Protagonisti: Esterina, la moglie; Tommasino, il marito; Carlo, amico di Tommasino.

Al caffè

T-Sai, Carlo è sempre più difficile con lei, non hai idea delle complicazioni, mai una risposta chiara, lineare, pertinente!.. Solo sempre giri di parole, prediche o che so io, è stressante credimi, dovresti provare…-

C-Ehi, perché non provi a registrare qualche passaggio, tu le fai una domanda e vediamo cosa ti risponde, forse posso aiutarti, forse non siete sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, capita sai dopo diversi anni insieme…-

T-Non ce la faccio più davvero, ma proverò a fare come mi consigli: registro e ti faccio ascoltare le sue risposte, come mi apostrofa, ..-

C– E a letto come va? Scusa se mi permetto, ma almeno nell’intimità siete vicini? Lei dismette l’atteggiamento così difficile da decifrare?-

T – Ah! altro punto dolente, ma questa è un’area riservata, non so… sono incerto se…-

C- Come vuoi, capisco benissimo, mi raccomando sii naturale, lascia che lei si esprima liberamente, non deve assolutamente sentirsi sotto controllo.. –

A casa

T -Ciao cara, tutto bene? Sento un profumino, scommetto che hai preparato un piatto speciale stasera…

E – Innanzi tutto a domanda espressa occorre attendere risposta e non procedere dando per scontato il tutto e sminuendo così il mio ruolo di interlocutrice. Inoltre scommettere non appartiene all’alveo  delle ipotesi da prendere in considerazione: è attività plebea, profondamente disdicevole..

T –Ma cara allora ti faccio una domanda precisa: hai preparato qualcosa di speciale?

 E- L’insistenza sul quesito è di dubbio gusto: ritieni che io abbia bisogno di una ulteriore sollecitazione o che, peggio, non abbia ben compreso il significato della precedente allocuzione?

T -No certo, hai compreso benissimo, era solo che mi sarebbe piaciuto essere sorpreso da una tua iniziativa in cucina…

E-Quindi non ti interessa tanto il mio impegno eventuale, bensi il gusto della sorpresa, un’infantile ritorno ad un tratto adolescenziale per porti al riparo dalle responsabilità di un’eventuale delusione..

T -No guarda cara, lasciamo stare, ceniamo?

E – Lasciar stare una qualsivoglia questione è indice di codardia, di mollezza di istinti, con quale spirito ora potremmo cenare? Ti rendi conto della superficialità del tuo atteggiamento?

T -Beh, come vuoi, io vado in cucina, apro il frigo e mi spadello 2 uova. Se credi possiamo condividere..

E – Ecco è evidente che l’interesse per la mia cucina era solo un espediente per soddisfare il tuo appetito, tanto che ora ti accontenti di 2 uova rinunciando così facilmente alla mia preparazione.

T -Esterina, ti prego, basta! Non ho più appetito, ma vieni qui, lasciati ammirare, sei molto carina desiderabile…

E –Blandire l’interlocutore è azione riprovevole, e…

T -No, è che ti trovo davvero desiderabile stasera..oddio volevo dire SEMPRE, ma stasera ancor di più…

E -Certo, l’assenza di ogni argomentazione plausibile fa vertere il discorso sui temi di una discutibile proposta di approccio che coinvolga la sessualità …

T -Sia come sia, spegniamo la luce, avvicinati, è tanto tempo che non stiamo vicini…

E -Accetto consigli, se motivati, ma non tollero esortazioni soprattutto in un contesto di ipotizzabile intimità..

T –Cosa devo fare? Cosa devo dire? E’ possibile che non ci si possa mai intendere?

E -Ma certo! Basta tenere presenti sempre i punti del “contratto di relazione” che stipulammo dieci anni fa. Questa  tua serie di domande retoriche sono o non sono evidenti appelli dettati da una palpabile esasperazione, che ritengo immotivata e addirittura offensiva ? Rispondi in merito.

T -Ma io ho tenuto sempre presenti i punti del “contratto di relazione”, solo che non so mai come comportarmi con te, ogni mia parola suscita reazioni indesiderate… Come posso avvicinarmi a te?

E -Mi pare proprio che questa non sia la sera adatta! Non ti rendi conto di avere esagerato ad abusare della mia tollerante compiacenza nel darti ascolto?

T -Esterina, io vado a letto, buonanotte,… sul divano, certo.

Al caffè

T -E allora Carlo cosa ne dici? Hai sentito?

C –Tommasino, è un caso molto complicato, avevi ragione, io non potrei resistere. Hai provato con una serie di azioni manuali?

T –Cosa… Cosa intendi?

C –Si, dico, sberle, ma non forti, non schiaffoni, sberlettine, mentre la trascini per i capelli…

T -Carlo, per carità, cosa dici! Io amo Esterina…

C -E allora non resta che la messa in scena di un tentato suicidio. Le lasci un biglietto dove le chiedi scusa, la saluti per sempre e vediamo la sua reazione..

T -Ma.. non so… non ne sono capace… e poi lei si spaventerebbe, forse potrebbe svenire…

C –Tommasino ascolta: ti aiuto io per la messa in scena, andiamo a casa tua un pomeriggio in cui lei è lontana..

T -Ma poi, come giustifico la messa in scena? E se mi lascia per sempre?

C -Se ti lascia per sempre, e magari, acquisisci dieci anni di vita pura!

A casa dei coniugi

C-Ecco Tommasino, prendi il barattolo di pomodoro, apri la camicia. Spargi il tutto sul petto e sulle mani, vai in bagno e stai appoggiato alla vasca, con il capo riverso all’interno, ma prima occorre lasciare il biglietto..

T –Cosa scrivo? “Amore ti lascio non ce la faccio più, non riesco a farmi amare da te, neppure a farmi capire”…

-C –Un biglietto secco e franco: “Cara Esterina, mi hai condotto al gesto estremo, ma ti amo”.

T –Ecco…(porge il biglietto e lo deposita sul tavolo in cucina)

C -Ti lascio Tommasino, fammi sapere…

–                                                                         Rientra Esterina

E – Che disordine in cucina! Sei rientrato? Ma guarda, sul tavolo un biglietto: Cosa? Io ti ho condotto al gesto estremo? Dove sei mammalucco? Dove sei? Mi senti? Ah! Cosa fai lì, a insudiciare le piastrelle? Respira ancora, ma, ma questo non è sangue, è polpa di pomodoro!

Sguaiato vile, come hai osato insudiciare la camicia di popeline bianco che ti avevo acquistato da “Summertime” , rispondi, cos’è questa messa in scena demenziale? Ma guardati incommensurabile babbeo, sei patetico, tu, il tuo biglietto, il tuo goffo tentativo di fare che? Di impietosirmi?

T -No, Esterina, non è una messa in scena, è il mio addio, per sempre, da questa casa e da te.

E -Melodrammatico gaglioffo, metti la camicia in lavatrice, fatti la doccia e vieni in salotto che ne parliamo.

T –No, non parlo più!

E –Meglio così, le tue parole sono tarde e sgradite  come i tuoi ragionamenti e  il tuo stile. D’ora in avanti parlo io e tu ascolti.

T –Non…non resto più qui…

E -Qui no, certo, in camera tua d’ora in avanti, che non sarà più la nostra.

Due mesi dopo, al telefono

C -Tommasino, dove ti sei cacciato? Sei sparito!

T -Sono agli arresti domiciliari, non parlo più, non dormo più, non è stata una buona idea la messa in scena del suicidio: adesso mi obbliga a studiare ogni sera un suicidio, vero, diverso, sono arrivato a Seneca, poi al mattino devo ripetere a lei l’episodio…