Per indire un referendum abrogativo ai sensi dell’articolo 75 della Costituzione occorrono 500mila firme di elettori o la richiesta di cinque Consigli Regionali. Poteva sembrare una cifra ragionevole per impedire un uso sbagliato dello strumento referendario di cui abusarono i radicali, dopo averne fatto un cavallo di battaglia per tante giuste battaglie civili. L’abuso del referendum finì per screditarlo e per molti anni in Italia non ne vennero più promossi. Va considerato che ogni referendum comporta dei costi non indifferenti e non può essere accettabile che una esigua parte di cittadini possa imporre quesiti referendari destinati ad andare deserti o comunque a non raggiungere il quorum previsto dalla legge per rendere valido il referendum. La democrazia diretta è un bene prezioso che va usato in modo oculato. Di recente è tornato di moda il referendum a partire dall’eutanasia e della legalizzazione della cannabis, per non parlare del referendum sulla Giustizia e del probabile referendum sul reddito di cittadinanza. Certi quesiti referendari che semplificano problemi complessi, riducendoli ad un sì o ad no appaiono di per sé discutibili. Un esempio eclatante è quello del tema delicatissimo del fine vita che tocca aspetti etici e giuridici che poco hanno a che vedere con l’emotività di un sì o di un no. E’ compito precipuo del Parlamento legiferare su materie complesse, anche se l’attuale Parlamento, va riconosciuto, non è certo un esempio di adeguata capacità legislativa. Ma recentemente è stata introdotta con effetto dal 2022 una novità molto importante: la possibilità di raccogliere le firme per via informatica. Ciò renderà molto facile la raccolta delle firme e richiederà un innalzamento del numero delle firme per poter indire un referendum. Mezzo milione di firme diventa una cifra ridicola. Se non si provvede ad aggiornare il numero previsto quando la raccolta era disagevole perché occorreva ricorrere ad un notaio, rischieremo di avere un diluvio di referendum che non ci avvicenderebbero affatto alla Svizzera ma ci allontanerebbero da una democrazia che ha nel Parlamento il suo asse portante. Rendere il referendum qualcosa che ci ricorda più Casaleggio che Pannella ,sarebbe un pessimo servizio ad una democrazia già zoppicante come quella italiana. Non si può consentire a gruppi di leoni da tastiera di costringerci a votare perché a mezzo milione di persone – una cifra diventata irrisoria se raccolta via computer – salta in mente di abrogare una legge o parte di essa. E’ vero che il referendum deve passare al vaglio della Corte Costituzionale ,ma non sempre la Corte ha dimostrato l’equilibrio e l’imparzialità necessari. La Corte è sempre più politicizzata e sempre meno super partes con presidenti eletti per pochi mesi di mandato. Già parecchi anni fa, per non consentire abusi, si parlò di aumentare il numero delle firme richieste. Oggi questa esigenza è diventata assolutamente urgente ed sintomatico di un deficit di cultura giuridica e politica che nessuno ci abbia pensato nel momento di consentire una raccolta agevolata che cambia radicalmente il possibile ricorso al referendum.
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