I festeggiamenti per il centenario dell’associazione ex allievi dello storico “San Gip” di Torino non possono essere ignorati, come ha fatto il quotidiano “La stampa” perché quella scuola è parte integrante della storia della scuola italiana ed ha avuto tanti ex allievi illustri, come si può vedere anche in internet. La mia permanenza  come allievo nel Collegio ha coinciso  con gli anni migliori della mia vita e non lo dico perché essi sono banalmente quelli della mia  giovinezza. Lo dico da storico perché gli Anni 60, precedenti al ‘68, sono stati tra i migliori della storia repubblicana. Nei cento anni del Collegio credo risaltino tra quelli più fecondi perché stavamo  godendo i frutti della difficile ricostruzione post- bellica . Anche sotto il profilo degli studi sono stati anni che favorivano la concentrazione perché l’ansia del divertimento non aveva ancora preso il sopravvento . Così li storicizzo oggi, ma se indago più a fondo nella mia vita ,non posso dimenticare che erano anche  anni difficili perché la disciplina famigliare e scolastica non concedeva molto ed io cominciai da giovanissimo a voler pensare con la mia testa  . Bisognava studiare con grande impegno e io allora – lo confesso-non avevo la voglia necessaria se non per alcune discipline  . C’erano grandi professori come Pierangelo Beltramino in Ginnasio o la titanica figura di fratel Enrico al Liceo , c’era un clima austero e severo ,ben rappresentato dall’elitaria   figura del direttore fratel Felice Cometto sempre pronto  ad istigarci verso il meglio e tutto ciò rappresenta, insieme al costante richiamo ai valori cristiani- proposti, mai imposti – l’essenza stessa che distingueva il Collegio da altre scuole . Il “San Gip” aveva una sua identità che lo distingueva e che mi portava quasi a rivaleggiare con i miei cugini allievi  del Real Collegio ”Carlo Alberto“ di Moncalieri  a cui sarebbe andata, lo dico con sincerità ,la mia predilezione : indossare la divisa blu dell’esercito sardo con lo spadino mi sarebbe piaciuto moltissimo e avevo  un  grande ,ammirato affetto per un mio zio ex allievo a Moncalieri ,che era stato ufficiale del  “Nizza “ e combattente eroico nella Resistenza, il Barone Guglielmo Fusilli . Ma la scelta cadde sul “San Gip” perché a casa mia comandava mio padre e certe sue decisioni erano insindacabili . Così accadeva nelle vecchie famiglie piemontesi come la mia . Per me e la mia famiglia certe cose erano importanti e ,ad esempio ,la lapide degli ex allievi Caduti in guerra all’ingresso del Liceo San Giuseppe  era motivo di riflessione, almeno per me .Ricordare i Caduti a scuola non era cosa frequente in quegli anni. Il 24 maggio 1965, cinquantenario della Grande Guerra, fu ricordato in tutte le classi con l’inno del Piave. Una cerimonia breve, non retorica ,indimenticabile .Al Collegio sono tornato quando venni nominato  commissario governativo nel 1997 ed ebbi modo di assistere agli scrutini e di ratificarli ,di leggere i fascicoli personali dei docenti e  di essere accolto da fratel Enrico all’ingresso insieme al direttore . Visto “dall’interno” il collegio mi apparve splendido nel suo funzionamento anche per l’umanità profonda dei professori anche  più severi. Fu un’esperienza molto bella. Qualche volta, passando  frettolosamente in via San Francesco da Paola , mi fermo nella cappella per qualche minuto di raccoglimento . Ogni anno organizzo la cerimonia conclusiva del premio “ Mario Soldati “ al Collegio . Una volta feci incontrare Mario Soldati con fratel Enrico . Fu un’occasione  splendida .Difendevamo con argomenti simili le ragioni del liceo classico minacciato e ,più in generale ,della classicità . Peccato che  allora non ci fossero i telefonini per registrare uno   straordinario rendez -vous  tra l’effervescenza dello scrittore e il rigore filologico del maestro .Fratel Enrico da quel momento venne parecchie volte a parlare al Centro Pannunzio, donandoci la sua scienza e la sua umanità senza pari.