Le molestie sessuali si dividono in queste categorie:

  • Gender Harrassment (più comuni): affermazioni e comportamenti sessisti che trasmettono atteggiamenti offensivi e degradanti verso il sesso opposto;
  • Seductive Behavior: avances sessuali indesiderate;
  • Sexual Bribery: sollecitazione esplicita o implicita di attività sessuale in cambio di ricompensa;
  • Sexual Coercition: coercizione all’attività sessuale mediante punizione o minaccia;
  • Sexual Imposition: imposizione dell’attività sessuale grossolana (come toccare) o aggressione sessuale (stupro).

         Vickers e Kitcher (2003) sostengono che il punto centrale dello stupro è costituito dalle cause della coercizione. Gli autori immaginano due situazioni, nella prima un uomo (Adam) si sente fortemente attratto da una donna (Eve) e le propone un rapporto sessuale; Eve rifiuta, Adam insiste ma non la forza. Nell’altra situazione, un uomo (Tarquin), propone un rapporto sessuale ad una donna (Lucretia), questa rifiuta come Eva ma, Tarquin, la costringe ad avere un rapporto con lui. Secondo questi autori la ragione della coercizione non sarebbe da ricercare nella differenza tra Eve e Lucretia, ma tra Adam e Tarquin. Propongono quindi l’ipotesi che lo stupratore raggiunga livelli di eccitazione tali da non potersi controllare. Quindi la causa dello stupro sarebbe da ricercarsi nel livello di eccitazione sessuale e nella mancanza di freni inibitori. Secondo Orlandini (2002) lo stupro non nascerebbe da un desiderio sessuale ma dal bisogno di dominio.  Questo bisogno verrebbe conseguito  attraverso la de-umanizzazione della vittima, che diventa un oggetto  senza  significato:  la  donna  diventa  il  contenitore  di  tutte  quelle emozioni negative di cui l’assalitore vuole sbarazzarsi, come se si trattasse di un’“infezione psichica”. Uno stupro ha veramente poco a che  fare con la passione e la sessualità,  è bensì  un atto  pseudo-sessuale dovuto ad ostilità, collera e controllo. Il bisogno, narcisistico e  sado-masochistico,  di  esercitare  la  propria  forza  ed  il  proprio  controllo  su  una  vittima  attraverso  lo  stupro,  potrebbe  derivare  da sentimenti inconsci di impotenza e svalutazione, o da un profondo vuoto interno ed una profonda depressione. È stato proposto un modello quadripartito delle cause che portano allo stupro (Hall e Hirschman 1991):

  • Attivazione sessuale fisiologica
  • Schemi cognitivi che lo giustificano
  • Mancanza di controllo affettivo
  • Problemi della personalità.

         Un altro modello è questo (Mulamuth et alii 1991):

  • Ostilità verso le donne
  • Attitudini a supporto dello stupro
  • Associazione a bande delinquenziali
  • Promiscuità sessuale.

        Esistono queste categorie di stupratore:

  • Occasionale: non pianificano lo stupro ma il reato avviene durante feste o eventi in modo casuale;
  • Esplosivo: cerca di sottomettere la vittima mediante lo stupro, che non è un atto sessuale ma di dominio;
  • Furioso: usa lo stupro come atto di punizione verso la donna;
  • In cerca di fiducia o compensazione: ha una visione distorta dello stupro, crede che la violenza sessuale faccia piacere alla vittima;
  • Sadico: vuole nuocere alla vittima;
  • Con meccanismo di controllo: sussiste assieme la soddisfazione sessuale e il potere dell’aggressore, come nelle guerre, in cui i soldati sono attratti dal piacere ma anche dalla volontà di umiliare le vittime del nemico.

         Di solito gli stupratori hanno queste caratteristiche psicologiche:

  • Sentimenti di inferiorità e frustrazione vitale, che vengono espressi mediante esplosioni di violenza;
  • Scarsa empatia;
  • Considerano che hanno il diritto di stuprare;
  • Possibili storie di abuso infantile;
  • Di solito non sono malati mentali, ma possono essere imputabili;
  • Giustificano il comportamento, per esempio dicendo di essersi drogati o di essere malati;
  • Incolpano la vittima o la situazione.

         Gli effetti più comuni dello stupro sono:

  • Isolamento
  • Depressione
  • Ansia
  • Sintomi somatici
  • Tentativo di suicidio
  • Disturbo da stress post-traumatico.

         Questi disturbi permangono a lungo nella mente della vittima. Burgess e Holstrom (1974), nel loro pionieristico lavoro con le vittime di stupro presentatesi al Boston City Hospital, hanno descritto la “sindrome da  trauma di stupro” (rape trauma sindrome). Le reazioni che hanno rilevato nella loro esperienza, sono sia comportamentali, che somatiche e psicologiche; solitamente si manifestano in due fasi: una fase di disorganizzazione acuta, che dura qualche settimana, ed una di riconoscimento, che può durare da più di una settimana a molti anni. Durante la fase acuta, solitamente si hanno reazioni di incredulità, shock, paura, vergogna, senso di colpa, sentimento di umiliazione, rabbia, isolamento, lutto e perdita di controllo. Le reazioni somatiche più comuni comprendono tensione muscolo-scheletrica, irritabilità gastro-intestinale,  disturbi genito-urinari. Spesso tra gli effetti dello stupro più comuni, vi sono reazioni di paura, da parte delle vittime, legate alla possibilità che famiglia e amici scoprano cosa è accaduto. Durante la seconda fase, vengono manifestati sentimenti di vulnerabilità, disperazione, senso di colpa e di vergogna. I sintomi comprendono un’ansietà diffusa, mal di testa, insonnia ed altri disturbi del sonno, depressione e rabbia. Questa fase è a volte caratterizzata da frequenti traslochi e cambiamenti del numero telefonico.  Tra gli effetti dello stupro sulle vittime, vi sono alcune fobie più diffuse, esse includono la paura degli spazi chiusi (se lo stupro è avvenuto in casa), agorafobia o fobia degli spazi aperti, paura di restare soli e paura della sessualità. La vittima diventa una sopravvissuta quando è in grado di riconoscere lo stupro, di esprimere la propria rabbia, il proprio dolore, e di ritornare ad una vita normale. Una sequenza di stupri protratta può portare a depressione, tentativi di suicidio, uso di droghe ed alcol, disfunzioni sessuali, e problemi relazionali. Circa un terzo delle vittime sviluppa la sindrome post-traumatica da  stress, un terzo manifesta un episodio di depressione maggiore negli anni successivi la violenza, contro la stima del 10% della popolazione femminile  (Kilpatrick et al., 1992). Dai follow-up è emerso che il 33% ha pensato al suicidio, paragonato  all’8% della popolazione femminile. Le vittime di stupro hanno il 13% di  probabilità in più di tentare il suicidio. Le vittime “silenti”, cioè che non riportano a nessuno l’esperienza vissuta, spesso manifestano un alto livello di ansia, fobie, perdita di autostima, senso di colpa e vergogna, incubi notturni e possono sottoporsi a numerose cure per sintomi somatici senza causa eziologia.

Le parafilie o perversioni sessuali sono una serie di disturbi sessuali che prevedono un’eccitazione sessuale mediante pratiche che si possono considerare ai limiti dei disturbi psicosessuali. Tra questi disturbi ricordiamo: zoofilia, eccitazione data da sesso con animali; coprofilia, eccitazione per le feci; urofilia, eccitazione per le urine; necrofilia, eccitazione per i cadaveri; scatologia telefonica, eccitazione per frasi oscene di provocazione sessuale. Vi sono poi altri disturbi sessuali appartenenti alle parafilie che comprendono le otto maggiori forme cliniche riconosciute. Per essere riconosciute come disturbi effettivi, le parafilie devono manifestarsi per almeno sei mesi e come forma principale di sessualità del soggetto, interferendo con la sua normale vita di relazione comportandone un disagio significativo dal punto di vista clinico. Vediamo ore le più importanti parafilie.

Esibizionismo. Si tratta di un comportamento sessuale deviante che consiste nel ripetere il gesto di esibire i genitali a qualche estraneo che non se lo aspetta, allo scopo di raggiungere l’eccitazione sessuale. Per parlare di esibizionismo dobbiamo considerare che l’impulso del soggetto abbia una durata di almeno sei mesi. Tale disturbo sessuale poterebbe derivare dai modelli di comportamento inappropriati riguardanti la sfera sessuale di cui si è stati vittima o ai quali si è assistito. L’abuso emotivo e le disfunzioni familiari sono fattori di rischio. Si è poi evidenziata una quantità di testosterone molto elevata nei soggetti disturbati.

Feticismo. Anche qui si parla di feticismo se il disturbo continua per un periodo di almeno sei mesi. Consiste in impulsi sessuali e fantasie eccitanti che implicano l’utilizzo di oggetti inanimati per raggiungere l’eccitazione sessuale, come ad esempio biancheria intima. Il feticismo rientra nella normalità solo quando il desiderio di un rapporto sessuale con la persona amata non è possibile in quel determinato momento, ma la condizione diviene patologica se il feticcio diviene l’unico oggetto di desiderio sessuale sostituendosi al coito. Il feticismo ha incidenza maggiore nel sesso maschile piuttosto che femminile. Secondo la psicanalisi freudiana, il feticismo nasce quando il bambino si trova nella fase edipica e per superare l’angoscia di castrazione derivante dalla paura del padre e dalla vista dei genitali femminili, crea un feticcio che si sostituisca al pene mancante femminile. Evidentemente il sesso femminile nel bambino rispecchia una punizione per qualcosa che hanno commesso. 

Pedofilia. Si tratta di un comportamento sessuale deviante. Consiste nell’attrazione sessuale verso i bambini prepuberi con età di circa 13 anni o meno. Gli impulsi devono avere una durata di almeno sei mesi. Vengono considerati pedofili i soggetti con età superiore ai 16 anni che presentano tali pulsioni. Diviene una malattia psichiatrica quando fantasie e impulsi causano nel pedofilo, durante la relazione sessuale, un profondo disagio o compromissione dell’area sociale e lavorativa. Non viene considerata pedofilia una situazione che prevede una differenza di età tra gli individui inferiore ai sette anni, ed anche i soggetti attratti da persone di età uguale o superiore ai 12 anni circa, ma solo nel caso in cui abbiano raggiunto la pubertà. La pedofilia può essere classificata in: esclusiva (attrazione solo da bambini), differenziata (attrazione solo per un sesso), non esclusiva (attrazione anche verso gli adulti), indifferenziata (attrazione per entrambi i sessi), incestuosa (solo verso figli o fratelli e sorelle). La terapia prevede trattamenti di psicoterapia cognitivo-comportamentale e terapia di gruppo, antidepressivi e antipsicotici.

Sadismo e masochismo. Il sadismo consiste nel bisogno di infiggere sofferenze fisiche e umiliazioni psicologiche al partner per raggiungere l’eccitamento e il soddisfacimento sessuale. Anche qui la durata del periodo degli impulsi deve essere di almeno sei mesi. Vi sono numerosi studi che correlano il sadismo con il masochismo, la devianza, i traumi, l’autolesionismo e gli abusi. Spesso legato al sadismo, consiste nel bisogno di sottoporsi a sofferenze e umiliazioni per raggiungere l’eccitamento sessuale. Gli impulsi sono ricorrenti e prevedono atti reali o simulati.

Bondage. Il bondage è una pratica in cui il partner, consenziente, viene immobilizzato o temporaneamente gli viene limitata la capacità sensoriale, impiegando oggetti come corde, bavagli, corsetti, catene, ecc. in modo da impedire la libertà fisica ed il movimento, come anche il parlare, sentire, vedere. Tale pratica può comportare seri rischi alla salute se non vengono osservate alcune regole basilari, ad esempio in caso di pratica sotto effetto di droghe o alcool. Tra le tecniche del bondage è presente anche il controllo del respiro, molto pericolosa, che può provocare danni cerebrali fino alla morte. Alcuni psicologi hanno interpretato il BDSM come una manifestazione di una psicopatologia determinata da esperienze traumatiche, dal fallimento di alcune tappe evolutive e da una serie di conflitti irrisolti.