Da quando ho il bene dell’intelletto, cioè da molti decenni, ho vissuto la mia vita personale, sociale e lavorativa con rispetto assoluto e sensibilità particolare nei confronti delle persone con necessità “speciali”, facendomi spesso carico di queste e cercando di trattarle nel modo idoneo alle loro caratteristiche.

Di che stiamo parlando? Vi chiederete.

La mia famiglia gestisce da oltre vent’anni impianti sportivi natatori, nei quali sono passati, e continuano a farlo, centinaia di utenti con esigenze speciali.

È di inclusione, accoglienza e discriminazione che voglio discutere.

Qualche giorno fa ricevo la mail polemica di una mamma che mi racconta di aver provato ad iscrivere suo figlio –bambino con tratto autistico certificato- alle lezioni di nuoto di gruppo e di non esserci riuscita e che vuole sapere se c’è una normativa che regoli questo genere di cose. Chiedo alla signora il numero di telefono e la chiamo.

Mi dice di aver provato a telefonare e passare più volte per parlare con il responsabile dell’impianto e che questo le ha detto che le avrebbe fatto sapere e che comunque c’era una normativa di riferimento. Provo a spiegare alla mamma che comincia ad avere la voce tremula, che la nostra piscina accoglie utenti con esigenze particolari e che se il responsabile non è riuscito a farlo, vuol dire che non ha a disposizione personale specializzato e formato per seguire il suo bambino.

A questo punto parte il sermone della mamma, che da lì a poco si mette a piangere, sulla discriminazione, perché noi non abbiamo voluto accogliere il figlio, che lei ha peccato di sincerità e che avrebbe fatto meglio a non dire niente e avrebbe dovuto iscriverlo omettendo di metterci al corrente della disabilità del bambino.

Ecco, dopo questa affermazione mi è salita la pressione!

Da madre di quattro figli sono addolorata per quello che la famiglia del bambino sta vivendo ma la sicurezza viene al primo posto. Per poter accogliere un utente speciale ci vuole un istruttore dedicato e specializzato, che entri con lui in acqua anche se viene incluso nel gruppo; di fronte a questa spiegazione la madre mi ha detto che sarebbe entrata anche lei per assistere il figlio e che non abbiamo voluto saperne e che se non lo avesse detto, nessuno si sarebbe accorto dell’autismo del bambino.

In primis se è stato certificato vuol dire che una commissione di esperti ha decretato le sue esigenze particolari, in secundis gli istruttori che fanno lezione ad una classe di bambini non possono mettere a rischio la sicurezza di questi ultimi per seguire con maggiore attenzione il disabile (lo vogliamo sdoganare questo termine? Il vocabolario italiano lo definisce “persona affetta da condizione particolare che in seguito ad una o più menomazioni fisiche o psichiche, ha una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale rispetto a ciò che è considerato la norma” o dobbiamo sempre essere garantisti-buonisti-e-politically-correct anche quando non serve e nascondiamo le cose semplici ed evidenti?). A questo punto ho detto alla signora che avrei parlato con il responsabile e che l’avrei richiamata. Ho parlato con il direttore della piscina e mi ha detto di aver spiegato alla signora che al momento non ha nessuno dei due istruttori specializzati e certificati che solitamente seguono i disabili e che aveva provato ma non era riuscito a trovarne disponibili.

Richiamo la signora che ancora piangente mi dice che il suo bambino ha subito una discriminazione, che noi siamo degli insensibili e che divulgherà il verbo, dicendo a chiunque che lo abbiamo rifiutato.

Continuo ad essere dispiaciuta per la realtà che questa famiglia vive ma la sicurezza deve essere prioritaria e mi rifiuto di essere considerata una persona che discrimina.

In tutti questi anni di lavoro con i disabili ho riscontrato spesso lo stesso atteggiamento da parte dei genitori: “io ho un problema e tu devi risolverlo e degli altri –che sono “sani” – non me ne frega niente” ma non è così che funziona. Noi possiamo rendere piacevole un’ora di nuoto al bambino ma nel rispetto della sicurezza sua e degli altri utenti, e questo nulla ha a che vedere con la discriminazione.