La lingua di Menelik, da alcuni chiamata anche “lingua di Menelicche”, l’originale fischietto che spopola nei giorni di carnevale, venne così ribattezzato in epoca coloniale con l’intento di denigrare Menelik II, il Negus, il “re dei re” d’Etiopia dal 1889 al 1913. La lingua consiste in un tubo di carta che contiene un’anima di fil di ferro, schiacciato e arrotolato. Basta soffiarci dentro e questa si srotola e s’allunga di scatto. Appena si smette di soffiare la lingua, grazie all’anima di ferro, torna ad arrotolarsi. Solitamente dal lato dell’imboccatura viene messo un fischietto, associando il fischio all’allungamento della lingua. C’è chi sostiene che questo giocattolo prese il nome di Menelik, quasi a voler sottolineare con perfida ironia come l’imperatore etiope fosse dotato di una lingua assai poco disciplinata Questa diceria, in realtà, prese corpo da un episodio ben preciso, riferito al Trattato di Uccialli, località del nord del paese del Corno d’Africa, stipulato fra il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia il 2 maggio 1889. Il Trattato di amicizia e commercio fra Etiopia e Italia fu sottoscritto tra il conte Ugo Antonelli, plenipotenziario italiano, e Menelik, negus dello Shoa, sul punto di divenire imperatore d’Etiopia. Composto da venti articoli, il trattato era volto a regolare i rapporti tra i due Stati, oltre ad evidenziare le acquisizioni territoriali italiane in Eritrea che lo stesso sovrano etiope riconosceva come colonia italiana. Come da tradizione il trattato era stato redatto in due versioni nelle lingue dei contraenti, italiano e amarico. La stesura dell’articolo 17, uno dei più controversi, risultò differente nelle due versioni. Nella versione in italiano si leggeva “Sua Maestà il Re dei Re d’Etiopia consente di servirsi del Governo di Sua Maestà il Re d’Italia per tutte le trattazioni di affari che avesse con altre potenze o governi”, mentre quella in amarico era ben diversa e recitava così: “Sua Maestà il Re dei Re d’Etiopia può trattare tutti gli affari che desidera con altre potenze o governi mediante l’aiuto del Governo di Sua Maestà il Re d’Italia “. In pratica, nella versione in italiano, il Negus delegava al governo di Roma tutte le sue attività di politica estera, rendendo di fatto l’Etiopia un protettorato dell’Italia; in quella etiope, viceversa, la delega era solo facoltativa, e il Negus vi poteva ricorrere solo quando ciò gli fosse convenuto. Un semplice errore di traduzione o una deliberata mossa di una delle parti per indurre l’altra a firmare? La cosa non è mai stata chiarita ma è certo che le controversie sul trattato furono una delle cause della successiva Guerra di Abissinia tra l’Italia e l’Etiopia, conclusasi, il 1° marzo 1896 con una netta e pesante sconfitta delle truppe italiane comandate dal generale Oreste Baratieri nella battaglia di Adua. Il successivo trattato di pace di Addis Abeba, nello stesso anno, abrogò definitivamente il trattato di Uccialli, del quale è rimasta solo traccia nei libri di storia. Mentre la lingua di Menelik, passata indenne tra guerre e cambiamenti, continua a produrre il suo irridente sberleffo.
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