Ho letto con attenzione e interesse l’articolo di Ilaria Rizzinelli pubblicato sul “Pannunzio Magazine” il 19 dicembre scorso, dal titolo “25 novembre. Vuota ricorrenza”, dedicato al significato della giornata internazionale conto la violenza sulle donne. Le riflessioni contenute nell’articolo citato sollecitano importanti riflessioni in chi, come lo scrivente, ha dedicato e dedica un’attenzione particolare a questo tema, sia sotto il profilo legale, per ragioni professionali, che sotto il profilo della sensibilizzazione delle nuove generazioni all’importanza della parità di genere, in tutte le sue forme. Anzitutto, preme evidenziare che condivido pienamente l’analisi di Ilaria Rizzinelli in relazione al rischio che la giornata del 25 novembre diventi “Una vuota ricorrenza” infarcita di retorica e, aggiungo io, di inutile compassione per le vittime di violenza. Per evitare quanto sopra, non basta istituire una giornata che ricordi la tragedia del femminicidio, ma occorrono azioni positive che contrastino il fenomeno non solo sotto il profilo legale, ma socio – culturale. La legislazione italiana, in materia di violenza di genere, è molto avanzata, rispetto a molti altri Paesi europei e l’Ue, dapprima con la Convenzione di Istanbul del 2011, successivamente con la proposta di Direttiva Europea sul contrasto alla violenza contro le donne, ha dato, e continua a dare, un forte impulso all’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia. Inoltre, sempre più frequente è l’attenzione che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riversa sul fenomeno della violenza di genere, oltre che sulla vittimizzazione secondaria e sul linguaggio sessista di moltissime pronunce giurisprudenziali, sia civili che penali. Inoltre, occorre tenere conto che la recente riforma del processo civile, che entrerà in vigore a brevissimo, per la prima volta, attribuisce molto rilievo ai fatti di violenza all’interno dei procedimenti di separazione e divorzio, come prima non è mai avvenuto: la violenza oggetto di procedimenti penali, infatti, molto spesso, in sede civile scompariva, per lasciare spazio alla “conflittualità tra coniugi”. Da oggi, non sarà più così, e la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ha già iniziato a prendere atto di questo cambio di passo del legislatore. La situazione sopra descritta, apparentemente positiva, tuttavia non deve far dimenticare ciò che Ilaria Rizzinelli evidenzia, vale a dire che gli stupri di guerra sono in atto, nei conflitti attuali, ma che la violenza di genere miete vittime ogni giorno, nelle nostre città ed, in particolare, nelle nostre case, per mano di persone molto vicine alle vittime: coniugi, conviventi, familiari, che sovrappongono il concetto di amore a quello di possesso, di prevaricazione, di violenza psicologica ed economica. Per poter leggere la storia in positivo, come esortava Benedetto Croce, e come ricorda, con grande efficacia, Ilaria Rizzinelli, nel suo articolo, occorre un cambio radicale di modello culturale, che parta dalle famiglie, dalla scuola, dall’ Università, dal modo di fare informazione e di raccontare la violenza di genere, senza retorica e senza inverosimili giustificazioni, utili solo ad un mero sensazionalismo giornalistico, punitivo nei confronti delle donne.. Se così non sarà, il rischio, ancora una volta, sarà quello di demandare al diritto quello che è compito di noi tutti e della politica e di assistere, il 25 novembre del prossimo anno, ad una “Vuota ricorrenza”, come scrive Ilaria Rizzinelli, permeata di retorica e buoni propositi inattuati, che nulla hanno a che vedere con l’impegno serio e necessario, di ognuno di noi, contro la violenza di genere.
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