L’origine dei Templari si può far risalire al 1118 oppure, secondo Vacandard, al 1119. L’Ordine del Tempio fu fondato da Ugo de Payns, il quale nacque in una data imprecisata ma vicina al 1080, e fu il primo Gran Maestro dell’Ordine dei Templari. Ad ispirare Ugo de Payns nella creazione di una confraternita militare capace di difendere il regno di Terrasanta, fu uno dei tanti terribili massacri di pellegrini avvenuto presso il Giordano intorno al 1118. I pellegrinaggi in Terra Santa, già in uso nei primi secoli dell’era cristiana, presero grande voga a partire dal IV secolo, specialmente dopo la visita compiuta nel 326 da Sant’Elena, la madre dell’imperatore Costantino il Grande, alla quale la tradizione attribuisce il rinvenimento della vera croce di Cristo. Per esprimere al meglio il fascino esercitato dalla Terra Santa sui cristiani di ogni luogo e di ogni tempo, mi piace citare qui un breve passo del racconto del pellegrino russo Daniele, che visitò Gerusalemme nel 1100: “lo, Daniele, indegno egumeno (egumeno dal greco = guida) russo, l’ultimo tra i monaci, rattristato per i miei numerosi peccati e per l’insufficienza delle mie buone opere, fui spinto dal desiderio impaziente di vedere la Santa città di Gerusalemme e la Terra Promessa. Per grazia di Dio, giunsi nella città di Gerusalemme e vidi i luoghi santi, che Cristo, nostro Dio, calpestò coi suoi piedi e dove si manifestò con sorprendenti miracoli. Ho visto tutto, con questi miei occhi di peccatore, e Dio, nella sua clemenza, si è degnato di mostrarmi quello che da tempo desideravo, il Santo Sepolcro. Questo è una piccola grotta scavata nella roccia, con un ingresso cosi basso che un uomo vi può appena entrare ginocchioni e curvandosi, l’altezza, è minima e la lunghezza e la larghezza sono appena di quattro cubiti. Appena entrati in questa grotta, si vede a destra una specie di banco scavato nella roccia e su questo sacro banco, attualmente ricoperto di lastre di marmo, fu deposto il corpo di Nostro Signore Gesù Cristo”. L’eco del massacro di pellegrini avvenuto nel 1118 era stata talmente forte da giungere perfino in Europa, sconvolgendo tutta la società cristiana a tal punto che Re Baldovino II, in un’assemblea di capi cristiani tenutasi nella città di Nablus, sollecitò ed affermò la necessità di istituire una milizia indipendente, soggetta solo alla Chiesa, a difesa del Regno di Gerusalemme. Rispondendo all’appello accorato della comunità cristiana, nel 1118 nove cavalieri che erano timorosi di Dio, condotti da Ugo de Payns, si presentarono in Gerusalemme al Re Baldovino II (Baldovino du Bourg, Conte di Edessa, cugino di Goffredo di Buglione), manifestando il desiderio di garantire la sicurezza della strada dei pellegrini da Giaffa a Gerusalemme. Il re accettò la proposta dei cavalieri e consegnò loro, per viverci, alcuni poderi ed una parte del suo palazzo, posto sul luogo del Tempio di Salomone. Dopo aver pronunciato davanti al patriarca di Gerusalemme, Germond De Piquigny di Amiens, i tre voti, di povertà, castità e obbedienza, i nove cavalieri occuparono il sito del Tempio di Salomone e presero il nome di Cavalieri del Tempio. Tra i nove cavalieri vi era Andrea de Montbard, zio di San Bernardo, e nel 1125 venne a raggiungerli un nuovo cavaliere, che era Ugo di Blois, Conte di Champagne. L’Ordine vero e proprio dei Templari, però fu convalidato e proclamato solamente nel 1128 da Bernardo di Chiaravalle (San Bernardo), il quale fece convocare un concilio a Troyes, presso Clairvaux, sulle terre del Conte di Champagne, per impegnare la Chiesa con tutti i suoi membri a dare al suddetto ordine monastico un’azione universale. Al concilio di Troyes erano presenti almeno cinque dei nove Cavalieri che erano andati a Gerusalemme per compiere la missione. Infatti, in quello stesso momento, Andrea de Montbard accompagnato da un altro cavaliere, era andato a consegnare al Papa un messaggio di re Baldovino, mentre gli altri tre cavalieri e Ugo di Champagne erano rimasti a Gerusalemme per sorvegliare il Tempio. Ugo de Payns ebbe l’idea di riunire monaco e cavaliere in una sola persona, creando una “Milizia di Cristo”. La sua invenzione era di certo rivoluzionaria, per la prima volta, infatti, la contemplazione e la spiritualità del mondo della vita monacale venivano combinati con l’azione rozza e sanguinaria dei condottieri. Ma il protagonista decisivo per la nascita e lo sviluppo dei Templari e per l’organizzazione della II crociata (1147-1149) fu Bernardo di Chiaravalle, detto doctor mellifluus (Maestro la cui parola scivola come miele), per la sua grandiosa arte oratoria e per la capacità di persuasione. Non è stato affatto facile però per Bernardo inserire la guerra tra gli ideali monastici e trasformare i cavalieri provenienti dal mondo laico in Cavalieri Templari. Le caratteristiche della cavalleria laica erano il coraggio, l’arroganza, il gusto del lusso e dell’ostentazione e il disprezzo per la vita umana. Un’etica specifica della guerra, fondata sul “sangue di alto valore”, portava questi cavalieri ad esaltare il combattimento in se stesso. Il trovatore Bertrand de Born ha cantato in questo modo le gesta dei cavalieri provenzali che rinnovavano gli scontri sanguinosi con Io sbocciare dei primi fiori, all’inizio della primavera: Mazze ferrate e brandi, elmi di vario colore.

Scudi forare e fracassare

vedremo al primo scontrarsi

e più vassalli insieme colpire,

onde erreranno sbandati

i cavalli dei morti e dei feriti.

E quando sarà entrato nella mischia

ogni uomo di “alto sangue”

non pensi che a mozzare teste e braccia:

meglio morto che vivo sconfitto!

Io vi dico che non mi dé tanto gusto

mangiare bere o dormire,

come quand’odo gridare: all’assalto!

Come si poteva pretendere che i cavalieri provenienti da quel mondo dismettessero da un giorno all’altro un simile stile di vita? Bernardo sapeva bene che vi era un unico modo: isolare quanti di loro possedevano un sentimento religioso più spiccato degli altri, indottrinarli e prepararli alla vita nel nuovo Ordine attraverso un itinerario estremamente ripido ed irto di difficoltà. Ugo de Payns aveva avuto nove anni a disposizione per elaborare uno statuto che in seguito Bernardo, che era e rimase un monaco, modificò in alcuni dettagli che comunque rivestono una grande importanza. Per Bernardo, i Templari avrebbero dovuto essere prescelti per costruire una nuova cavalleria, che non uccidesse e aggredisse solamente, ma che conducesse, al contrario, una esemplare vita cristiana a difesa della Santa Chiesa. I Templari avrebbero dovuto rappresentare le pietre sulle quali edificare il nuovo Tempio di Dio, vale a dire la Chiesa. L’appoggio incondizionato di Bernardo di Clairvaux alla nascita dei templari è espresso magistralmente nella Lode della nuova Milizia, pubblicata nel 1130-1131 dal dotto Abate. Ugo de Payns ne restò affascinato. Nel De laude novae militias admilites templi liber, Bernardo elogia i Templari ed adotta l’idea della guerra giusta e della guerra santa: se un soldato uccide un malfattore o farabutto, egli uccide il male per difendere il proprio Paese e compie peccato che però, gli sarà in seguito rimesso e perdonato, per cui in ultima analisi fa una “guerra giusta”, quando invece un soldato uccide un miscredente, cioè chi crede in altra religione, egli difende Cristo contro chi gli reca male e quindi non compie peccato e fa una “guerra Santa”. Riteniamo che possa essere interessante trascrivere il relativo passo del De Laude di San Bernardo: “I Cavalieri di Cristo combattono le battaglie del loro Signore e non temono né di peccare uccidendo i nemici, né di dannarsi se sono destinati a morire, poiché la morte, quando è data o ricevuta nel nome di Cristo, non comporta nessun peccato e fa guadagnare molta gloria. Nel primo caso si vince per Cristo, nell’altro vince Cristo stesso: il quale Cristo accoglie volentieri la morte del nemico come atto di giustizia, e più volentieri ancora offre se stesso come consolazione al cavaliere caduto. Il cavaliere poi, posso affermarlo, uccide sicuro e muore più sicuro ancora: giova a se stesso quando muore, a Cristo quando uccide. Non è infatti senza ragione che porta la spada: egli è ministro di Dio in punizione dei malvagi e in lode dei buoni. Quando uccide il malvagio egli non è omicida ma malicida ed è stimato senza dubbio vindice di Cristo su quelli che fanno il male e difensore dei Cristiani. E quando muore, si sa che egli non è perito ma è piuttosto giunto alla meta. Come risultato del Concilio di Troyes, si ebbe la fondazione del Tempio, esso ebbe la sua regola ed il suo abito. Veste e mantello bianchi per i cavalieri, neri per i sergenti e gli scudieri. La Croce rossa sulla spalla sinistra fu concessa da Papa Eugenio III nel 1145. La forma della croce riveste grande importanza. La croce latina, ad esempio, con un braccio (o spartimento) più lungo, è il simbolo della tortura e della crocifissione e costituisce la pianta a croce delle chiese gotiche. La croce di Malta, ad otto punte, detta delle otto beatitudini, è una croce di meditazione. La croce templare, composta da linee curve, è una croce che deriva dalla croce celtica ed è il segno tangibile del collegamento di questa nuova cavalleria ai rami cavallereschi celtici. In origine, come si è detto, la croce era portata sulla spalla, cosa senza dubbio da» riaccostare al gesto massonico di “percepito”, detto “Piove sul Tempio”, che consiste nel coprire la spalla sinistra con la mano destra quasi a nascondere la croce. In seguito, verso la fine dell’Ordine, i cavalieri portarono la Croce sul petto e sul dorso. Alla testa dell’Ordine vi era il Gran Maestro, signore assoluto che, come diceva la regola, deve tenere a portata di mano il bastone e la verga. II bastone, denominato abbacus, terminava in una piattaforma quadrata sormontata da una formazione sferoidale. Simbolicamente questo bastone è un regolo, e rappresenta il bastone vivente di Aronne; ed indica che il Gran Maestro è un Magister di costruttori. La verga è la frusta a tre corde rigide, come quella che tenevano in mano i faraoni: Tutankhamon, nel suo sarcofago andromorfo, ha in mano una frusta a tre corde rigide, L’utilizzazione di questi simboli è molto strana in quanto i templari ignoravano ufficialmente l’Egitto, dove misero piede solo quando Damietta fu conquistata dai crociati di San Luigi. Effettivamente, il Gran Maestro ha un potere faraonico sull’Ordine e sui templari. In quanto monaco, egli è il primo Vicario del Papa e all’interno del Tempio ha prerogative quasi papali. In quanto abate, è amministratore dei beni e delle ricchezze dell’Ordine. In quanto militare, è il comandante in capo dell’esercito, con tutti i poteri, e guida le sue truppe in battaglia. Come capo militare, il Gran Maestro aveva il suo stato maggiore, a capo del quale era il siniscalco, aiutato dal maresciallo, responsabile delle armi e dei cavalli. Il Gran Maestro aveva quattro cavalli da marcia, oltre ad un destriero da combattimento, animale di grande valore chiamato “il turcomanno”. Il cavaliere sul suo cavallo era l’arma ad alta tecnologia del Medio-Evo, e funzionava perfettamente se l’uomo si dedicava regolarmente al suo difficile mestiere e l’equipaggiamento si trovava sempre in condizioni perfette, pertanto la prima incombenza del cavaliere, il mattino, era quella di controllare i propri cavalli. In battaglia la sua vita dipendeva dalla loro forza e dalla loro rapidità. La medesima cosa valeva per il resto del materiale: lo stato dell’armatura, delle armi e della sella era decisivo per la vittoria o per la sconfitta. I Cavalieri che non si prendevano cura del materiale, subivano punizioni severe da parte dell’Ordine. L’attacco condotto con la lancia in resta e con il cavallo lanciato al galoppo aveva nel Medio-Evo una forza d’urto devastante, capace, secondo quanto riferito da un anonimo testimone oculare della prima crociata, di aprire una breccia nelle mura di Babilonia. Uomo, cavallo e lancia dovevano formare un’unità compatta e inscindibile nell’assalto al nemico.

L’impiego di lance lunghe e pesanti richiedeva però grande forza fisica e costante esercizio, ed è per questo che i Templari, fra una funzione religiosa e l’altra, dovevano mantenere efficiente il corpo, mangiare e riposare adeguatamente.

Il Gran Maestro custodiva lo stendardo dell’ordine chiamato Baussanta o Beausseant. metà bianco e metà nero.

Questa partizione in bianco e nero del Baussanta aveva sicuramente un significato esoterico, ma è molto probabile, per chi conosce il cielo d’oriente divorato dalla luce, che la suddetta partizione dei colori servisse anche a rendere l’insegna più visibile.

Il seguito del Gran Maestro era composto da due cavalieri, un cappellano, due fanti e un paggio a cavallo che aveva il compito di portare la sua spada e la sua lancia.

AI suo servizio vi erano anche due servitori, un fabbro, uno scrivano saraceno, un segretario che doveva conoscere l’arabo, ed un cuoco.

Ai cavalieri templari fu imposto il colore bianco. Il bianco simboleggiava la purezza dell’anima.

Oltre al bianco, che era anche il colore dei cistercensi, i templari dovevano tagliare i capelli corti come i cistercensi, ma al contrario dei monaci potevano portare la barba. Come i cistercensi anche i templari dovevano pronunciare i voti di castità, povertà e obbedienza.

È evidente che la convivenza monastica dei templari era regolata in maniera simile a quella dei cistercensi, mentre il servizio armato si basava su un codice d’onore cavalleresco.

Al di sopra di ogni cosa, vi era il Consiglio dell’Ordine con i suoi Prud-Hommes (uomini saggi) ed i dignitari. Spettava solamente al Consiglio nominare un nuovo maestro.

Il maestro era eletto a vita e non poteva essere deposto.

Il regolamento dei templari si compone di 72 articoli e non si tratta di un caso, bensì di un gioco riguardante la mistica dei numeri. Il numero 72 si ottiene moltiplicando 9×8 volte e l’8 rappresenta il rinascente e la rinascita, mentre il 9 (3 volte 3) rappresenta la perfezione.

Il 3 è il numero santo e gioca il ruolo decisivo sia per quanto riguarda le regole spirituali, sia per le faccende militari.

I templari, ad esempio, avrebbero dovuto accettare la battaglia contro gli infedeli anche quando questi fossero stati numericamente tre volte superiori, mentre contro i cristiani invece, avrebbero potuto combattere solo se provocati per tre volte.

Anche nella quotidianità entra questa regola del 3: chi trascura i propri compiti verrà frustato 3 volte; 3 volte alla settimana è consentito mangiare carne e tre volte alla settimana si deve fare l’elemosina.

L’ammissione nella famiglia dei templari era regolata da severi ed aspri criteri di accettazione: un aspirante non avrebbe dovuto essere solamente un cavaliere, ma anche il figlio legittimo di un cavaliere; doveva sentire la necessità di servire Dio e dedicare tutta la sua vita alla difesa del Santo Sepolcro; inoltre doveva accettare tutte le regole ed obbedire diligentemente al maestro e ai confratelli; infine non doveva essere fidanzato, sposato, indebitato, o membro di un altro ordine.

Il regolamento proibiva di accogliere bambini, anche se offerti dagli stessi genitori come “doni”.

Solo uomini sopra i diciotto anni, potevano entrare nell’Ordine, anche se in numerose regioni della Francia i giovani di 14 anni erano già considerati maggiorenni.

La cerimonia di accettazione era stabilita in modo preciso e rigoroso. Dopo la messa mattutina nella sede dell’ordine, il maestro provinciale conduceva candidato in una piccola stanza accanto alla cappella. Qui due fratelli dell’ordine si avvicinavano e gli chiedevano: “Desiderate entrare nella comunità dell’ordine dei templari e volete prendere parte alla sua opera?”. Se il candidato rispondeva affermativamente, i due fratelli inquisitori proseguivano: “Voi aspirate alla grandiosità: del nostro ordine vedete solo lo splendore esterno, voi vedete quanto bene mangiamo e beviamo, voi vedete i nostri begli abiti e credete che vi aspetti una vita confortevole insieme a noi. Questo perché non conoscete le regole che valgono per l’Ordine. È un grande passo quello che progettate. Voi, che siete stato padrone di voi stesso diventerete il servitore di un altro, poiché solo raramente potrete fare ciò che desiderate. Desiderate dimorare in occidente e vi si manda in Terra Santa; volete andare ad Akkon e vi si spedisce a Tripoli. Se volete dormire noi ordiniamo di vegliare, e qualche volta, se volete rimanere sveglio vi mandiamo nel vostro letto, perché possiate riposare”.

Ciò detto, entrava in scena il Maestro che invitava il candidato a prestare giuramento con la formula seguente: “Voi dovete giurare a Dio e alla Vergine Maria che ubbidirete sempre al Maestro del Tempio, che rispetterete la castità e gli usi e costumi dell’Ordine, che sarete nullatenente e avrete solo ciò che vi darà il vostro superiore, che farete tutto il possibile per preservare ciò che è stato conquistato nel regno di Gerusalemme, che non vi troverete mai dove si uccide illegalmente un cristiano, lo si rapini e lo si depredi dell’eredità, che veglierete sui beni del Tempio che vi verranno affidati”.

Con il completamento del giuramento, l’accettazione nell’Ordine era conclusa e l’aspirante veniva baciato sulla bocca dal Maestro e diventava a tutti gli effetti un nuovo fratello.

La vita monacale quotidiana dei templari scorreva ogni giorno su binari ben precisi.

Cominciava con la messa del mattino (Mattutin) e terminava la sera, dopo il Vespro, con il “Non” e il “Compiet”.

Ma qual era la vera missione dei cavalieri? Certamente non poteva essere solo quella di proteggere la via dei pellegrini in Terra Santa.

Doveva essere una missione molto più importante, che altrimenti, Bernardo di Chiaravalle non avrebbe mai inviato Ugo De Payns e suo zio, Andrea de Montbandl all’unico scopo di sorvegliare le strade che portavano a Gerusalemme. Né questa poteva essere stata la ragione per cui Ugo di Champagne aveva abbandonato, nel 1125, la propria contea per raggiungere i nove cavalieri nel tempio di Salomone.

Vi è un’unica chiave di lettura per questo mistero dei templari: i nove cavalieri non sono andati in Terra Santa unicamente per proteggere i pellegrini, ma anche a cercare, custodire e portare via qualcosa di particolarmente sacro, che si trovava sul luogo del tempio di Salomone, l’Arca dell’Alleanza e le Tavole della Legge.