Zone montane in Lombardia

Nella mattinata del 25 febbraio, presso il Salone Vanvitelliano di Palazzo della Loggia a Brescia, si è tenuto un convegno organizzato dal MPPU (Movimento Politico per l’Unità). Erano presenti Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, e Lucia Fronza Crepaz, ex parlamentare, a dirigere. Sul palco si sono avvicendati diversi speaker per le varie aree tematiche: consumo del suolo, spopolamento delle zone montane e formazione politica dei giovani. Ho notato – non senza rammarico – che le principali testate giornalistiche hanno rivolto la propria attenzione quasi esclusivamente alle questioni cittadine. Perciò ho deciso di pubblicare il mio intervento sui problemi delle Terre Alte, che ho constatato essere condivise da tutto l’arco alpino[1].

«La Lombardia non è solo Milano. Esiste al suo interno una realtà trascurata, lasciata sola a vivere il dramma della “migrazione verticale”. Mi riferisco al triste e progressivo spopolamento delle nostre valli. “Ogni anno, uomini e donne si trovano costretti ad abbandonare le amate montagne, alla ricerca di occasioni lavorative, di possibilità formative, di servizi e opportunità, non facendovi più ritorno”[2]. Questi “migranti”, provenienti dalle Prealpi, non fanno notizia, né suscitano compassione.

Per molti anni questi cittadini, di cui anche la mia famiglia fa parte, non sono stati al centro di nessun dibattito politico, come se il loro/nostro destino fosse ineluttabile, come una sorta di ἀνάγκη. Solo a partire dal 2022[3], anno dell’International Year of Sustainable Mountain Development, si è iniziato a sentire parlare di fondi regionali contro lo spopolamento montano. Ma alle province del Nord è stata destinata una percentuale residuale dei fondi (2%), per il 93% diretti, invece, verso il Mezzogiorno.[4]

Eppure i dati ci parlano di paesi montani sulle Orobie dove si vive sotto la soglia di povertà, con un reddito medio annuo di circa 13.000 euro[5]. Va un po’ meglio a Brescia, i cui comuni più poveri hanno un reddito medio annuale di circa 14.000 euro[6].

In queste aree si crea un circolo vizioso: povertà, disoccupazione, emigrazione, calo delle nascite. E, nel frattempo, pubblico e privato abbandonano i territori. La legge Lorenzin ha disposto la chiusura dei punti nascita se non si superano i 500 parti all’anno; le scuole, che perdono iscritti su tutto il territorio nazionale, in montagna soffrono di più; i trasporti pubblici vengono sempre più ridotti; i collegamenti internet sono spesso inadeguati; i negozi chiudono; le banche e le poste razionalizzano l’apertura delle filiali. Ci sono comuni, come Valtorta, dove, non arriva nemmeno il mercato settimanale.

Qualcuno pensa che la soluzione sia la fusione di questi comuni. Ma chi parla in questo modo non conosce l’orografia e l’urbanizzazione di rilievo, dove i centri abitati, a differenza dei paesi collinari, sono separati da boschi e chilometri di tornanti o, addirittura, valichi, alcuni dei quali chiusi nella stagione fredda, come il Passo del Vivione.

Penso in particolare alla Val di Scalve, dove è nata mia madre e vivono i miei zii e cugini, a circa 70 km da Bergamo, che con i suoi quattro comuni supera di poco i 4.000 abitanti. Poche scuole, ma ancora ci sono, almeno fino al biennio tecnico. Poi ci si deve armare di buona volontà e salire sul pullman fino a Lovere (Bg) (42 km in 74 minuti) o Darfo Boario Terme (Bs) (24 km in 53 minuti). Una volta ci si poteva iscrivere anche a Clusone (32 km in 90 minuti), ma la scuola, fondata dalle Figlie della Sapienza[7], ha chiuso i battenti l’anno scorso. Difficile pure reperire un pediatra o un medico se non a pagamento. Ovviamente, niente ospedali in zona: a 37 km di distanza troviamo Piario (Bg), mentre a 32 km c’è Esine (Bs), in cui è in funzione il punto nascita più vicino. In caso di emergenza, meglio sperare che arrivi l’elisoccorso[8]. Un mese fa è morto il vicino di casa di mia cugina per un malore. Aveva poco più di vent’anni.

Senza l’intervento delle parrocchie, inoltre, mancherebbero molti aiuti per le famiglie e non ci sarebbero momenti di aggregazione nelle comunità o di formazione per i bambini e i ragazzi[9].

Apro una parentesi. Alla sfilata di Carnevale di Clusone ha vinto il carro allegorico di Zambla Bassa, intitolato “C’era una volta Zambla. E c’è ancora”. Titolo che sottolinea il desiderio dei piccoli borghi di non scomparire nel nulla.

Chi resta in alta quota spesso è costretto a un’esistenza da pendolare o da frontaliere. Alcuni dati, tuttavia, ci raccontano di un “67% dei giovani tra i 18 e i 39 anni che nasce in montagna [e che vorrebbe] restarci” e di un “54% [che] ha fatto un’esperienza fuori, ma [che] poi è tornato tra i suoi monti” (A. Ananasso, L’altra montagna, identikit dei “nuovi montanari”: giovani, istruiti e innovatori, Repubblica, 2021), contribuendo al rilancio economico, lavorativo e culturale di questi territori. La politica ha nuove e vecchie sfide da affrontare. La questione montana è una di queste.Al termine, Del Bono ha risposto che il tema dello spopolamento montano è stato al centro della campagna elettorale regionale. Tuttavia, egli ha riconosciuto che solo l’aumento dell’occupazione e dei servizi potrebbe invertire la rotta.

Gori ha sottolineato che la debolezza delle strutture provinciali ha dato un nuovo ruolo ai Capoluoghi: le iniziative della Capitale della Cultura dovrebbero uscire dai confini cittadini e arrivare alle periferie. Inoltre, egli ha parlato delle proposte da lui promosse per la montagna, come la Bergamo Cheese Valley (che ha riguardato principalmente la Val Brembana) o il sito VisitBergamo. Ma ha ammesso che purtroppo queste iniziative non risolvono il problema.


[1] Anche nel Canavese, per esempio, troviamo alcuni fra i comuni più poveri del Piemonte (https://primailcanavese.it/economia/pubblicati-i-dati-delle-dichiarazioni-dei-redditi-ecco-i-paesi-piu-ricchi-e-piu-poveri-del-canavese/).

[2] L. Bugada, Migrazioni verticali, https://www.destra.it/home/altre-migrazioni-nel-silenzio-dei-media-e-della-politica-la-montagna-italiana-sta-morendo

[3] Si legge in https://viaggi.corriere.it/news/migrazioni-verticali-il-sito-che-racconta-unaltra-montagna/: “Sembra proprio che il 2022 sia l’anno della montagna. E non solo perché l’ONU ha stabilito che questo è l’International Year of Sustainable Mountain Development, o perché, a 40 anni dall’ultimo disegno di legge, ora c’è, nel nostro Paese, un nuovo provvedimento che dovrebbe mettere le basi per un suo rilancio, considerando poi che i fondi per lo sviluppo delle montagne italiane sarebbero 100 milioni oggi e ben 200 a decorrere dal 2023. Il 2022 sarà infatti anche il 70esimo compleanno dell’Uncem, l’Unione Nazionale degli Enti Montani, il 100esimo del Parco Nazionale del Gran Paradiso e di quello d’Abruzzo, Lazio e Molise. Quello che sta succedendo alle Terre Alte, però, va oltre un elenco festante di anniversari. È una sorta di ripensamento collettivo, nell’identità e nella frequentazione, che anima centri di ricerca universitari come amministrazioni o associazioni delle piccola comunità montane.”

[4] https://primabergamo.it/attualita/i-fondi-contro-lo-spopolamento-sono-andati-al-sud-comuni-bergamaschi-a-tasche-vuote/

[5] https://www.lavocedellevalli.it/poveri-in-bergamasca-allarme-nelle-valli-qui-il-tasso-piu-alto-di-poverta-assoluta/

[6] https://www.bresciatoday.it/economia/brescia-redditi-2017.html/pag/2

[7] https://primabergamo.it/attualita/i-fondi-contro-lo-spopolamento-sono-andati-al-sud-comuni-bergamaschi-a-tasche-vuote/

[8] Circa un mese fa è morto per un malore il vicino di casa di mia cugina, che vive a Dezzo di Azzone. Aveva poco più di vent’anni. L’hanno soccorso con l’ambulanza, ma appena arrivati hanno chiamato l’elicottero.

[9] “La montagna vive ulteriori fatiche e sfilacciamenti: si pensi alla crisi dell’associazionismo, alla carenza di neve durante i periodi invernali, all’incapacità di determinare legami con le nuove generazioni” (cfr. A. Macchiavelli e A. Pozzi, I giovani e la montagna, Open Edition Journals, 2014).