Nella notte tra il 15 e 16 ottobre 2000 fu ucciso Antonio Russo. Giornalista di Radio Radicale si trovava in Georgia, a Tblisi. Il suo corpo venne trovato a circa 25 km dalla città con evidenti segni di torture. Giornalista Freelance, non si era mai iscritto all’ordine dei giornalisti italiano. La sua abitazione fu ritrovata sottosopra, completamente ripulita da telefono satellitare, computer, videocamera e da tutto il materiale da lui raccolto sugli eccidi in Cecenia. Aveva cominciato a trasmettere in Italia notizie circa la guerra e aveva parlato di una videocassetta contenente torture e violenze dei reparti militari russi ai danni della popolazione cecena, compreso l’utilizzo di armi illegali. Vladimir Putin era in carica, al vertice del governo russo, dal 1999.  Da ragazzo ascoltavo le corrispondenze dalla radio e mi chiedevo quanto coraggio dovesse avere per documentare quel teatro di guerra. Così come in precedenza ne aveva descritti altri, anche in solitaria come giornalista, tra cui il Kosovo, dal quale era intento a documentare la pulizia etnica nei confronti degli albanesi kosovari. La sua importante e generosa testimonianza è ancora drammaticamente attuale oggi e purtroppo la comunità internazionale, Italia inclusa, non si adoperò mai abbastanza per ricercare la verità rimanendo sorda e pressoché inerte.