Fermiamoci un poco con gli anniversari, sospendiamo per un mese il racconto del 1973 e vediamo invece questo maggio 2023; e ciò perché il Cile oggi è a un passaggio significativo, comunque vogliansi giudicare i recenti risultati elettorali. Che cosa è accaduto il 7 maggio scorso? È stato eletto il Consejo constitucional: la sua composizione sarà per i due terzi di destra. Ma che cos’è il Consejo constitucional e come si è arrivati a questo pronunciamento così fortemente orientato?

In Cile a tutt’oggi vige la Costituzione del 1980, quella di Pinochet. Alla quale negli anni è stata apportata solo qualche modifica attraverso interventi parziali: la Concertaciòn, la coalizione di forze espressione del centrosinistra (Dc, Psi e altri) tentò più volte di adottare una Costituzione nuova (in ultimo la seconda presidenza Bachelet, 2014-18) ma mai riuscirono.

Poi, tutti li abbiamo presenti, i gravi disordini del 2019, i quali portarono il Paese a una doppia svolta: l’elezione di un presidente di estrema sinistra, Gabriel Boric e l’elezione di una assemblea costituente per una nuova Carta costituzionale. Una Carta che contemplasse diritti economico sociali, con una maggiore attenzione alla redistribuzione e all’eguaglianza etc.; e che fosse, anche sul piano simbolico, una rottura col passato, che togliesse la presenza di quel nome, Pinochet, vissuto come un’ossessione.

Il processo costituente era iniziato con il Plebiscito de entrada: con esso si elessero i membri di quella che preferirono chiamare Convenciòn constituyente anziché Assemblea, per non somigliare troppo alle infelici esperienze di Venezuela, Nicaragua … Tale Convenciòn conteneva molti candidati indipendenti, espressione di movimenti della società civile e la maggioranza era in mano ai partiti dell’estrema sinistra, oltre a una cospicua componente di rappresentanti degli indigeni. Infatti la prima presidente della Convenciòn è stata un’esponente del popolo mapuche, la linguista Elisa Loncòn (nell’immagine): si era presentata vestita negli abiti tradizionali e fece, a tutta la Nazione, il discorso di inaugurazione nella lingua dei mapuche. E l’intero ciclo dei lavori costituenti fu piuttosto tempestoso.

Ne è uscita una Carta non solo partigiana ma, sotto il profilo tecnico, pure con molti oggettivi elementi di debolezza: pletorica e ridondante, quasi 400 articoli, 170 pagine, 90 articoli sull’ambiente, 30 articoli sulle questioni di genere, arrivava a disciplinare materie inusuali per una Costituzione come il diritto all’aborto, riconosceva il sistema di giustizia indigena e altre amenità.

Un testo, insomma, che mostrava la sua volontà di rompere con la tradizione costituzionale cilena e di collegarsi piuttosto al costituzionalismo latino americano degli ultimi decenni (costituzioni di Ecuador, Bolivia, Venezuela): testi molto lunghi, non di rado confusi e contradditori, con una sovrarappresentazione delle tematiche indigene, pieni di promesse e di aspirazioni di problematica attuazione. Approvato a colpi di maggioranza, da un’assemblea eletta in una circostanza molto particolare e non pienamente rappresentativa della società cilena. Intorno a questo testo uno scontro duro, una contrapposizione netta, difeso soltanto dai partiti e movimenti della sinistra radicale, fra il sostanziale disinteresse e scetticismo dei partiti di centro e perfino di centrosinistra (la Concertaciòn del post-Pinochet), oltre a un’opposizione netta della destra.

Nel settembre 2022, come previsto, è stato sottoposto al referendum popolare, il Plebiscito de salida. È stato bocciato. A quel punto sono ripartiti da zero. Si è posto in essere un nuovo processo costituente, si è preso atto che c’è bisogno di rifondare la convivenza su basi nuove, che c’è bisogno di un nuovo patto costituente per il Cile. E’ stato disegnato un nuovo processo, articolato in due distinte fasi: nella prima, dopo l’ubriacatura degli inesperti e dei velleitari, ci si è affidati a una Comisiòn experta, composta di giuristi e politologi indicati dai partiti con il compito di predisporre una prima bozza di testo; designati, non eletti. Secondo momento è l’elezione di un’assemblea, il Consejo constitucional appunto, un’assemblea politica che deve approvare il testo che sarà poi sottoposto a un referendum, un plebiscito de salida.

Orbene, il 7 maggio le elezioni per il Consejo. Il successo della destra era previsto ma non in questa misura. Il Partido republicano (destra estrema, sorto nel 2019, il cui obiettivo dichiarato è mantenere la Costituzione del 1980) ha preso il 35% dei voti, quindi guiderà il processo costituente. Ha conseguito 23 consiglieri, cui aggiungere gli 11 di Chile seguro (destra). La coalizione di sinistra ha 16 consiglieri. La Dc e i partiti del centrosinistra, (quelli della Concertaciòn) non hanno portato alcun rappresentante. Infine un rappresentante delle comunità indigene, totale 51 consiglieri. Le decisioni debbono essere adottate (come già la Convenciòn) con una maggioranza dei due terzi. Maggioranza di cui la destra dispone pienamente. Il Consejo si installerà il 7 di giugno. Il testo che sta emergendo dalla Comisiòn experta è un testo molto equilibrato, riguardo ai diritti è un costituzionalismo sociale di matrice europea e riguardo ai poteri non introduce significative modifiche rispetto al presidenzialismo. Che farà il Consejo di questo testo, lo modificherà?

Infine, una constatazione e un auspicio.

Constatazione. Con la prima stagione si sono compiutamente espresse le idee e le energie di quelli che sono i più genuini eredi della stagione di Unidad Popular 1970-73, i figli di Allende, ossia coloro che ne declinano al meglio le idee ai tempi nostri[1] Ebbene costoro, godendo delle migliori condizioni e rapporti di forza, hanno prodotto una bozza di Costituzione che chiaramente voleva non essere per tutti, proprio per niente inclusiva (e usiamo di proposito questo aggettivo così abusato oggi in certi ambienti culturali). La Convenciòn constituyente è stata una odierna Unidad Popular: partigiana e conflittuale, divisiva e palingenetica (totalitaria, nell’intimo). Ma in una democrazia liberale, quale è il Cile, è un segno di inadeguatezza e di immaturità. E l’elettorato (il popolo) glielo ha detto.

Auspicio. Ora, la seconda stagione la inaugurano gli altri, coloro che più volte avevano detto: «se votate noi, la nostra posizione è che il Cile può benissimo andare avanti con la Costituzione del 1980». Speriamo invece che non si chiudano nel loro diritto di imporre la volontà dei 2/3 e che sappiano ascoltare la società tutta. Anche quella parte la quale, pur pasticciona e recante aspirazioni confuse e non prive di aspetti totalitari, deve essere ascoltata, capita, aiutata a imparare e accettare le regole dello Stato liberale. Fintanto che questi due mondi non si capiscono le ferite del triennio 1970-73 non saranno ancora chiuse. Il Cile oggi è alla ricerca di basi nuove per rifondare la convivenza.

(4 – continua. I precedenti pubblicati il 28/2, il 22/3 e il 15/4)


[1] Non le idee che Allende aveva, ma la attualizzazione di esse al secolo XXI: oggi la Sinistra mondiale pone molta enfasi alle questioni dei “diritti civili”, del genere, dei popoli indigeni etc. Allende invece, con parole e scritti, sempre professò posizioni razziste, antiindigeniste e omofobe.