La situazione della scuola italiana appare davvero molto difficile. A fronte di voti molto alti agli esami di Maturità, la preparazione reale è molto bassa. Un dato allarmante che inciderà anche sulla frequenza universitaria che richiede buone basi di partenza. Troppi di noi che hanno insegnato, hanno constatato già in passato la inadeguatezza di studenti universitari senza prerequisiti minimi. Il Covid e la Dad  – stando ai dati Invalsi – hanno portato  una parte di studenti che hanno acquisito la Maturità quest’anno, ad ottenere una preparazione da III media. E consideriamo che la preparazione della scuola media italiana non è certo brillante ed esemplare. Abbiamo scritto più volte  in questi mesi che la Dad era una scelta obbligata ma che andava impostata con serietà. I docenti italiani non erano pronti per la Dad e  una parte di studenti – va detto –  ha preso sottogamba una scuola senza  reali contatti con i docenti  e senza verifiche periodiche adeguate. Poche scuole hanno superato l’ostacolo che era oggettivamente quasi  insuperabile, malgrado l’impegno di presidi, docenti e personale non docente che, si spera, siano stati tutti vaccinati ma neppure su questo ci sono certezze. Vogliamo  citare come esemplare in senso positivo il liceo classico “Vittorio Alfieri“ di Torino e la sua preside che ha dichiarato ai giornali costantemente delle informazioni e delle prese di posizione che rivelano la sua onestà intellettuale e la sua competenza. Altrettanto possiamo dire per il liceo “Viesseux“ di Imperia e del suo capo d’Istituto. Noi che mi siamo  sempre battuti per la serietà della scuola contro il facilismo permissivo e le promozioni di massa,  eravamo  giunti all’amara  conclusione che sono meglio degli asini vivi che dei sapientoni morti. Anche durante la Seconda Guerra Mondiale si ebbero conseguenze nefaste sulla scuola. Ogni vicenda va comparata e storicizzata. Quindi non ci scandalizziamo , anche se  denunciamo e abbiamo denunciato le carenze del ministro attuale e le gravissime responsabilità della signora Azzolina e del commissario Arcuri che ,insieme al non potenziamento dei trasporti, provocarono il disastro che sappiamo. Il nuovo ministro Bianchi  ha investito nel progetto della scuola aperta d’estate somme non indifferenti. Un’idea sicuramente  positiva soprattutto se volta a tentare di colmare le lacune ereditate da un anno che ha avuto una certa regolarità solo a partire da aprile. Da quanto si apprende i fondi sono andati solo ad alcuni istituti e non ad altri in base a criteri che non vogliamo discutere, anche se appaiono non sempre accettabili  come quello della perifericità delle scuole come elemento preferenziale. Il progetto era finalizzato al recupero delle competenze relazionali oltre che disciplinari degli studenti . Sicuramente la scuola non più in presenza ha determinato delle carenze nella socializzazione tra allievi. Leggendo però come sono stati utilizzati i fondi  da alcune scuole, ci sembra che le competenze disciplinari siano state sacrificate alla socializzazione. Un preside, dopo aver sciorinato tutte le iniziative promosse, ha dichiarato che la sua  scuola non intendeva diventare un oratorio. Excusatio non petita, dicevano i latini, accusatio manifesta. Le lezioni di yoga e le camminate in collina sono solo un esempio. Poche scuole hanno centrato l’obiettivo del recupero disciplinare. I licei classici si sono distinti ancora una volta per la serietà. Al liceo D’Azeglio di Torino si è puntato sul Latino e sul Greco per tutti gli studenti ,una scelta coraggiosa. E il Liceo Alfieri di Torino che di fatto non ha avuto finanziamenti, ha puntato sul recupero didattico in modo massiccio. Il fine della scuola non è socializzare ma istruire. La socializzazione non è un fine ma una conseguenza della frequenza scolastica. Chi la pensa diversamente è ancora fermo alla scuola di  Barbiana di don Milani. Oggi occorre riprendere l’invito, dimenticato dal ‘68 in poi,  di Gramsci: ”istruitevi  perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza“ .Sembra un’idea antica ,ma oggi appare più attuale che mai. Nella scuola del domani non ci sarà più spazio per le perdite di tempo ma tutto  l’impegnò dovrà essere rivolto a preparare le nuove generazioni in termini culturali e civili.