Lo spunto per queste riflessioni mi è venuto dalla rilettura del libro di Recalcati “Le mani della madre”.
Le mani della madre sostengono il bambino sin dalla nascita, lo proteggono dal mondo e, al contempo, lo offrono ad esso o, meglio ancora, offrono a lui il mondo. E lo preparano alla vita. Essere madre è sacrificio, è abnegazione, è ricchezza e perdita assieme, la ricchezza di concepire e la perdita di separarsi dal prodotto del concepimento. Essere madre è un arricchimento della femminilità, ma, al giorno d’oggi, non può rimanere l’unica espressione della femminilità: se la madre fosse “tutta madre”, il bambino riuscirebbe ad avere accesso al mondo simbolico e della cultura solo tramite il padre, perdendone, dunque, una parte. La madre è la figura dell’attesa, attesa dell’alterità, attesa di un amore che si congiunga col proprio. Alterità che è, assieme, libertà per l’altro. Fare dono di sé ad un altro perchè questi diventi altro oltre sé. Da feto fino ad essere adulto. Così come accade nei rapporti d’amore, quando sono colmi di attese, quando ci ritroviamo ad aspettare qualcuno che conosciamo bene e che ci manca nel corpo e nel cuore, l’attesa della madre per suo figlio in grembo è attesa d’amore. Amore per qualcuno che non si conosce ancora ma è come se si potesse già conoscere, perchè parte di sé. La maternità non è solo “secondo natura”, è anche uno sconvolgimento della natura stessa. Dare ospitalità, dice Recalcati, senza proprietà. Abbandonare il senso di possesso che inevitabilmente accade, per preparare e favorire la libertà. Dopo averlo custodito in sé, donare al figlio la libertà, come segno d’amore. Questo può accadere solo quando la madre non vuole semplicemente “avere un figlio”, ma si dispone all’attesa e poi alla separazione, alla rinuncia, alla perdita.
Allora, così come la madre ci ha tenuto da bambini tra le sue braccia, prepariamoci, ogni giorno della nostra vita, a tenere lei tra le nostre. Quando i suoi capelli imbiancheranno, il suo passo si farà incerto, le sue mani non avranno più l’energia per stringere le nostre. Facciamolo noi, Con gli occhi nel suo sguardo, che si farà via via più spento.
Teniamo, finchè è possibile, nostra madre tra le braccia.
Il ricordo di lei, in sua assenza, ci conforterà nel cuore.
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