Benevento è uno di quegli scrigni italiani che discretamente svela il suo prezioso contenuto. Città italica, poi romana, longobarda, angioina-aragonese, ha attraversato la Storia sempre da protagonista, grazie a una posizione strategica e a condizioni ambientali che hanno costituito un valido motivo di attrazione per le popolazioni di varie epoche. Sede di un diffuso culto dedicato alla dea Iside, famosa divinità del pantheon dell’Egitto faraonico e tolemaico, la città è il più grande centro di rinvenimenti egizi fuori dall’Egitto e, secondo lo storico tedesco Hans Wolfgang Müller, accanto a Roma, non condivide questa caratteristica con nessun’altra città. Egli fu il primo a stilare un catalogo dei reperti, ma nel 2007 è stata l’esperta egittologa Rosanna Pirelli, docente presso l’Università di Napoli L’Orientale, a proporre nel suo saggio “Il culto di Iside a Benevento” una sintesi delle informazioni relative all’iseo campano di cui si conoscono i materiali ma non l’ubicazione, formulando ipotesi ricostruttive e una sua possibile collocazione. In un recente incontro con il sindaco Clemente Mastella e il Presidente della Provincia Nino Lombardi, la studiosa ha ribadito l’unicità del patrimonio beneventano e la necessità di puntare sulla sua valorizzazione. Il corredo di sculture del Tempio di Iside è stato portato alla luce nel 1903 durante varie imprese di scavo nei pressi dell’Arco di Traiano. Si tratta di circa 80 pezzi di sculture egizie originali, la maggior parte in ottime condizioni, provenienti proprio dal fiume Nilo, che facevano parte, probabilmente di un grande luogo di culto costruito nell’89 d.C. per volontà dell’imperatore Tito Flavio Domiziano e non ancora portato alla luce, malgrado diverse campagne di esplorazione. L’ubicazione è molto incerta, ma il reperimento della maggior parte dei manufatti nell’area orientale della città, vicino alle mura longobarde tra il convento di S. Agostino e i giardini del palazzo del marchese de Simone, fa ritenere questo sito come la più probabile posizione, nonostante la presenza di reperti anche in altri luoghi come via Gaetano Rummo, piazza cardinale Bartolomeo Pacca e piazza Duomo, probabile incrocio tra le vie Appia e Latina. Qualcuno adombra proprio quest’ultimo sito come base del santuario e collega la dedicazione alla Vergine, Santa Maria Maggiore, alla consuetudine di sovrapporre la nuova simbologia cristiana alle antiche intitolazioni pagane. L’ipotesi, tuttavia, contrasta con la mole delle opere venute alla luce dai terreni nei pressi di Port’Aurea e della Via Traiana nel 1903 e in seguito, una coppia di obelischi, 21 sculture di cui alcune mutili, quattro statue, tre frammenti di bassorilievi, quattro opere marmoree, un’Iside in trono e quattro sfingi. Nonostante Benevento sia lontana dai porti di sbarco delle merci che giungevano dai paesi dell’Asia e dell’Africa, durante il periodo romano è stata un centro d’intensi scambi per la sua ubicazione sulla Via Appia, grande via di comunicazione e di scambi commerciali con l’Italia meridionale e l’Oriente. Mercanti e soldati hanno diffuso riti e credenze dei paesi di origine, innestandoli nelle tradizioni pagane preesistenti, esaltate dai progetti politici di potenti e imperatori come Tito Flavio Domiziano con due finalità: sviare la gente dai miti religiosi del passato che distraevano dalla sua identificazione in quanto essere superiore e divinità visibile; sviluppare l’assoluta devozione verso un simulacro che doveva raffigurare il detentore del potere militare e dell’intera amministrazione pubblica. Dal primo millennio a.C. Osiride e Iside sono diventati gli dei egizi più venerati in Egitto e il suo culto si è diffuso in tutto il mondo, Difatti, tra i rinvenimenti, sono apparse le divinità associate alla dea: Osiride, suo fratello e sposo nella forma di Toro Apis e il figlio Horus nella forma d Falco, personaggi imperiali come la statua di Domiziano in veste di faraone e la testa della dea Iside e poi due obelischi di granito rosso con caratteri geroglifici i quali indicano una dedica a Lucilius per aver salvato e concesso il ritorno in patria dell’imperatore stesso e anche il riferimento al tempio fatto costruire per la dea, che ha preso il nome di “Signora di Benevento”.

“…figlio di Ra, Signore delle Corone,

Domiziano, che viva eternamente. Uno

splendido palazzo venne costruito per la

Grande Iside, Signora di Benevento, e per le

divinità paredre. Un obelisco di granito venne

eretto da Rutilio […] per la salvezza e prosperità

del Signore dei Due Paesi”

Domiziano era particolarmente devoto a Iside: infatti, ancora adolescente, durante la guerra tra Vespasiano e Vitellio, sfuggì ai nemici che stavano incendiando Roma travestendosi da sacerdote di Iside. Per essersi salvato con questo espediente, l’Imperatore fu sempre grato alla dea Iside, come dimostrano il restauro dell’Iseo Campense e le numerose donazioni che l’imperatore elargì agli Isei e ai Serapei, oltre l’importante santuario di Iside a Benevento. Quest’ultimo vedeva la presenza di Iside Pelagia, particolare manifestazione della dea che, raffigurata su una barca che la stessa governava usando il proprio mantello come vela, era divenuta non solo la protettrice dei naviganti e, di conseguenza, dei commerci marittimi, ma anche, per traslato, la più importante divinità ‘psicopompos’, cioè colei che traghettava le anime dei defunti verso l’Aldilà. Tuttavia la costruzione del tempio di Iside a Benevento, città dell’entroterra, posta sul percorso della via Appia, sul tratto di deviazione voluto da Traiano, ma non particolarmente importante, deve ricollegarsi, secondo Mariella Nava, a una presenza del culto alla dea egizia già ben attestato nel luogo con la probabile presenza di almeno tre isei, come sostenuto anche dal Muller.

Iside, proprio per le implicazioni del suo mito, fin dalla sua origine in Egitto, è considerata anche la dea della maternità e della fertilità: infatti, il mito racconta che Iside, dea terrestre, figlia di Nut e Geb, sposa il fratello Osiride e con lui regna benevolmente sull’Egitto, insegnando alle genti l’agricoltura. Quando Osiride viene ucciso e smembrato dal malvagio Seth, Iside viaggia alla sua ricerca, ne ritrova e ricompone le membra. Dall’unione con Osiride risorto nasce Horus, dio-bambino. La miracolosa nascita di Horus fa di Iside il simbolo della sposa e della madre e frequenti sono le rappresentazioni che la ritraggono seduta con braccio il figlioletto, spesso in atto di allattarlo, in un’iconografia artistica nella quale si è voluto intravedere il prototipo della Madonna con il bambino.

Il culto isiaco si insediò nel corso dei secoli in vari punti di Roma, pur tra mille opposizioni e bandi del Senato che nel 64 a.C. ne aveva proibito l’esercizio pubblico in città; seguaci si attestano a Napoli, dove viveva una folta comunità di Alessandrini, a Pompei che ci ha restituito l’unico tempio quasi intatto, a Cuma e in Toscana. Ovunque la figura della divinità egizia sostituì o si associò alle espressioni della tradizione pagana quali Cibele simbolo di fecondità, Era-Giunone protettrice della maternità, Demetra-Cerere madre della terra e Afrodite-Venere dea dell’amore.

Nel mondo romano il culto alla dea ebbe vicende alquanto alterne: in effetti, se già nell’88 a.C. vi è notizia che a Roma esisteva un collegio di sacerdoti di Iside, nel 65 a.C., un altare dedicato a Iside sul Campidoglio fu distrutto per ordine del Senato e i seguaci di Iside, che le fonti indicano appartenere a tutte le classi sociali, furono coinvolti nelle lotte politiche della tarda Repubblica, con repressioni e distruzioni di templi e altari che sono documentati in vari momenti, nel 58, nel 54, nel 50 e nel 48 a.C., con persecuzioni che ripresero in maniera violenta dopo la battaglia di Azio e la morte di Cleopatra. Che la devozione alla dea fosse profondamente radicata a Roma è attestato ancora dagli editti di Augusto nel 28 a.C. e di Agrippa nel 21 a.C. che proibirono le manifestazioni di culto entro i confini di Roma. Anche Tiberio, nel 19 d.C., fece demolire un tempio dedicato a Iside, facendone gettare la statua nel Tevere.

E’ a partire dal II secolo d.C. che Roma divenne il centro della religione isiaca, tanto che Apuleio nelle sue Metamorfosi la definisce ‘sacrosanda civitas’ dedicata alla dea. Dal 71 d.C. Iside compare anche sulle monete e sulle medaglie coniate dagli imperatori, sovente anche in atto di allattare il figlio. Con Caracalla, che riammise ufficialmente il culto isiaco nella città di Roma, la religione della grande dea raggiunse il suo apogeo. In onore di Iside a Roma si celebravano due grandi cerimonie pubbliche: il 5 marzo si festeggiava il Navigium Isidis, nel quale veniva posta in mare una piccola imbarcazione, con un rito che serviva a propiziare i commerci e trarre auspici; la seconda era la festività dell’Inventio, celebrata tra il 29 ottobre e i primi di novembre, e rievocava il mito della morte e della resurrezione di Osiride. Tuttavia, con l’editto di Costantino, a partire dal 313 d.C. iniziarono le persecuzioni nei confronti dei culti pagani che furono banditi dall’impero e, con l’editto di Tessalonica del 380, Teodosio proclamò religione di Stato il Cristianesimo, proibendo tutti gli altri culti: di conseguenza, i templi furono distrutti, abbattute le statue e i sacerdoti e i fedeli vennero processati dalle autorità o linciati dalle folle guidate da vescovi o monaci. Gli ultimi riti ufficiali in onore di Iside furono compiuti a Roma nel 394, mentre l’ultimo tempio dedicato alla dea, il grande santuario dell’isola di File in Egitto, fu chiuso da Giustiniano nel 536 e fu trasformato in chiesa cristiana, ponendo per sempre ine al culto della dea ‘dai molti nomi’.

La prima esposizione del ricco patrimonio egizio di Benevento si ebbe dopo qualche decennio dal suo rinvenimento presso il Museo del Sannio. Attualmente è possibile visitare questo immenso tesoro presso l’Arcos, una piccola istituzione che solo recentemente sta ottenendo una degna attenzione, dopo tante collaborazioni con il Museo Egizio di Torino, un prestito museale al Paul Getty Museum e alla mostra del Parco Archeologico del Colosseo, “L’Amato di Iside. Nerone, la Domus Aurea e l’Egitto”. E’ di poche settimane fa la notizia che la presidente del Museo Egizio di Torino Evelina Christillin e il direttore generale Christian Greco, hanno visitato la sezione egizia insieme al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che ha assicurato sostegno e fondi per trasformarla in un vero e proprio museo. Una risorsa economica, sociale e culturale enorme quella del culto egizio a Benevento attestato ancor prima della costruzione del sontuoso tempio di Domiziano con la probabile presenza in città di almeno tre isei. Una ricchezza che può coniugarsi con progetti di portata europea, che toccano più regioni, più territori, più paesi, come l’Isidis Route e l’Appia, regina viarum, itinerari culturali per la promozione turistica in living experience delle atmosfere di un passato affascinante. Una pianificazione strategica di turismo esperienziale e di rievocazione storica della Festa dell’Isidis Navigium in Epoca Imperiale e di recupero del tracciato romano dell’Appia antica, proposta sulla base di rigorosi studi storici e antropologici che mirano a creare una rete di collaborazioni, eventi, siti e proposte culturali per condividere un patrimonio materiale e immateriale capace di attivare differenti filiere, quella didattica, quella archeologica ma anche quella enogastronomica e dell’artigianato antico, con particolare riferimento costruzione di strumenti musicali, ceramica e cosmesi, costumi antichi e accessori, in un’ottica di economia circolare e sviluppo sostenibile. Programmi già veicolati dal basso, dalle associazioni e dalle scuole, per instillare nei ragazzi la consapevolezza del valore del proprio territorio, progetti che con il supporto delle istituzioni e un corretto marketing possono trasformare Benevento, con i suoi obelischi e le opere di origine nilotica, in un sito turistico di grande richiamo, un polo d’attrazione per studiosi di tutto il mondo, la capitale della cultura egizia nel Mezzogiorno.

C’è un grande mistero archeologico da scoprire, c’è il tesoro di Iside che ci attende:

Perché io sono la prima e l’ultima
Io sono la venerata e la disprezzata, 
Io sono la prostituta e la santa, 
Io sono la sposa e la vergine, 
Io sono la madre e la figlia, 
Io sono le braccia di mia madre, 
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli…