Gino Piccioni nacque a Foligno nel 1873 e morì a Biella – Cossila San Grato nel 1941. Ebbe come maestri Achille Vertunni e Roesler Franz. Lavorò molto in Germania e suo genere preferito furono i ritratti ed i paesaggi. L’artista, sotto la guida di Ferrari, dopo il 1916 si dedicò anche alla scultura. Molteplici le esposizioni che lo videro partecipante. Egli nel 1899 fu alla mostra di Venezia con L’Aniene presso Tivoli e nel 1900 fu alla Triennale milanese con Contadino del Lazio e Mattino grigio nell’Oliveto. Nel 1902 espose a San Pietroburgo opere quali Giovinezza e Saluto dei beneficati. Nel 1910 e nel 1912 fu attivo a Milano. A Biella, tra i lavori scultorei, lasciò la Fons Vitae creata del 1936; notevole, tra le opere pittoriche, la scena di putti scherzanti con fiori, simbolo della Primavera, dipinta in sovrafinestra nella sala da pranzo della villa ex Converso a Cossila San Grato. Proprio a firma di Gino Piccioni, in una collezione privata, ho rinvenuto un pastello su carta, di cm 70 x cm 75, raffigurante un soggetto davvero particolare. Si tratta di un omino schizzato velocemente e posto accanto ad una macchina per il lavaggio tessile. L’opera è evidentemente un bozzetto. Deriva da un acquisto effettuato sul mercato antiquario di Tourcoing e non ha indicazione di data. È un lavoro interessante che arricchisce il taccuino figurativo di tale artista. Si tratta, per il Piccioni, di un uomo che fu fortemente impegnato ad eternare i valori della famiglia, della patria e del lavoro. Demetrio Tabacco sulla rivista “Illustrazione biellese” del dicembre 1933, commentando la tomba monumentale realizzata da questo artista per la famiglia Bertotto a Vallemosso, così si espresse: “L’opera compendia in sintesi con armonica fusione d’assieme architetturale, sculture, bronzi, dipinti e marmi, e l’artista proteiforme si rivela in tutta la sua potenza d’espressione drammatica e le sue statue, i suoi altirilievi ed i suoi dipinti si animano e palpitano, in un’atmosfera di arcano misticismo che persuade e commuove”. E ancora: “Gino Piccioni […] lascia alla nostra regione [il Biellese] il segno tangibile della sua geniale operosità fattiva, tutta rivolta con fede ed entusiasmo alla realizzazione dei più puri ideali, eternati nei marmi e scolpiti nel bronzo per la glorificazione della Religione, della Patria, e per la santificazione della Famiglia e del Lavoro”. Ma poniamo attenzione alla nostra opera pittorica. Quella dipinta con dovizia di particolari dal Piccioni è, senza dubbio, una macchina con tutte le caratteristiche per il lavaggio della lana della ditta Petrie & Mac Naught, di Rochdale in Inghilterra. Una ditta importante che vide la propria costituzione nel 1936 ragion per cui, considerando che il pittore morì, come si è detto, nel 1941, parrebbe ben circoscritto l’arco cronologico di datazione di questo dipinto. Per sapere come avveniva il processo di lavaggio della lana in tale tipo di macchina si può leggere quanto riportato dal lavoro di H. Needham e W. Parkin su “Textile Institute and Industry” del luglio 1964 (archivio privato Ing. Bruno Mario Carrera): “Prima che sia possibile qualsiasi intervento meccanico è necessario togliere dal grosso del materiale le impurità, cosa che viene effettuata durante il lavaggio della lana in modo che il prodotto lavato risulti pulito, relativamente non aggrovigliato e senza che vengano indebolite le sue caratteristiche naturali. Sebbene si siano avuti dei miglioramenti, la maggior parte degli impianti di lavaggio della lana usano ancora il sistema ad emulsione. Viene impiegata una soluzione acquosa di sapone e carbonato di soda a temperature di circa 43-54 gradi in modo da sciogliere il grasso della lana solubile in acqua ed emulsionare il grasso e le impurità minerali. In questo punto della lavorazione non viene fatto nessun tentativo di rimuovere le parti vegetali che possono essere contenute nella lana, ma una piccola quantità di queste può staccarsi dalla lana durante il lavaggio. Un tipico assortimento di macchine per il lavaggio della lana comprende quattro vasche contenenti il bagno di lavaggio, ogni vasca è fornita di mezzi che spingono avanti lentamente la lana e di una coppia di cilindri fortemente pressati all’estremità di uscita per eliminare il bagno ed emulsionare le impurità”. E ancora: “Essendo ogni agente impiegato nell’emulsione di lavaggio, necessario per un risultato soddisfacente, è importante che il loro uso sia controllato attentamente altrimenti la lana può essere irrimediabilmente danneggiata. Recentemente si è avuto un aumentato interesse sulla possibilità di un lavaggio neutro con l’uso di detergenti sintetici di tipo non ionico e senza l’aggiunta di alcali. Questi tentativi hanno dimostrato che si possono ottenere risultati molto soddisfacenti senza il rischio di causare danni alla lana e che sono possibili diminuzioni di spese. L’uso di tali detergenti su larga scala è però trascurato a causa dei problemi causati dal trattamento dei sottoprodotti di lavaggio”. Orbene, se si esaminano nel dettaglio i particolari meccanici della macchina raffigurata nel nostro dipinto, si deve ipotizzare il fatto che essa abbia avuto un utilizzo diverso dalla sua originale funzione di lavaggio della lana in sucido. Si possono, infatti, notare in modo evidente sei segni di scorrimento di materiale colorato sul manicotto di cuoio fungente da tavola di alimentazione che fanno pensare all’esistenza di nastri tinti e qui sottoposti al lavaggio, ragion per cui la macchina in tale assetto lavorerebbe come lisciatrice per il lavaggio di nastri tinti. A conferma di quest’ipotesi sullo sfondo dell’opera pittorica si notano i nastri uscenti dalla macchina dopo il trattamento e in scorrimento su un rullo di essiccatoio. La macchina raffigurata nel nostro dipinto dall’Inghilterra, terra di origine, ebbe una diffusione a largo raggio. Giunse anche nel Biellese e qui la Pettinatura Italiana di Vigliano Biellese volle introdurla nel suo circuito di produzione. Si tratta, dunque, per quest’opera di un manufatto artistico notevole che ci permette di aprire una curiosa finestra sul mondo non solo artistico, ma anche imprenditoriale dell’epoca.
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