In questi mesi si parlerà molto del futuro inquilino del Colle, al punto che si interviene anche sulle vicende passate, legate alle passate Presidenze. Un mio vecchio amico, con cui ho dibattuto su Facebook, ha pubblicato un post elogiando la lungimiranza di Berlinguer, quando si oppose alla candidatura craxiana di Antonio Giolitti, proponendo in alternativa Sandro Pertini, che poi venne eletto. Non avrei interloquito se non avessi scorto il solito tono moralistico di sinistra, che indicando come eroe il segretario comunista, per aver fatto saltare una candidatura riprovevole a vantaggio di una ritenuta etica e naturalmente, main stream. Dal momento che sui social è difficile sviluppare un discorso serio, ho promesso al mio amico che ne avrei scritto su un giornale serio. La prima obiezione che ho sollevato a caldo è stata che ogni partito ha il diritto di esprimere il proprio candidato e nel caso Berlinguer, poteva opporne uno suo. Anche se parliamo di fatti risalenti agli anni Settanta del secolo scorso, mi sembra significativo parlarne, in quanto è doveroso spezzare una lancia a favore di Antonio Giolitti, contrapposto al, per me, sopravvalutato Sandro Pertini. Li ho conosciuti entrambi, Giolitti piuttosto bene per aver militato nella sua corrente, Pertini per averci cenato a tu per tu, una sera che andai a prenderlo al treno per portarlo ad un festival dell’Avanti che avevo organizzato. Vediamo di inquadrare i due personaggi, per capire se l’elezione di Giolitti sarebbe stata scandalosa come paventato. Non mi dilungo sul Sandrino nazionale, è stato sicuramente un presidente onesto, però anche un capo di stato che costruì un’immagine di sé al di là dei propri meriti, indugiando spesso in quella demagogia che piace tanto agli italiani, oltre, a mio avviso, nel ripagare il debito di riconoscenza col PCI, spesso a danno del suo partito e di Craxi, che certamente non amava. Politicamente Pertini, quando fu eletto presidente, nel partito era marginale al punto che noi giovani lo consideravamo a ragione, una cariatide. Con me quella sera a tavola fu amichevole, saputo che provenivo dalla Olivetti mi raccontò di quando, complice Adriano Olivetti, fecero fuggire dall’Italia Filippo Turati. Delle doti politiche del primo Pertini non vi è molto da dire, salvo che nel Ventennio sopportò stoicamente carcere e confino. In seguito fu uno dei capi del CLN, si distinse per decisionismo e non di certo per misericordia; nel Dopoguerra fu amico-nemico di Pietro Nenni, Autonomista quando Nenni sciaguratamente era Frontista, per poi cavalcare posizioni unitarie, prima e durante l’esperienza di Centro Sinistra, per arrivare all’innamoramento con Berlinguer ma dovette dividere quel sentimento con molti altri. Certo da Presidente non fece sfigurare il PSI ma spesso mise in difficoltà il suo partito. Ho conosciuto più approfonditamente Giolitti per essere stato il nostro capo corrente, quando decise di rompere il sodalizio con Riccardo Lombardi. Nipote di Giovanni Giolitti (dopo Cavour il più grande statista italiano), fu da subito antifascista, invece di indossare la camicia nera come fecero tanti futuri comunisti. I suoi amici dell’epoca furono: Ludovico Geymonat e, attraverso lui, Cesare Pavese, Norberto Bobbio, Augusto Del Noce e Giulio Einaudi. Tornato a Roma frequentò il gruppo di Giustizia e Libertà che faceva capo a Guido Calogero. Nell’estate del 1941, tramite Paolo Bufalini che teneva per il Partito Comunista d’Italia (PCd’I) i rapporti con i liberalsocialisti, entrò in contatto col gruppo romano dei giovani comunisti, tra cui Antonello Trombadori, Antonio Amendola, Mario Alicata, Pietro Ingrao. Dunque, nulla poteva obbiettare Berlinguer di quel passato, tantomeno del suo valore intellettuale, dal momento che Togliatti lo nominò responsabile di quel mondo intellettuale cui il PCI tenne molto. I veri motivi dell’avversione comunista verso Giolitti sono da ricercarsi soprattutto nella sua dissidenza sui fatti di Ungheria, che lo porterà fuori dal partito e perché prima aveva criticato le “omissioni” che Togliatti ordinò alla casa editrice Einaudi – di cui Giolitti fu uno dei principali collaboratori – sulla pubblicazione dei “Diari dal carcere” di Antonio Gramsci.
In seguito entrò nel PSI partecipando in prima persona a quell’unica esperienza d’impostazione socialista che fu il primo Centro Sinistra. Ministro del Bilancio nel primo Governo Moro, sarà sodale con Lombardi su posizioni intransigenti rispetto alle riforme di struttura, in seguito si staccherà dalle linee troppo “giacobine” dei Lombardiani, per creare una sua corrente che a livello nazionale affiancò Eugenio Scalfari e a Torino tra tanti altri: Sergio Borgogno, Giusi La Ganga, Giorgio Cardetti e il sottoscritto. L’ascesa di Bettino Craxi alla segreteria cambiò la strategia governativa spostandola dalle grandi riforme socialiste, alla conquista del potere, ispirata a Francois Mitterand; questo tipo di politica non trovò l’adesione di Giolitti, tuttavia conquisterà tutti i giovani rampanti di ogni corrente, compresi i Lombardiani. Non posso dire se la proposta di mandarlo al Colle fu dettata solo dalla stima che nel partito avevamo per lui, non escludo che Craxi potesse considerarlo un concorrente, tanto che poi lo manderà a Bruxelles. Giolitti sarà sempre più critico rispetto alla politica del PSI, tanto che lascerà il partito per essere poi eletto Senatore da indipendente, nelle file del suo Partito di origine: il PCI. Non ho certo la pretesa di aver fatto la biografia ufficiale dei due personaggi, di certo la più veritiera; ho solo voluto sottolineare l’errore del mio amico che considera una grande operazione di Berlinguer l’aver stoppato la candidatura di Giolitti. Se dobbiamo dirla tutta, in quell’occasione il suo ruolo fu marginale, perché a stoppare la candidatura fu Ugo La Malfa, che considerava Giolitti troppo di sinistra. In ogni caso Berlinguer, come tutti i Comunisti che si rispettano, non aveva perdonato l’abiura, con il risultato che a un intellettuale della sinistra democratica e progressista antepose un vecchio politico, magari carico di gloria ma politicamente e culturalmente non paragonabile ad Antonio Giolitti.