In un momento così critico per l’Italia, afflitta da alluvioni, grandinate e incendi, non è fuori luogo ricordare Renzo Videsott, pioniere dell’ambientalismo e protagonista dell’alpinismo italiano. Pur essendo originario di Trento, egli – era nato il 10 settembre 1904 – si formò nell’Ateneo di Torino, dove si laureò nel 1928 in medicina veterinaria, insegnando poi nella città subalpina patologia e clinica medica. Tre anni prima è già considerato un eroe dell’alpinismo italiano grazie alla lezione di Luigi Scotoni  (1891- ?), suo mentore e amico, che lo introdusse nella Società degli alpinisti trentini e nel Gruppo di Brenta.

    Segnalatosi in una serie di imprese come la scalata alla Cima di Brenta, Videsott divenne alla morte di Scotoni il rappresentante dell’alpinismo dolomitico, nutrendo verso di lui una tale devozione da considerarlo un maestro di vita e di arrampicata al punto di porlo come modello ideale accanto a George Mallory (1886-1924), il primo alpinista a tentare a più riprese la conquista dell’Everest.

    Prima cacciatore e «sterminatore di selvaggina d’alta montagna», e poi «vero apostolo della natura», come ricorda Luigi Piccioni nella biografia Primo di cordata. Renzo Videsott dal sesto grado alla protezioinne della natura (prefazione di Armando Aste e Fulco Pratesi, Tipografia Editrice Temi, Trento 2010). Ma un giorno, di fronte ad un camoscio ferito a morte, cambiò atteggiamento verso gli animali e giurò di «impegnarsi per la specie stambecco e per l’istituzione di un parco».

      Durante la Seconda guerra mondiale Videsott militò nelle file del movimento partigiano e strinse amicizia con Federico Chabod, il quale lo aiutò nel suo impegno contro l’estinzione dello stambecco e, con il beneplacito del comando alleato, riuscì a riorganizzare il Parco del Gran Paradiso. Così nel 1948 realizzò il suo progetto con la promozione e la rinascita del Parco, che sottrasse all’incuria della politica e della devastazione bellica.

     Con Tommaso Gallarati Scotti il 25 giugno 1948 Videssot fondò il Movimento italiano per la Protezione della Natura. Lo stesso anno diventò direttore del Parco, ricostituì l’organico dei guardiaparco e rinnovò la rete dei sentieri e dei casotti di sorveglianza per porre fine al bracconaggio. Per la sua politica innovativa, volta alla protezione della natura, egli fu sottoposto ad aspre critiche dai valligiani, che il 28 dicembre del 1968 chiesero la testa del loro direttore. Così alcuni membri del Parco nazionale del Gran Paradiso, nominati dalla regione Valle d’Aosta, presentarono una mozione contro Videsott «per una serie di addebiti e una richiesta di sospensione». Egli reagì con un minuzioso memoriale, dove ripercorse il suo operato venticinquennale (cfr. Il Parco nazionale del Gran Paradiso nelle lettere di Renzo Videsott, a cura di Franco Pedrotti, Tipografia Editrice Temi, Trento 2007, pp. 461-490).

    Nonostante ciò, Videsott rassegnò le dimissioni e mantenne fede ai suoi ideali di visionario con il vizio di agire in fretta e di guardare lontano. Alla sua morte, avvenuta a Torino il 4 gennaio 1974, l’alpinista e musicologo Massimo Mila scrisse un necrologio e cosi ricordò l’amico scomparso: «Molti ricordano quel simpatico gruppo di “dolomitici” che sotto i portici di piazza Carlo Felice, tutti i giorni dall’uno alle due, iniziavano i rustici alpinisti torinesi ai dolci segreti del canto corale alla trentina».

    Morto in solitudine e dimenticato negli anni successivi, Videssot fu ricordato a Torino l’11 ottobre 1985 in un convegno sui parchi. Solo nel 2000, quando l’Associazione amici del Gran Paradiso gli dedicò un sentiero a Videsott, quello che si stacca dalla destra che da Ceresole va al Nivolet e dove è facile trovare branchi di stambecchi.

iere dell’ambientalismo