Il 25 luglio 1943 Benito Mussolini veniva arrestato. Capo del governo diveniva il maresciallo Pietro Badoglio. Il Re insieme alla grande maggioranza dell’opinione pubblica italiana riteneva che la guerra fosse ormai perduta e che il Paese fosse in balia di spinte distruttive.

   Questo clima aveva portato alla negoziazione e alla stipula con le Forze Alleate dell’armistizio, reso pubblico l’8 settembre 1943.

   Da quel momento l’Italia e le forze anglo-americane furono alleate e fu riconosciuta ogni forma di resistenza avversa al Nazifascismo e alla Repubblica Sociale di Salò. Con il nuovo ordinamento nazionale l’Italia diveniva teatro di furiosi combattimenti fra patrioti antifascisti, forze militari alleate, tedeschi nazisti invasori, fascisti traditori appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana di Salò. Finita la guerra con la sconfitta del nazifascismo, fu istaurata la Repubblica e approvata la Costituzione repubblicana e antifascista.

   Questi sono i fatti e converrebbe a chi governa dichiarare espressamente che:

l’Italia è repubblicana e antifascista;

i patrioti italiani sono repubblicani e antifascisti;

“il fascismo fa parte del male assoluto” come efficacemente ebbe a dichiarare Gianfranco Fini, in visita nel 2010 a Gerusalemme al museo dell’Olocausto;

i fascisti sono stati e sono gli autentici traditori della Patria: già nel corso del ventennio fascista che tradì le libertà, sacrificando generazioni di giovani a guerre di aggressione; dopo l’8 settembre 1943 perché fuorilegge e per aver organizzato la RSI; dopo l’approvazione della Costituzione Repubblicana e antifascista perché l’ordine repubblicano essendo nato dalla lotta al fascismo vietava, e vieta, la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, nonché l’apologia.

   Fuori da questo schema si vive nell’illegalità. E siamo costretti ad osservare, a giorni alterni, autorevoli esponenti dell’area governativa impegnarsi nell’apologia del Duce o nel revisionismo becero di fatti storici attinenti al fascismo e alla sua caduta.

   Patetica l’intervista del Presidente del Senato e relative foto con cimeli e busto del Duce. Nei giorni scorsi: prima la Presidente Meloni riguardo all’eccidio delle Fosse Ardeatine, Roma – marzo 1944, massacro perpetrato nei confronti di donne e uomini “che pagarono soltanto perché italiani” ha affermato la Presidente, quando è noto che la strage fu compiuta nei confronti di ebrei e antifascisti, con il metodo della decimazione, 33 tedeschi, 335 italiani antifascisti; poi la deprecabile battuta del solito La Russa, sulla banda musicale di semi pensionati nell’attentato contro i nazisti in Via Rasella, antefatto della strage, posto in nesso causale con lo sterminio, come a dire che senza l’attentato non ci sarebbe stato la decimazione di 335 innocenti.

   Tutti questi fatti non possono essere narrati diversamente dalle carte e dalla sentenza di un processo che li accertati consegnandoli alla Storia. Tutto ciò è inaccettabile.

   L’Italia ha bisogno di essere governata in un passaggio assai delicato della sua storia, il tentato revisionismo storico del fascismo, parallelo alle attività di governo, è un danno che si fa al Paese, che divide in un momento in cui bisognerebbe unire tutte le forze sane e guardare avanti seguendo la storia, i valori e le leggi della nostra Repubblica.

   Chi scrive non ha votato Meloni né i suoi alleati, ma crede tuttavia che questo governo debba governare. Rappresenta una minoranza del voto espresso alle elezioni politiche, figuriamoci rispetto al Paese che non vota, ma le regole della democrazia sono sacre. Auguro quindi a questo Governo di operare proficuamente per cinque anni, chiedo però di farlo nel rispetto della Costituzione.

   Come dicevo sono tante le cose da fare, uniamo il Paese intorno a questa missione. Apprezzerò le forze leali dell’opposizione che collaboreranno nel raggiungimento degli obiettivi fondamentali che riguardano complessivamente la crescita dell’Italia.

   Del domani se ne parlerà quando, con legittime elezioni politiche il Paese potrà contare su un’alternativa organica di governo, di cui al momento non se ne vedono sostanziali contorni.