Stress, ansia e psicopatologie da isolamento, la Dottoressa Elisabetta Lagna ci parla degli effetti collaterali del Covid. Questa pandemia ci fa preoccupare molto, cerchiamo, attraverso  misure di sicurezza legittime ma snervanti, di non contrarre questo virus malevolo che ci sta cambiando la vita; viviamo in isolamento, lavoriamo da casa, il nostro divano è diventato il nostro ufficio, le relazioni sociali sono state sostituite da incontri virtuali che forse all’inizio potevano rappresentare una novità spassosa, ma ora sono diventati frustranti e innaturali.  I bambini, i ragazzi e gli anziani rappresentano quella categoria di persone che più sta subendo questa situazione di reclusione e mancata libertà a causa della loro dipendenza fisica da altre persone e della fragilità, anche emotiva, legata alla loro età. All’inizio lo shock era collegato alla sorpresa con cui il virus ci aveva colto, all’impreparazione alla chiusura totale e alla inesperienza rispetto alla difesa dall’infezione. Ora, dopo un anno di lockdown alternato, difficile e demoralizzante, è in atto una cronicizzazione del trauma, una pericolosa deriva verso l’abitudine e il senso dell’ineluttabilità rispetto la clausura,  che si sta manifestando attraverso una serie di disturbi e  psicopatologie allarmanti. E’ vero che inizia ad esserci  una luce, una speranza all’orizzonte grazie al vaccino e le cure, ma cosa ha prodotto al nostro cervello tutto questo? Quali sono i danni psicologici e cognitivi che si stanno rivelando sempre più frequentemente? La Dottoressa Elisabetta Lagna, psicoterapeuta a Torino, ci spiega cosa sta avvenendo all’interno della nostra mente a causa della paura generalizzata, dell’incertezza sul futuro ma anche in conseguenza a diverse nuove abitudini come la richiesta di controllo continua sul nostro corpo, l’ossessione per la sanificazione e la distanza sociale. Sicuramente tra le conseguenze più frequenti c’è la cronicizzazione dei disturbi dell’ansia, dovuta anche ad una mancanza di prospettiva futura, insonnia, mal di testa e aumento della produzione di cortisolo nel sangue (l’ormone dello stress). Le richieste d’ascolto e di trattamento legate  alla morte di congiunti per Covid, al rischio suicidario di giovani tra i 20 e 30 anni e alle crisi coniugali sono aumentate considerevolmente. Tra i disturbi recenti strettamente legati alla pandemia invece  c’è il Long Covid, ovvero il persistere di sintomi (i numeri parlano di tre persone su quattro) di coloro che hanno contratto il virus ma sono scientificamente guariti, questi segnali presumibilmente legati al virus perdurano almeno per altri 6 mesi.  Senza dubbio l’isolamento e la mancanza di socialità hanno acuito la condizione di persone già fragili, hanno portato la percentuale di abbandono scolastico intorno al 28% e, non meno importante, hanno creato prigioni vere e proprie per chi subisce maltrattamenti in famiglia ed è stato costretto ha convivere con l’abusante. Abbiamo poi i risvolti psicologici della pandemia e gli effetti della DAD, la didattica a distanza, sui più giovani; i papà e le mamme più ansiosi, infatti, hanno trasmesso le proprie ai paure ai loro figli, soprattutto ai bambini, che a loro volta  temono più che mai la  morte dei genitori perché sintonizzati sugli stessi loro stati emotivi. Le conseguenze di questo stress sono iperattività, malattie psicosomatiche come le dermatiti, abbassamento delle difese immunitarie.  C’è stato inoltre un forte aumento dell’uso dei social network che troppo spesso sono veicoli di immagini emotivamente attivanti che fomentano la paura, la tensione e la stanchezza.La scuola, sicuramente, dovrebbe potenziarsi con l’aiuto di esperti e piani educativi innovativi, passare automaticamente in Dad senza spiegare la situazione non è sufficiente, i ragazzi sono demotivati e il loro rendimento peggiora. E’ importante informare i bambini e i ragazzi,  ovviamente con le dovute modalità, riguardo a cosa sta realmente accadendo per abbassare il livello di stress, ridurre l’ansia e scongiurare l’abbandono della scuola. Per  superare questa situazione senza che ci travolga, procurandoci così una bolla di serenità,è importante migliorare, per quanto possibile, la qualità della vita, fare le cose che ci piacciono e ci fanno stare bene, senza rincorrere l’impossibile e ambire all’irraggiungibile. Non è retorica dire che dobbiamo rivalutare le cose semplici perché quello che avevamo, e che ancora abbiamo ma spesso non consideriamo, era, ed è,  un dono. Questa pandemia ci sta lasciando un insegnamento, ci sta dicendo che non siamo immortali, che non staremo sempre bene e che le cose materiali e il potere non possono darci tutto, soprattutto la salute e la felicità. Non è un discorso ad effetto, né un luogo comune, il virus, in un certo senso, ci sta rieducando ci sta riportando all’ essenzialità, al sostanziale e soprattutto a vivere il presente, qui ed ora, dando così un significato più profondo alla nostra esistenza. Riguardo poi ai ragguagli  che sentiamo di dover reperire rispetto al Covid è necessario ridimensionare il tempo che gli dedichiamo, evitare di vedere tutti i telegiornali, i programmi televisivi e  video sui social network che ci suggestionano, ci spaventano senza aggiungere né protezione né sicurezza. Se vogliamo avere informazioni meglio leggerle che subire un angosciante bombardamento di immagini. Passiamo più tempo all’aria aperta, procuriamoci vitamina D, limitiamo il più possibile l’isolamento sociale e interpersonale.