“Su le dentate scintillanti vette salta il camoscio, tuona la valanga
da’ ghiacci immani rotolando per le selve croscianti :ma da i silenzi de
l’effuso azzurro esce nel sole l’aquila, e distende in tarde ruote
digradanti il nero volo solenne. Salve, Piemonte! A te con melodia
mesta
da lungi risonante, come gli epici canti del tuo popol bravo, scendono i
fiumi…”. Chi non l’ha imparata a memoria e recitata a scuola questa
poesia? Secondo alcuni esperti di storia della letteratura, i versi
dell’ode “Piemonte” vennero composti da Giosuè Carducci durante il suo
soggiorno al Grand Hotel di Ceresole Reale nel luglio del 1890. Nato a
Valdicastello, una frazione di Pietrasanta, nella Versilia lucchese, il
27 luglio 1835, il poeta e scrittore, fortemente legato alle tematiche
“dell’amor patrio, della natura e del bello”, fu il primo italiano —
nel 1906 — a vincere il Premio Nobel per la Letteratura. Questa la
motivazione con la quale gli venne assegnato, vent’anni prima di Grazia
Deledda, l’ambito premio dell’Accademia di Svezia: “non solo in
riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su
tutto un tributo all’energia creativa, alla purezza dello stile ed alla
forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica”. Giosuè
Carducci morì un anno dopo, il 16 febbraio 1907, all’età di 72 anni,
lasciando alla cultura italiana una vasta produzione di poesie,
raggruppate in diverse raccolte: dagli “Juvenilia” fino ai lavori della
maturità. Tra questi ultimi si distingue in particolare la raccolta
“Rime nuove”, composta da 105 poesie, tra cui sono contenuti i versi
più conosciuti dell’autore, presenti in “Pianto antico” ( “L’albero a
cui tendevi la pargoletta mano..”) e “San Martino” (“La nebbia agl’irti
colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il
mar;ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini va l’aspro odor dei
vini l’anime a rallegrar..”). Nella sua produzione non mancano anche
alcuni lavori in prosa, tra cui la raccolta dei “Discorsi letterari e
storici” e gli scritti autobiografici delle “Confessioni e battaglie”.
Alla notizia della sua morte — nella sua casa delle mura di porta
Mazzini, a Bologna — la Camera del Regno ( Carducci, dopo essere stato
a lungo Senatore del Regno era stato eletto alla Camera nel collegio di
Lugo per il gruppo Radicale, di estrema sinistra) sospese la seduta.
L’Italia intera vestì il lutto per la scomparsa del poeta che aveva
cantato il Risorgimento. Durante i funerali, che si svolsero il 18
febbraio, i cavalli che portavano il feretro alla Certosa avevano gli
zoccoli fasciati. Il cuore di Bologna, piazza Maggiore, e molte case
private si presentarono parate a lutto. I fanali lungo il percorso
vennero accesi e “guarniti di crespo”. La salma del poeta, fu
“rivestita dalle insegne della massoneria, alla quale fu affiliato, e molti
massoni partecipano alle esequie”. Pochi giorni dopo la casa e la ricca
biblioteca del poeta vennero donate dalla regina Margherita al Comune
di Bologna. L’ode Piemonte, con i suoi toni enfatici, venne interpretata
in modo umoristico e davvero spassoso dall’attore piemontese Felice
Andreasi durante una trasmissione Rai che si può reperire facilmente
nelle teche Rai o su Youtube.