“Beco, Beco… Tutti a dire ‘Beco qua’, ‘Beco là’… Mi crede se le dico che non so come sia nato? Per uno strano motivo, da un giorno all’altro Ayrton era Beco. Doveva suonare simpatico per un bambino di quattro anni: uno di quei suoni – suoni più che parole – che servono a vezzeggiare. Il significato non conta.” Da un boccale di birra, per burlare una camminata traballante, nasce “Beco”, il soprannome suggestivo con cui i genitori chiamavano il piccolo Ayrton Senna. E “Beco” si chiama anche il primo romanzo di Leonardo Guzzo: una biografia “suggestiva”, autenticamente letteraria, del grande pilota brasiliano. Non una storia cronologica e puntuale, che mette in fila gli avvenimenti e vuole informare il lettore; piuttosto, una ricostruzione emozionale e simbolica della vita e della figura di Senna. Si parte dall’apice patriottico (e forse personale) del campione – il primo trionfo al Gran Premio del Brasile, nel 1991 – e si arriva alla tragica morte ad Imola, nel 1994. In mezzo c’è il racconto di episodi più o meno memorabili della parabola di Senna (dalle gare a Monaco e in Giappone ai primi allenamenti sul kart sotto la pioggia), intervallati da testimonianze dei comprimari che hanno calcato il palcoscenico della sua vita: i genitori, la sorella, i rivali in pista, gli allenatori e i manager le donne del cuore o di una notte. In qualche caso, come nel finale “infantile” e “onirico”, è lo stesso protagonista a parlare, raccontando il suo punto di vista. Ogni “quadro” o “capitolo” sfocia naturalmente nell’altro: la sequenza degli episodi accompagna man mano il lettore nel mondo di Senna e il meccanismo narrativo è avvincente, a mezza via tra l’inchiesta, il teatro e la seduta psicologica. La figura di Senna si compone come in un mosaico; i tasselli si sommano e si incastrano per restituire l’immagine di un fratello, un figlio, un amico, un allievo, un avversario implacabile, un amante focoso e distratto, un uomo quieto e ardente, un pilota talentuoso e determinatissimo, ossessivo e geniale. Tutto si basa sulla realtà, su interviste e prove documentali, e però tutto sfocia nel “romanzo”, passando nella dimensione del verosimile e a volte del poetico. La “scia di luce che non si consuma”, sprigionata da Senna e colta nella sua romantica prefazione da Francesco De Core, vicedirettore del Corriere dello Sport, si riflette fino a noi attraverso “una scrittura davvero eccezionale”, come sottolinea Gian Paolo Ormezzano, l’altro grande mentore di questo libro, nel risvolto di copertina. C’è un di più in Senna, e un di più in “Beco”, che non può essere colto se non immergendosi nelle sue pagine. Pubblicato dall’editore Pequod come i due precedenti lavori di Guzzo, le raccolte di racconti “Le radici del mare” e “Terre emerse”, il romanzo ne rappresenta per molti versi l’evoluzione: un passo avanti nell’indagine sull’archetipo, sul rapporto tra la Storia complessiva e le storie personali, sull’eroismo della passione e dell’umanità. “Beco” è a tutti gli effetti il ritratto di un eroe della contemporaneità: Achille ed Ettore, saggio e bambino, umano e divino, pieno di contraddizioni e di uno slancio indomabile, animato dal bisogno insaziabile di “raggiungere” e “sorpassare”, accecato dalla luce di un oltre. “Devo sempre vincere. Questo è. Se non vinco non mi sento soddisfatto. Fa parte della mia personalità: ci ho messo una vita a chiarirlo, a rendermene conto, e l’ho sempre applicato alle corse. La cosa più importante, l’unica che conta, è essere te stesso. Non permettere agli altri di cambiarti perché vogliono cambiarti. La mia motivazione è vincere sempre. Mi rifiuto di fuggire dalla lotta. È la mia natura, andare dritto fino alla fine.
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