La fragilità di questo governo è stata fin dall’inizio individuata dal fatto che una donna ne avesse la leadership. Credo che un po’ tutti ricordino le occhiate che corsero tra Berlusconi e Salvini quando la delegazione tripartita si presentò al Colle e fu Giorgia Meloni a parlare a nome di tutti.
L’opposizione colse allora la palla al balzo sottolineando la novità di una donna al governo, compiacendosi del fatto. Mossa astuta, ben sapendo come una cultura sostanzialmente maschilista prevalga nella coalizione di governo. Al punto di pretendere atteggiamenti da “virago” nelle donne che si prestino alla politica, di tali atteggiamenti compiacendosi apertamente con la Presidente del Consiglio dei ministri. Presidente che oggi si destreggia tra Ucraina, Israele e U.S.A., tentando al tempo stesso improbabili mediazioni con gli stati dell’Africa del Nord, da cui partono i barconi dei migranti che continuano a sbarcare (anche se non tutti) sulle coste italiane, a costo della propria vita.
Se il governo cadrà a breve, sarà per tensioni interne e perché il padrino più qualificato della Meloni, Ignazio La Russa, non potrà, per motivi istituzionali, sbracciarsi più di tanto in difesa della sua pupilla.
Volendo essere disincantati e “obiettivi”, il fango piovuto addosso alla Meloni per le vicende della sua vita privata non fa onore a un giornalismo che confonde informazione e pettegolezzo, col pettegolezzo che diventa arma impropria che assai poco elegantemente si abbatte su un avversario.
Per chi però, voglia vedere un po’ aldilà delle apparenze, potrebbe intendersi che, negli spazi del sottopotere di Mediaset, si vada consumando una qualche piccola vendetta che il giornalismo si prende verso l’editoria. Ma è questo un discorso assai complesso che rischia di partire per una tangente che fatti improvvisi basterebbero a smentire in poco tempo. Ci sono famiglie nelle quali si ama lavare i panni sporchi nel segreto delle pareti domestiche.
Mirando alla sostanza dei fatti, si potrebbe avanzare un’ipotesi. Nella prospettiva che prima o poi questo governo, che già vacilla da tempo, dovesse cadere, le altre due componenti che oltre Fratelli d’Italia ne fanno parte, non vogliono tuttavia rinunciare al “potere” acquisito. Perciò, a costo di spostarsi un po’ verso il centro – con Renzi (maestro della strategia dell’attesa) che si è spostato dal centro sicuramente non verso la sinistra –, Lega e Forza Italia potrebbero pensare a un rimpasto, estromettendo, oltre alla Meloni comunque indebolita, qualche ministro scomodo di Fratelli d’Italia, sostituendolo con qualche esponente dei partiti che dall’esterno appoggiano l’attuale compagine governativa.
Va detto che sarebbe una mossa astuta ma non del tutto capace di garantire la sopravvivenza del governo, tri o quadri o pentapartito, fino alla fine della legislatura. Che è quanto l’opposizione, ancora prudentemente divisa, non può fare altro che augurarsi.
L’ideale sarebbe, a prescindere da ogni pregiudiziale di “partito”, che il governo implodesse per il bene di una democrazia che non può fondarsi sul “senso comune” troppo spesso confuso in Italia col buon senso. Il buon senso consiglia infatti che i principi di una Costituzione, un po’ vecchiotta, ma creata da eminenti giuristi e autentici uomini politici, valgono più dei proverbi e dei luoghi comuni.