Giovanni Adducci, dopo aver affrontato, nei suoi numerosi testi, le sorti dei più importanti personaggi dell’epopea garibaldina e del primo Novecento, si cimenta oggi in un libro molto autobiografico. Da buon “Sessantino”, pur avendo vissuto quegli anni da bambino e adolescente, in questo suo ultimo lavoro apre al lettore una finestra temporale su un nostro più recente passato, dandogli modo di visitare una parte della nostra storia a suo modo di vedere indimenticabile, irripetibile, i migliori anni che ci è stato concesso di vivere. Ripercorre la propria adolescenza, vissuta durante “Quei favolosi Anni Sessanta”, con un po’ di nostalgia, ma anche tanta amarezza, notando quanto tutto sia cambiato fino ad oggi. Partendo dall’ambiente familiare e sociale, raccontato attraverso l’esperienza delle vacanze e del mare, l’autore ci introduce al quinquennio più emblematico di quel periodo, che va dal 1962 al 1967. È un periodo ambientato in una Roma ancora in seno alla “Dolce vita”, non solo cinematografica, ma anche sociale ed economica. Egli è anche obbiettivo testimone di uno sviluppo edilizio scriteriato, grazie alla sua stretta parentela con uno dei più noti imprenditori di quel periodo, ma è soprattutto nell’esperienza scolastica che sottolinea l’abissale differenza tra l’essere stato uno studente e l’essere oggi un’insegnante, con oltre trent’anni di carriera. Non mancano i riferimenti agli eventi più solari del quinquennio, tra cui le Olimpiadi, il famoso film “Il Sorpasso”, ma anche a quelli più bui, come il vile attentato al presidente americano John Fitzgerald Kennedy o la tragedia del Vajont. In alcuni capitoli del libro, l’autore si è avvalso anche di testimonianze dirette per raccontare il mondo canoro di Sanremo e del cinema. Per sua scelta personale, chiuderà il racconto col 1967, che egli considera giustamente l’inizio della fine della belle Époque. Trascorso questo, fu tutto un altro discorso. “Quei favolosi Anni Sessanta” rimane dunque una memoria storica che documenta e insegna, dedicata a tutti quelli che, come Giovanni Adducci, credono ancora in quegli anni, ma anche a coloro che vogliono saperne di più.