Renato Rascel, nome d’arte di Renato Ranucci, era un’artista incredibilmente versatile, indimenticabile protagonista del teatro leggero italiano che nella sua lunga carriera di attore, comico, cantautore e ballerino si cimentò in moltissimi ruoli. In molti, tra i non più giovanissimi, lo ricorderanno protagonista dei più importanti spettacoli dalla rivista alla commedia musicale, dall’intrattenimento televisivo e radiofonico, dall’operetta al teatro. Non tutti sanno però che nacque casualmente a Torino il 27 aprile del 1912, durante una tournée della compagnia di cui facevano parte i suoi genitori, il cantante di operetta Cesare Ranucci e la ballerina classica Paola Massa, artisti che lavorarono anche con il grande Ettore Petrolini. Il piccolo Renato passò così i primi giorni di vita in una cesta di vimini dietro le quinte dove i genitori, a turno, si prendevano cura di lui tra una scena e l’altra. Venne poi battezzato a Roma, nella basilica di San Pietro per volontà del padre “che volle confermare la sua romanità risalente a sette generazioni”. Nascendo in una famiglia d’artisti fu normale che anche Renato sentisse il richiamo della scena e così, fin da piccolo, si ritrovò a calcare i palcoscenici di compagnie filodrammatiche e teatrali. A dieci anni entrò a far parte come soprano nel coro delle voci bianche della Cappella Sistina. Grazie alla sua travolgente simpatia e ad un innato talento fece tutta la trafila che lo portò dalla gavetta al successo. Dotato di uno spiccato virtuosismo suonava la batteria, ballava il tip-tap, si esibiva come cantante, debuttando sul palcoscenico nel 1934 vestendo gli abiti di Sigismondo ne Al Cavallino bianco, l’operetta più nota e popolare dopo la Vedova Allegra. L’esperienza lo portò a inventare un suo personaggio che lo rese riconoscibile al grande pubblico. La bassa statura e il fisico esile gli suggerirono la celebre, esilarante e surreale interpretazione del Corazziere. Elaborò sketch e canzoni diventate delle vere pietre miliari della rivista, al fianco di grandi attori e autori come Garinei e Giovannini. Con la sua compagnia teatrale mise in scena nel 1952 uno spettacolo, Attanasio cavallo vanesio, che ottenne un clamoroso successo, confermandolo tra i più amati beniamini del pubblico italiano. Un successo che replicò con Alvaro piuttosto corsaro, Tobia la candida spia, Un paio d’ali, girando per i teatri di una Italia desiderosa di svago e divertimento. Si cimentò nel cinema con i suoi personaggi senza tralasciare ruoli più impegnati come ne Il cappotto (tratto da un racconto di Gogol’) con la regia di Alberto Lattuada e Policarpo ufficiale di scrittura, diretto dal torinese Mario Soldati. Rascel fu anche protagonista di una grande e commovente interpretazione nei panni del mendicante cieco Bartimeo nel Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli. Compose anche molte canzoni, alcune delle quali riscossero un successo che varcò i confini nazionali entrando a far parte del nostro repertorio popolare come Arrivederci Roma, Romantica ( che gli valse il trionfo al Festival di Sanremo nel 1960), Te voglio bene tanto tanto, E’ arrivata la bufera. I ragazzi della mia generazione lo ricordano in televisione con la veste talare del protagonista de I racconti di padre Brown, sceneggiato prodotto e messo in onda dalla Rai nel 1970. Risale a quello stesso anno la sua ultima interpretazione in una commedia musicale di Garinei e Giovannini (Alleluja brava gente) dove Renato Rascel ebbe l’onere di sostituire all’ultimo istante il famosissimo Domenico Modugno con un giovane Gigi Proietti, pressoché sconosciuto al pubblico. Morì dopo una lunga malattia il 2 gennaio del 1991 lasciando in eredità una lunga e ricca carriera che lo vide al tempo stesso innovatore e rappresentante autentico della storia nobilmente popolare della commedia italiana.