La storia della libertà di stampa in Europa è stata segnata da numerose battute d’arresto. Le prime testate d’opinione nel Settecento venivano censurate preventivamente, poi si passò alla censura post-pubblicazione, che permise a molti punti di vista di essere letti prima di essere inceneriti. Tuttavia, con i continui corsi e ricorsi storici, la libertà di espressione ha subito molte limitazioni anche successivamente, fino alla sua eliminazione con l’avvento delle dittature.

E ora? Tralasciando la solita censura di guerra che vede qualche spettatore fischiare contro la cantante russa durante la prima della Scala, sembrerebbe possibile dire la propria opinione o scriverla sui social network. Eppure, c’è un veleno che pian piano sta entrando nel nostro sistema liberista, forse non troppo liberale, senza che nessuno se ne accorga, nemmeno gli “antifascisti” dell’ultim’ora. Come ai tempi di Croce, l’antifascismo era appannaggio di pochissimi – basta leggere i suoi Taccuini di lavoro per constatare il senso di solitudine con cui portava avanti la sua opposizione al regime – così attualmente resta un problema di quasi nessuno.

Faccio un passo indietro per spiegare cosa intendo. Da anni, quando arrivano le Feste, si solleva la questione se sia giusto regalare ai bambini giocattoli prodotti in condizioni che non rispettano i diritti, non dico dei lavoratori, ma umani. Lo sfruttamento della manodopera anche minorile è tristemente nota. Difficile trovare ormai prodotti made in Italy o made in Europe, il che ci inserisce in un sistema dal quale è pressoché impossibile uscire. Cosicché la lamentela risorge ogni dicembre per appassire ogni gennaio.

Ma dal 2008 ci si è accorti di un’altra faccenda, sollevata ai tempi credo solo dal Corriere della Sera. Molti editori del Vecchio Continente hanno scelto di stampare i libri in Cina, per ridurre i costi. Peccato che il trasporto dalla Cina abbia un costo anche ambientale non indifferente. Peccato che pure i libri per bambini non vengano più preparati dalle tipografie italiane (ricordo quando venivano stampati a Cles) o europee. Peccato che i contenuti vengano censurati. Addirittura in Cina è stato vietato Winnie the Pooh. Mi sono anche chiesta quali siano le condizioni dei lavoratori nelle stamperie cinesi. Ma non ho trovato nessun dato in proposito.

Pare che la libertà di stampa non sia un problema quando si compra un libro.

E allora, conta solo il pensiero e… auguri di buon Natale!