazaar e Grazia e rendono omaggio al nuovo stile, uno stile imposto da Armani e codificato in cappotti, giacché, pantaloni larghi e comodi, giocati su un’alternanza di colori sobri con magari qualche tocco di rosso.
Grazie alla scelta del bianco e nero l’estetica non sovrasta il contenuto e gli scatti di Fallai si concentrano sui personaggi, trasformando gli abiti in un bellissimo complemento per quelle donne e quegli uomini scelti come modelli. Se il primo incarico per Armani sarà per l’Uomo Vogue, un altro del 1976 sarà dedicato al tema dell’abito usato e contribuirà a farlo conoscere come fotografo disincantato, irrequieto e anticonformista. Tra i suoi riferimenti artistici figurano Pontormo e Rossellini, Bronzino e De Sica, Rosso Fiorentino e Visconti, ma anche Caravaggio, i preraffelliti, gli orientalisti francesi e il manierismo neorealista.
Il percorso narrativo si snoda su due piani e raccoglie, in rigoroso ordine sparso, circa 250 scatti apparsi sulle riviste o trasformati in affissioni di forte impatto mediatico. C’è la foto con il tigrotto, realizzata a Palermo, quando la troupe si rifugia in un giorno di pioggia al circo Togni, c’è la donna in carriera, impersonata da Antonia Dell’Atte, ritratta con il suo sguardo rivolto verso un radioso futuro in mezzo alla folla in via Durini, sotto gli uffici di Armani. C’è la laguna veneta evocata in studio, le statue del Foro italico, tradotte in un gioco di ombre nette e grafiche. Fotografie al tempo stesso sorprendenti e familiari, realizzate con intelligenza e inventiva.
“il lavoro con Giorgio – spiega Aldo Fallai- è stato il frutto di un dialogo naturale e continuo, di grande fiducia da parte sua. Entrambi eravamo interessati a mettere in luce un aspetto dello stile legato alla personalità e al carattere e questo si è tradotto in immagini che appaiono attuali oggi come ieri. Una qualità resa evidente dall’allestimento della mostra, che non segue una sequenza cronologica. Dei trent’anni della nostra collaborazione ho ricordi vividi. Le produzioni erano sempre agili e snelle e il risultato logico si otteneva con pochi mezzi e senza effetti speciali. Penso che sia proprio questo ad aver fatto breccia nel pubblico”.