La grande lezione di Mario Pannunzio, Ignazio Silone, Gustavo Herling, che dopo il secondo conflitto mondiale si dichiararono antifascisti e anticomunisti, sembra oggi dimenticata. Quella del “Mondo “pannunziano che mise insieme uomini come Croce, Einaudi e Salvemini che erano stati ad un tempo antifascisti e anticomunisti perché contro ogni forma di autoritarismo e totalitarismo. Gian Luca Favetto su ”Repubblica“ ha recentemente scritto un articolo dal titolo “Il 25 aprile: un verso di passione, colori, memorie e profumi“ in cui ad un certo punto afferma quanto segue: “Il 25 aprile deve sventolare fiero contro tutti i fascismi, nazismi, totalitarismi“ .Nunzio dell’Erba mi ha segnalato l’articolo che mi era sfuggito In tutto il suo appassionato pezzo, che rivela il valore del critico letterario capace, ma non certo dello storico, non compare mai la parola anticomunismo. A Fratelli d’Italia si imputa la colpa di non voler mai pronunciare la parola antifascismo, ma Favetto e tanti militanti e dirigenti della Sinistra non si dicono mai anticomunisti, commettendo un identico errore. Il comunismo non è stato da meno del Nazismo, anzi dal 1917 al crollo del Muro di Berlino ha seminato milioni di morti, per non parlare della Cina maoista e post maoista. Non basta prendere le distanze dallo stalinismo perché Kruscev che era antistalinista, invase l’ Ungheria. C’è nel comunismo un’anima totalitaria che lo collega al giacobinismo della Rivoluzione francese, inasprito dalla visione marxista – leninista. Nella ideologia totalitaria di Lenin ed anche di Trotskij c’è il naturale ricorso alla violenza e al terrore come armi di conquista e di mantenimento del potere. Stalin non fu una degenerazione di Lenin ma la necessaria conseguenza, la normalizzazione di un regime che non poteva vivere in una “rivoluzione permanente“. Portare il socialismo in Russia stravolse tutti gli schemi utopistici di Marx che comunque ,come colse subito molto bene Mazzini , portava in se ‘una carica anche prussiana di autoritarismo negatore di ogni libertà individuale. Come vide Croce, non era possibile passare dalla dittatura del proletariato del socialismo alla libertà del comunismo. Dopo l’esperienza dei dissidenti russi, da Solgenitsin a Sacharov ,che hanno scoperchiato il vaso di Pandora del comunismo, non è più possibile non dirsi anticomunisti. Girare attorno a questo tema come fanno molti ex missini con l’ antifascismo è un atto di ipocrisia intellettuale e politica. Certo basterebbe una chiara condanna comune nei confronti dei totalitarismi del Novecento, purché non sia un modo elegante per occultarne una parte come fa Favetto. Riccardo Lombardi arrivò a teorizzare l’acomunismo ,prendendosi la severa critica filosofica di Nicola Abbagnano; ci sono intellettuali novecenteschi che vennero accusati di afascismo, mentre molti loro colleghi si fecero comprare dal regime e ne cantarono le lodi , salvo poi diventare comunisti dopo il 25 aprile 1945 .L’ elenco sarebbe lungo. A tanti anni dalla caduta del regime forse anche definirsi afascisti potrebbe avere un senso, ma oggi la polemica politica incandescente richiede chiarezza assoluta. In ogni caso non devono essere i politici a scrivere o a riscrivere la storia , ma debbono essere gli storici. E se ci mettiamo su un piano storico il discorso non appare più riguardare il presente ma il passato. E in questa dimensione può essere collocato anche il discorso di una possibile riconciliazione nazionale come sul terrorismo degli anni di piombo in parte si è realizzato.
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