Tra gli archetipi di maggiore evidenza, quali il “sorriso” e la “spirale”, la “deità” e il “fluire del Tempo”, l’ “eterno femminino” o la “donna fiume”, ricorrono per frequenti sensi la “ciclicità” e la “quaternità”, e precisamente nell’ottantesimo anniversario della pubblicazione di Finnegans Wake di James Joyce (1939), la  “traduzione” del cui saggio, come Anna Livia Plurabelle, tuttora si deve allo sforzo congiunto dello stesso Joyce e del barlettano, trapiantato a Parigi, Nino Frank. “Ordovico or viricordo”, è tutto un inno alla teoria vichiana dei corsi e ricorsi storici, modulata all’infinito dallo scrittore irlandese nella “Veglia di Finnegan” ( dopo età degli dei, degli eroi e degli uomini, fantasia senso ragione, nascita ascesa e caduta delle nazioni, si produce il “Ricorso”, ricominciamento del ciclo, nel fiume Liffey che annega in mare addolcendone le acque, con il IV Libro ). Ora, in Finnegans Wake, ricorre la topica della “quaternità” ( narrata già in passi del precedente Ulysses ), come segno del ricominciamento del ciclo in senso ‘temporale’ e in senso ‘strutturale’. Un emblema imponente è la ripetizione dei quattro Evangelisti, nei quattro anziani e sapienti, negli “Annali dei quattro maestri” della storia irlandese e nei quattro senatori ( oltre che nelle quattro province d’Irlanda, quattro Corti, quattro quartieri di Dublino, quattro forme di attività dello spirito umano, quattro libri e via restituendo ). “Mamalujo” è l’archetipo complessivo dei quattro evangelisti, ricavato dalle prime due lettere di ciascuno dei loro nomi, Marco – Matteo – Luca – Giovanni, e applicato ai quattro anziani, “Four Old Men”, Matt Gregory, Marcus Lyons, Luke Tarpey e Johnny MacDongall. “La loro sigla nei notebooks Joyciani è una X, che rimanda alla crocifissione ma anche alla cross-examination di un testimone. Un simbolo ben ‘tetragono’, se pensiamo alla pregnanza della tetrachtys della sapienza antica, per esempio per i pitagorici e Giamblico , e allo schema 3+1 attivo in Vico. I diciassette capitoli di Finnegans Wake sono ripartiti in quattro libri” ( v. Libro III. Capitoli 3 e 4 – Libro IV, ed.it., con testo a fronte a cura di Enrico Terrinoni e Fabio Pedone, Mondadori, Milano 2019, a p. XLIII della Prefazione di Fabio Pedone ).

La “X”, dunque, in Joyce riassume e simboleggia, attraverso la immagine dei quattro evangelisti, tutte le altre “quaternità” o forme archetipali della “tetrade” possibili e immaginabili.

I miti raccolgono, altresì, la sapienza dei secoli. E in tal proposito, risulta esemplare la “Favola di Amore e Psiche”, cantata nelle Metamorfosi di Ovidio e oggetto di fulgide riprese nella storia dell’arte italiana, Psiche è abbandonata dalle sorelle sulla rupe, per esser data in sposa a un “drago”, a seguito di un comando della dea Venere, gelosa della bellezza di Psiche, per ciò detta “Venere” in persona. Ma il vento solleva Psiche sino alla reggia, dove ancelle invisibili le preparano la camera e il banchetto. Arriva lo sposo, “Amore”, inviato dalla dea a scopo di vendetta; ma “Amore”, colpito dalla bellezza di Psiche, e col volto coperto, la possiede ogni notte. Psiche, convinta dal pettegolare delle sorelle, vuol vedere il giovane in volto; e la sera, con la lucerna accesa di nascosto, vede il bellissimo giovane. L’incontro di umano e divino, tenebra e luce, ispirò Antonio Canova ( 1788-1793 ), creatore di un “incrocio di geometrie celesti”. Ove l’artista non rappresenta lo scatenarsi della passione tra i due amanti ma solo l’attimo che la precede, l’ “istante” platonico ( “assiso tra mobilità e quiete” ), quando i due corpi perfetti s’incastrano in una sinuosa “X”. Infatti, Psiche circonda con le braccia la testa di Amore, formando un cerchio che abbraccia il bacio ancora non dato. Amore la contempla, ammirato di tanta bellezza, mentre le sorregge la nuca e la cinge con l’altro braccio. Lo slancio di Psiche si protende nelle lunghe ali di Amore, nel marmo bianchissimo e levigato fino alla “trasparenza”. E Psiche rassicura Amore, che ha disobbedito alla madre Venere, creando un palazzo di fiaba, che va ora scomparendo come nuvola di fumo: “Il tuo volto non lo voglio vedere, non mi fanno paura le tenebre della notte. Teneo te, meum lumen. Possiedo Te, mia luce”. La “X”, mirabile compendio dello schema compositivo dell’opera scultorea, è formata dalle due ali di Amore in alto, incrociantisi con le posture della gamba destra di Amore in basso e il corpo di Psiche disteso completamente a cercare l’abbraccio dell’amante dal basso verso l’alto. Ruotando intorno all’opera, si tende a cogliere ancor meglio la armonia perfetta e completa dell’ “archetipo”, mezzo incomparabile, ideal-realistico, eterno per raffigurare l’amplesso d’amore. La “X”, segno nominalistico e abbreviato, stenogramma, per l’idea di “Quaternità” o “tetrade”, in Joyce e nei suoi appunti, che sono però intesi a rendere la “sintesi verbale del Creato”; era già stata assunta ai vertici della rappresentazione mitica e artistica di Antonio Canova, come “incrocio di geometrie celesti”.

Si osserverà, in ultimo, che alcuni archetipi di particolare potenza simbolica possono essere attinti per diverse vie, o diversi archetipi possono convergere e consentire in uno: proprio in Amore e Psiche, ad es., l’ eterno femminino ( cantato in quegli anni dal Goethe nel Faust ); o l’ istante; la categoria della “simultaneità” come forma ideale del Tempo; e la relazione tra “potenza” e “atto”, che insiste nell’attimo sospensivo dell’abbraccio; il ‘momento culminante’  dell’azione pregnante della dialettica delle passioni, possesso e contemplazione. 

Giuseppe Brescia – Società di Storia Patria – Andria 


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