Va riconosciuto a Paolo Griseri, in occasione del ventennale della morte di Norberto Bobbio intervistando Marcello Veneziani, di aver spazzato via il vecchio rituale celebrativo di altri anniversari, che avrebbe fatto irritare in primis Bobbio che non amava essere chiamato Maestro. Tutti i piccoli “storici delle idee” e gli archivisti “scientifici” che si divertono a sezionare in periodi la vita (non certo il pensiero) di Bobbio, hanno rivelato di non sapersi misurare sul significato complessivo della sua opera che, a vent’anni dalla morte, non può essere oggetto di incensi e di messe cantate. Chi riduce Bobbio a questo, dimostra di non averne colto la sua  portata di pensatore  che va oltre il secolo breve. C’è una parte di Bobbio che è viva e una parte che risente del tempo, come è inevitabile che sia. Un giovane nato nel nuovo secolo non può avvicinarsi  a Bobbio come mi sono accostato  io quando ero all’Università. Il Bobbio vivo è quello che ci indica la strada dell’indipendenza di giudizio, della riflessione critica, del dubbio, del confronto civile, del rifiuto del laicismo furioso, della incompatibilità tra democrazia e comunismo. Più in generale dell’ideologismo propagandistico e  totalizzante, delle certezze inossidabili che portano al fanatismo e  che hanno devastato la politica e la cultura novecentesca. E’ il Bobbio che si richiama al tradimento dei chierici di Benda quello che continua ad insegnarci le cose che veniva a dire al nostro Centro “Pannunzio”. E’ il Bobbio che rifiuta con gentilezza il Premio “Pannunzio”, ritenendolo un cedimento alla vanità  propria del suo amico Spadolini, come mi disse in macchina quando lo accompagnavo a casa.
E’ il Bobbio che dubita dell’aborto senza se e senza ma delle varie Bonino, è il Bobbio che a Walter Tobagi dichiara che i fascisti in uno Stato democratico non possono godere di diritti diversi e condanna l’omicidio dei giovani fascisti che sarebbe stato, secondo alcuni estremisti, lecito uccidere. E’ il Bobbio che si vergogna  pubblicamente della letterina al Duce e della firma al manifesto contro Calabresi mentre tanti fascisti diventati comunisti e tanti firmatari del manifesto hanno fatto finta di niente, come Argan.
E’ il Bobbio che recupera anche in parte il Risorgimento rispetto alla  demolizione del medesimo operata da Gobetti e da  Gramsci, ammirando l’opera rivalutatrice di Rosario Romeo. E’ il Bobbio che discute con Renzo De Felice senza lanciare anatemi, mentre altri gli impediscono di far lezione e libera  dal recinto degli appestati Augusto Del Noce. E’ il Bobbio che mai riconoscerebbe come allievo Angelo d’Orsi con la sua astiosa faziosità senza limiti incompatibile con la stessa funzione docente. E’ il Bobbio che, citando Weber, ha sempre privilegiato l’etica della responsabilità a quella dei principi propria dell’estremismo che non fa i conti con la realtà. Citando Weber, ha sempre affermato che “la cattedra non è per i demagoghi né per i profeti“, cosa dimenticata dai bobbiani ortodossi.

E’ il Bobbio che parla di guerra giusta contro Saddam Hussein che invade il piccolo Kuwait ed è il Bobbio che mette in guardia che ogni guerra può degenerare in guerra nucleare volta a distruggere l’umanità ed auspica la pace tra i popoli e la trattativa diplomatica volta a superare  un mondo che sopravvive nel terrore delle armi nucleari. E’ ancora il Bobbio che esalta la pace, pur in una visione in cui la dura lezione del realismo di Machiavelli non è mai dimenticato. I modesti studiosi di rito bobbiano hanno essi stessi dimostrato i loro limiti vistosi.  È il Bobbio che diede ragione a Pannella nel condannare l’attentato terroristico di via Rasella che portò alle Fosse Ardeatine. Il giurista Marcello Gallo, riprendendo una mia frase appena accennata vent’anni fa, disse che il merito di Bobbio fu quello di non aver voluto creare  una scuola . Già allora nessuno avrebbe pensato che il suo assistente e successore in cattedra potesse proseguire sulle orme di Bobbio. Sempre vent’anni fa io dissi  con un pizzico di malvagità che un suo  mediocre allievo che dichiaro ‘che senza Bobbio non sarebbe stato nessuno non avrebbe avuto bisogno di citare Bobbio,  per rivelare la verità su di sé.
A vent’anni dalla morte si è giunti alla distribuzione delle immaginette laiche e delle letture periodiche del suo pensiero come fosse il Vangelo.
Bobbio che non aveva mai abbandonato “la fede dei padri“ dall’alto dei cieli, io credo che se la  stia ridendo bellamente di questi celebranti che, fingendo di incensare lui, cercano di rivolgere il turibolo verso se stessi.
Dopo vent’anni evitiamo tutte le vulgate, in primis quelle di Alberto Papuzzi.
Bobbio era una persona seria, non era Rol.