Non è grave che il Capo dello Stato abbia definito un “fallimento” il pestaggio di alcuni studenti a Pisa da parte dei poliziotti. Era suo diritto e suo dovere allertare il ministro degli interni circa il pericolo di un uso improprio della forza da parte della Polizia di Stato. È grave piuttosto la difesa a oltranza delle forze dell’ordine da parte del governo in carica.
Capita di sbagliare ma pretendere che la polizia abbia sempre e comunque ragione significa spianare la strada a possibili abusi. Un poliziotto è un essere umano e farlo sentire comunque un eroe è rischioso. Potrebbe convincersi di poter agire secondo un suo personale discernimento circa quel che vede accadere, cosa gravissima se si tratta poi di un ufficiale o di un vicequestore o addirittura di un questore che impartisce un ordine inopportuno. Cosa che può accadere perché tutti a questo mondo possiamo sbagliare. Ma a sbagliare è innanzitutto chi pretende, senza averne l’autorità, di chiudere un discorso assolvendo senz’altro chi purtroppo è stato tanto poco lungimirante da ritenere che manganellare studenti e studentesse inermi e minorenni non si traducesse in quel “fallimento” denunciato doverosamente dal Capo dello Stato, il quale è intervenuto nel suo ruolo di garante dei diritti costituzionali.
Se poi si ritiene che il gesto del Presidente della Repubblica sia stato politicamente poco opportuno, magari perché non è il momento di criticare le istituzioni, io credo che sia saggio tenere per sé un tale parere, guardandosi dal divulgarlo per l’ottima ragione che il rilievo che si fa è rivolto a un’importante figura istituzionale e, se formulato da chi, a sua volta, ha incarichi istituzionali, siamo al serpente che si morde la coda.
Un cortocircuito da evitare che disorienta semplicemente il cittadino che voglia veder chiaro in tanta nebbia.
Siamo in tempi in cui i professori di alcune scuole avrebbero diritto di richiedere una scorta per andare a fare lezione, tempi duri e difficili della cui durezza e difficoltà dobbiamo esser tutti consapevoli, se è vero, come sosteneva Piero Calamandrei, che, essendo tutti su una stessa barca, dobbiamo tutti afferrare un remo e remare. Né c’è bisogno del fustigatore di Ben Hur che, minaccioso, ci ordina di farlo, anche quando non siamo più in condizione perché stremati dalla fatica. Ognuno fa quello che può.
Ci sono tanti modi per impaurire dei ragazzi e le minacce, per quanto fastidiose, non sono botte di quelle che fanno male. Ammetterò che sul campo è difficile mantenere il controllo della situazione ma è qui che vien fuori la professionalità, di cui forse qualcuno ha difettato. Prima di impartire, ma anche prima di eseguire un ordine del genere, posso sperimentare altre vie di “conciliazione”, prendere un altoparlante e annunciare che è arrivato l’ordine di “sgombrare” anche usando i manganelli. Ma finché posso, esercito un’ opposizione passiva. È assai improbabile che uno studentello entri in “contatto” con un poliziotto. Certamente insulti e pernacchie, tanto per mostrare che si è coraggiosi, non sono provocazioni tali da giustificare il pestaggio e la messa a terra.
Da quanto si è appreso dai giornali e s’è visto nei filmati c’è stata una carica che ha subito messo in fuga dei ragazzini, che hanno voltato le spalle ai poliziotti perché all’indietro non si corre. Non s’è visto che ci fosse una resistenza tale da procedere alla caccia dei più “facinorosi”.
E qui mi permetto di fare un’osservazione. Io credo che la divisa va indossata non perché conferisce comunque onore a chi la porta. È vero piuttosto il contrario che chi la indossa deve onorarla, non nascondersi dentro di essa col rischio di investirsi di un potere che nessuno gli ha conferito. Non si è poliziotti, ma si fa il poliziotto, come non si è ministri ma si fa il ministro, non si è presidenti della Repubblica ma si ricopre il ruolo di Presidente, assolvendo agli obblighi che il fatto comporta.
Nel nostro paese, che è un paese democratico, l’unica autorità a cui tutti dobbiamo sottostare è la Legge, a cominciare dai ministri che compongono un governo.