Solo pochi liberali ebbero consapevolezza di ciò che stava accadendo.
Nel 1968 ero nella GLI, la Gioventù Liberale Italiana, che era sempre un po’ più a sinistra di Malagodi.
Chiesi a Fabrizio Chieli segretario della Gli torinese quale posizione avrebbero dovuto mantenere gli universitari liberali dopo che le rappresentanze dell’Intesa – il
Parlamentino universitario – erano andate dissolte.
Non seppe o non volle darmi un orientamento preciso , non sembrava pronto ad affrontare il tema della contestazione ,forse anche perché, ormai, era fuori dall’Universita’ e non coglieva ciò che stava accadendo a Palazzo Campana.
Anche il Gruppo Universitario “Viva Verdi! “di matrice risorgimentale capitatanato da Luigi Rossi di Montelera non capì che la contestazione avrebbe travolto ogni democrazia rappresentativa in nome di una finta democrazia assembleare che giungeva all’assemblea permanente e alle occupazioni notturne. Anche una donna intelligente come Nicoletta Casiraghi destinata ad una bella carriera nel PLI e nelle istituzioni mi sembrò poco interessata e in parte anche sedotta dal femminismo sessantottino.
Vista la situazione con pochi amici e colleghi della Facoltà di lettere misi in piedi “Riforma democratica universitaria“
che da un lato affermava la necessità di riforme e dall’altro rivendicava il
rispetto del metodo democratico, costantemente violato dai contestatori. Ebbi anche degli scontri verbali con Luigi Bobbio uno dei capi della contestazione. Poi la scelta del dare vita al Centro Pannunzio mi distolse da quell’impegno, anche se volli fare egualmente una manifestazione in piazza Solferino che venne disturbata dai contestatori. Sempre nel 1968 alcuni comunisti mi
aggredirono in un comizio a Porta Palazzo, sfasciandomi in pochi minuti il palco dal quale stavo parlando.
Al contrario certe posizioni attirarono l’attenzione e la simpatia dei più autorevoli n docenti della Facolta’ di Lettere, dal preside Gullini a Franco Venturi. Lo
stesso Giovanni Getto mi scrisse una letterina.
Il centro Pannunzio assorbì i temi di Riforma democratica universitaria che confluì nel centro Pannunzio. Si creò allora nell’anno dello scontro tra generazioni un’alleanza tra giovani studenti e professori importanti del nostro Ateneo proprio attorno al Centro Pannunzio che difese le ragioni della serietà della scuola contro le derive del facilismo. Poi si giunse al terrorismo e ad un impegno ferreo e tempestivo contro le “sedicenti BR“. Ci fu anche un rapporto con il Generale dalla Chiesa.
Il PLI si accorse della contestazione molto in ritardo ed alcuni suoi giovani esponenti finirono nella stessa contestazione.
Solo in un successivo convegno nazionale della GLI a Sarnano Malagodi in persona cercò di analizzare il fenomeno del ‘68 in chiave liberale, vedendo nella stessa contestazione qualche elemento di liberalismo. Parlò di “Libertà nuova“, dimostrando la sua cultura politica anche in quell’occasione , ma apparve una presa di coscienza tardiva. Malagodi non colse il potenziale di violenza che di lì a poco si sarebbe tradotto in gruppi come “Lotta continua“ e poi nel vero e proprio terrorismo. Neppure Zanone dal 1976 Segretario del PLI fu convincente sul tema.
Forse solo il Centro Pannunzio con la presidenza di Mario Bonfantini e poi di Luigi Firpo seppe fare i conti con i problemi della scuola e dell’Universita’. Soprattutto Firpo si schierò decisamente contro la degenerazione facilistica del ‘68 e del 27 garantito. Poi dal 1974 nacque il rapporto con Montanelli e con il
“Giornale“.
Furono anni difficili , anche di violenza e di paura, ma non aver mollato allora, è oggi motivo di legittimo orgoglio o almeno rende la nostra coscienza tranquilla.