Il capitolo dei canonici del duomo del ‘900 in Via del Carmine a Torino ha predisposto un fitto calendario di messe cantate per il centenario della Marcia su Roma. Messe cantate in rito ortodossamente antifascista e marxisteggiante e quindi inevitabilmente incapace di analizzare con il distacco necessario i fatti di cento anni fa, come esige la storia che non è mai riconducibile alla vulgata dei gazzettieri e degli attivisti. Già il titolo è sbagliato: “Dalla Marcia su Roma alla crisi delle democrazie”. Dovrebbe  infatti essere noto a tutti che proprio dalla crisi dello Stato liberale nacque lo squadrismo che si oppose alla mancata rivoluzione bolscevica in Italia. La Marcia su Roma fu infatti la conclusione in chiave  anche un po’ farsesca di un biennio di guerra civile non dichiarata che favorì l’ascesa del fascismo. La Marcia su Roma segnò la fine dell’età giolittiana e del sogno liberal-democratico che già la Grande Guerra aveva compromesso. Non riconoscere i gravi errori della sinistra  “rivoluzionaria“ significa essere privi del senso della storia. E la stessa lectio magistralis affidata ad un campione del giornalismo settario dimostra un taglio sbagliato. Ezio Mauro parlerà del 1922 come ultimo anno di libertà, senza vedere che in quell’anno la libertà era già stata ampiamente compromessa perché posta come drammatica alternativa ad un ordine da tempo quasi inesistente. Siamo all’assurdo che il contemporaneo Turati aveva visto più lontano degli storici odierni che non riescono ad andare oltre le parole d’ordine di Letta e Bersani. Ci saranno anche altre iniziative più veritiere che forse ci consentiranno di capire cosa accadde cent’anni fa. Quelle dei Canonici di Via del Carmine puzzano di stantio, cioè di un Novecento malvissuto nelle  oscure cellule del PCI. A quando una  nuova scomunica di Renzo De Felice, la cui lettura  invece ci consente di capire chi fu Mussolini e come il fascismo prese il potere? In questo clima ci vorrebbe un nuovo Tranfaglia a riscaldare la fiamma…