Peculiarità della scuola italiana, l’insegnamento della lingua latina è uno dei pilastri dei nostri licei. Per il classico lo è anche l’insegnamento della lingua greca. Da più parti contestato, sempre fermamente difeso come base della cultura e formatore della capacità di ragionare.
È, per me, stato fonte di astio da ragazzo e di perplessità da adulto. Che condivido oggi, nella consapevolezza di suscitare qualche avversione.
Ho frequentato un liceo scientifico negli anni ’90 che prevedeva lingua e letteratura latina, ma non greca, limitando lo studio di questa cultura all’epica ed alle principali opere di Sofocle. Ho sempre apprezzato la cultura e le opere degli autori latini, mirabilmente tradotti nelle antologie, mai il dover studiare una grammatica ed una struttura sintattica fine a sé stessa. I sostenitori non mancano di ricordare che la metrica e l’equilibrio degli autori latini si possono veramente apprezzare solo in lingua originale. Verissimo: chi ne ha una conoscenza approfondita non mancherà di farlo. Il livello mediocre, o men che mediocre, dello studente liceale, invece, gli impedisce di cogliere questa poesia. Peraltro, ciò che ricordo di aver studiato più approfonditamente dalla grammatica latina, è stata l’aerodinamicità, intesa come la capacità di spiegare la sua copertina bianco-arancione volteggiando, nel breve tragitto tra il punto in cui era lanciato ed il muro contro cui si schiantava. Terminato il liceo, ma non le velleità culturali, diciannovenne, mi sono aperto al mondo, iniziando a frequentare teatri e musei. Scoprendo così le grandi lacune che il liceo mi aveva lasciato. In ogni pinacoteca che si rispetti vi è almeno una Giuditta che taglia la testa ad un povero Oloferne, alla cui vista mi chiedevo: «Chi era costui? Boh, forse un amico di Carneade». In qualsiasi cartellone di teatro stabile un venti percento almeno è teatro greco; «Che strano! La rappresentazione è in italiano! Come apprezzare la liricità della lingua? Mistero!». Per farmi un’idea della letteratura greca e della sua evoluzione mi sono, anni dopo, fatto consigliare e regalare il manuale di Dario del Corno. Lacune quindi di cultura generale, non solo di carattere pragmatico.
I detrattori della lingua latina sostengono sarebbe più utile, nella vita lavorativa del futuro studente, l’insegnamento della lingua inglese e di alcune basi economiche. Concordo, ma non mi limito a questo, né ritengo che si debba depauperare il liceo, facendo studiare di meno. Al contrario, bisognerebbe arricchirlo facendo studiare molto di più. Il liceo è la base della cultura generale, l’università approfondisce sì, ma solo alcune discipline dell’indirizzo scelto. Non v’è altra occasione nella vita di arricchirsi come al liceo e ve lo dice uno che ha due lauree considerate generaliste. Arricchirlo aggiungendo basi economiche ed econometriche, sicuramente; quante volte osservo su giornali, anche finanziari, l’incapacità dell’autore di commentare correttamente un qualsivoglia grafico o tabella! Arricchirlo con le lingue, ormai richieste dal contesto internazionale. Arricchirlo, soprattutto, con cultura generale. A cominciare dall’Antico Testamento, non per questioni religiose, ma in quanto propedeutico alla storia dell’arte, fin troppo trascurata; passando per la storia della musica e del melodramma, del tutto ignorata pur essendo simbolo italiano nel mondo (magari migliore del giuoco del pallone!); arrivando, perché no, a quella del cinema.
A questo punto, i sostenitori della lingua latina insistono, puntando sullo sviluppo della capacità di pensare. Sono perfettamente concorde nell’affermare che la lingua latina e greca costituiscono uno stimolo alle facoltà logico deduttive dello studente. Lo stesso risultato, tuttavia, può essere raggiunto con lo studio del tedesco. O degli scacchi, che mi risultano essere piuttosto diffusi nelle scuole, in Germania! Aggiungerei alla lista anche molti giochi da tavolo ed alcuni videogiochi strategici e gestionali, ma non vorrei che lo storcimento di naso dei latinisti, arrivasse al punto di una rovinosa rottura!
Riassumendo, non propongo affatto di sminuire il liceo, più di quanto non sia già stato fatto dopo il ‘68, al contrario è opportuno rilanciarlo a cominciare dalla cultura classica, mantenendo la letteratura latina, recuperando quella greca, potenziando la storia dell’arte e della musica, aggiungendovi quella del cinema e quante più possibili lingue, discipline economiche e giochi logico matematici. Se tutto ciò si riesce a fare a scapito della sola lingua latina, il vantaggio mi sembra evidente.
Concordo con il giovane Renzo quando diceva a don Abbondio: «Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?».