Ero seduta nella prima fila di banchi, nell’aula del primo piano di Lettere, a Palazzo Nuovo, in attesa della lezione di greco del Prof. Antonio Maddalena, il mio grande Maestro con cui ebbi l’onore di laurearmi. Ero all’inizio del corso, e, al di là delle discipline caratterizzanti del piano di studi, quali Letteratura Greca, Letteratura Latina, Filologia Greca, Filologia Latina, Storia della Lingua Greca, Storia della Lingua Latina, Grammatica Greca, Grammatica Latina, Glottologia, stavo pensando ad altre possibili materie da inserire nel mio percorso di Filologia Classica. Fu così che, parlando a questo proposito con due mie compagne vicino a me, scambiandoci diverse opinioni, abbiamo pensato al Sanscrito, l’antica lingua indiana così determinante per la storia della linguistica antica, e alla Letteratura che di quella lingua è espressione fervida e meravigliosa. Dopo il “finis” con cui il bidello, bussando alla porta dell’aula, sanciva il termine della lezione, e ricordo che il Prof. Maddalena a quel “finis” si interrompeva immediatamente, talvolta lasciando di proposito la parola a metà, quasi per scherzare con noi studenti, Lui, il grande coltissimo Docente dagli occhi di ghiaccio che incuteva riverenza e rispetto, e anche un po’ paura. Terminata dunque la lezione di greco, mi avviai alla ricerca del Dipartimento di Orientalistica, che era sito proprio di fronte all’ingresso dell’Università, davanti alla scalinata, in un posto ammezzato, difficile da trovare, era come nascosto nei meandri del Palazzo. Scesi dunque, aprii la porta a vetri, e mi trovai in un luogo un pochino angusto, con un piccolo corridoio che dava su poche aule tra cui l’aula degli Assistenti e lo studio del grande cattedratico Oscar Botto. Con estrema timidezza, ma forte della mia bella giovinezza e desiderosa di sapere, ebbi il coraggio di bussare a quella porta per informarmi sulla disciplina antica. Avevo davvero timore di essere allontanata con stizza, per aver osato tentare di chiedere direttamente notizie al Direttore del Dipartimento, che invece mi accolse con delizioso garbo e squisita eleganza di parole e di gesti, la sua voce gentile ma ferma, limpida nel tono, esprimeva nel dire l’infinita cultura del suo sapere e nel contempo la semplicità nel rivolgersi a me, timida studentella, mi colpì, ed ebbi l’ardire di porgere domande su quel mondo a me sconoscito. Mi spiegò con paziente cortesia l’essenzialità della lingua e la patina meravigliosa delle opere della Letteratura Indiana. Rimasi attratta da tutto quello scibile, e da allora iniziai a studiare sanscrito e Letteratura Indiana, seguendo con attenzione le lezioni del Maestro, che meritava uno spazio molto più ampio di quel seminterrato modesto  in cui si trovava a svolgere la sua alta attività di Docente. Ma che lezioni! E con che cura di particolari, e con che maestria nel commentare i luoghi di linguistica e la dolcezza abissale delle opere dei grandi autori dell’India antica. E così continuai il mio percorso di filologa-classica, con apertura all’Oriente fascinoso. Ero così appassionata al sanscrito e alla Letteratura che una mattina ebbi la forza di rifiutare un 30/30 perché desideravo la lode, replicai l’esame ed ebbi la lode. Un giorno, nel corridoio di Palazzo Nuovo, poco prima di scendere nell’ammezzato di Orientalistica, incontrai l’illustre Professore, che mi chiese se volevo laurearmi con Lui. Risposi, ahimè, che la mia strada era legata al greco, la mia scelta era fatta, non potevo ritrarmi, e rifiutai un così importante invito. Ricordo che il Professore gentile e dalla cultura infinita, ebbe la delicatezza di accogliermi ancora dopo la mia laurea in Filologia Classica nel suo Dipartimento e mi affidò la traduzione di un dramma sanscrito. Non solo, ebbe la generosità di affidarmi la cura di alcune voci di Orientalistica del Grande Dizionario Fedeli, edito dalla UTET. Un grande Maestro, che ricordo con affetto reverenziale e stima immutata dopo tanti anni.  Certo è che la fama internazionale di uno studioso tanto illustre non può essere contenuta in poche righe, ma ci provo. Nato a Torino il 10 luglio 1922, il Prof. Oscar Botto è stato una delle personalità più eminenti, a livello mondiale, nel settore degli studi orientalistici e, in particolare, delle discipline indologiche. Egli ha fondato nel 1963, presso l’Università di Torino, l’Istituto di Indologia, primo nucleo del Dipartimento di Orientalistica; nel 1981 ha creato il Centro Piemontese di Studi sul Medio ed Estremo Oriente (CESMEO), insieme alla Regione Piemonte, alla Provincia, al Comune e all’Università degli Studi di Torino. Professore Ordinario di Indologia e Direttore del Dipartimento di Orientalistica presso l’Università di Torino, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Accademia delle Scienze di Torino, della Société Asiatique di Parigi, della Royal Asiatic Society di Londra, dell’Akhila Bharatiya Sanskrit Parishad di Lucknow, della Royal Academy of Letters, History  and Antiquities di Stoccolma, Premio Nazionale del Presidente della Repubblica per le Scienze Morali, Storiche e Filologiche (1986), Gran Sceau de l’Université de la Sorbonne Npuvelle, Paris III (1987), Vice Presidente della International Association of Sanskrit Studies, Presidente dell’Associazione Italiana di Studi Sanscriti, del Centro Piemontese di Studi sul Medio ed Estremo Oriente e del Premio Internazionale “Torino e l’Oriente”. Ha fondato il periodico “Indologica Taurinensia”, di cui è stato Direttore,  ha avuto la direzione di diverse collane di pubblicazioni di carattere scientifico e di alta divulgazione. Ha diretto l’imponente opera in 4 volumi dal titolo “Storia delle Letterature d’Oriente” (Milano, 1969), alla quale ha dato il suo contributo con la più ampia trattazione in lingua italiana sulle “Letterature antiche dell’India”. Autore di volumi fondamentali nel settore indianistico, quali “Il Bubbhismo” (Milano, 1969), “Il Nitivakyamrta” di Somadeva Suri (Torino, 1962), “Letteratura classica dell’India antica” (Roma, 1964), “Letterature antiche dell’India” (Milano, 1969), “Buddha e il Buddhismo” (Fossano, 1974, e Milano 1984). Tra il 1950 e il 1985 ha pubblicato preziosi saggi per diffondere una più qualificata conoscenza delle culture e delle civiltà dei popoli orientali, dimostrandosi ricercatore esemplare e autentico Maestro della filologia sanscrita. I suoi studi sul Buddhismo si aprono a un discorso che continua a mantenere una vitale attualità: le linee maestre, riconducibili o non riconducibili che siano nelle categorie di pensiero occidentali, restano per l’umanità tutta un innegabile patrimonio di valori spirituali, religiosi ed umani, che l’insigne Maestro ha saputo esemplificare con chiarezza, dando luce a esperienze speculative svariate e molteplici. Un insegnamento legato ai suoi studi che spaziano in ogni campo dell’Indologia e vanno dalle ricerche sulla poesia epico-artistica alla poesia lirica, dalla letteratura didattico-moraleggiante alla narrativa, alla scienza politica dell’India antica. Un Maestro di eccelsa cultura, il Prof. Oscar Botto, uno Studioso la cui fama trascende qualsiasi pur deferente e affettuoso omaggio.

Gabriella De Blasio