Ascoltai Michela Murgia al premio “ Alassio” di qualche anno fa. Ebbe quel premio che, a mio parere, incominciò a declinare con quella assegnazione. Alla cerimonia di consegna fece il solito discorso demagogico iper-vetero femminista, beccandosi settemila euro di premio. Se non fossi stato in prima fila, mi sarei alzato e sarei andato via. Molti amici ebbero la mia stessa impressione. Non volli il libro premiato. Se avessi dovuto cedere all’istinto, l’avrei gettato in un cassonetto, ma poi lo diedi, in base al principio che i libri non si buttano, ad una mia cara amica e collaboratrice alassina, Chiara Spadoni, che riuscì a leggerne una ventina di pagine. Chiara Spadoni è una colta e raffinata lettrice e diedi credito al giudizio totalmente negativo sulla Murgia che – mi disse – “esprimo soprattutto come donna”.
La Murgia manifesta in modo evidentemente pesante tutta la inadeguatezza di gran parte delle scrittrici italiane d’oggi. Ho conosciuto e un po’ frequentato con piacere Dacia Maraini che si è sempre battuta con intelligenza per la parità tra uomo e donna ed è una scrittrice pregevole e raffinata. Ecco, la Murgia, nella sua grossolanità, è l’opposto della Maraini, sempre elegante ed equilibrata, quanto esagerata e fuori luogo è la signora sarda.
L’ultima sua sparata contro il generale degli Alpini Figliuolo che sta dedicando anima e corpo per andare oltre gli errori di Arcuri sui vaccini, rivela una astiosa quanto evidente ricerca di pubblicità ad ogni costo, ma anche una insensibilità che mi verrebbe voglia di definire leggermente pachidermica. La Murgia, invece di sentirsi inquieta per il momento tragico che viviamo, invece di denunciare gli errori e le inefficienze del suo compare di partito Speranza, se la prende con gli uomini in divisa che sono impegnati in un lavoro da cui dipende la vita di milioni di italiani. Invece di sentirsi inquieta per i troppi uomini e anche donne in borghese che abbiamo ai vertici della politica ,offende chi porta con l’ orgoglio del patriota le stellette ,assumendosi delle responsabilità tremende. Crede di offendere parlando di linguaggi di guerra ,ma in effetti quella di Figliolo è proprio una guerra senza armi per ora adeguate, per salvare vite umane. Non ho sentito donne dissociarsi da questa femminista che brandisce la penna come un’ascia. Solo Rita dalla Chiesa, figlia dell’eroico generale che sconfisse le Brigate Rosse, ha avuto il coraggio di denunciare quello che si potrebbe anche configurare come un vilipendio delle FFAA, se si volesse dare importanza ai suoi sfoghi televisivi, da cui il conduttore Floris non ha avuto il buongusto di dissociarsi. Tra la sua penna intinta nell’ideologia velenosa della prevenzione e la penna Bianca – la scrivo volutamente con la b maiuscola – sul cappello del Generale Figliuolo le persone perbene non hanno dubbi a scegliere quella degli Alpini che hanno servito l’Italia con onore e disciplina in pace e in guerra. Dei libri scritti con quell’altra penna e dei pensieri usciti dalla sua bocca, invece, non resterà, siatene certi – nulla.
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