Ho assistito con grande interesse all’incontro in rete promosso dall’associazione “Nel Futuro” con le interessanti relazioni di due Fisici; il tema: l’auto elettrica. Sono emerse delle considerazioni che anche un autodidatta come il sottoscritto (i due autori sono entrambi laureati in fisica), in qualche modo si era posto. Avevo il dubbio che l’auto elettrica fosse una scelta industriale da una parte e, dall’altra un totem atto ad accontentare la superficialità del pensiero ambientalista, i relatori mi hanno confermato quanto pensavo in modo meno scientifico e motivato. In un mondo industriale in cui il progresso tecnico l’ha fatta da padrone, mi raccontò un giorno un mio amico designer, l’auto è il settore da sempre il più tradizionalista, il progresso tecnico ha riguardato le forme, gli accessori e le prestazioni; la sostanza però è sempre la stessa dagli ultimi anni dell’ottocento, un carro di ferro trainato da un motore a scoppio. Ebbene, la grande svolta dei produttori dell’auto, è stata quella di sostituire il motore a scoppio e il motore diesel con l’altrettanto datato motore elettrico, tra l’altro inventato nei suoi principi generali dal buon Galileo Ferraris qualche anno prima del motore a scoppio. Il mio amico Torrielli che quando scrive di politica non capisce molto, se si addentra nella tecnologia dimostra una lucidità degna di nota. Quale è stata la sua tesi? Non solo l’auto elettrica non è un’innovazione, soprattutto non è la panacea contro l’inquinamento. Torrielli e De Tommaso da quei fisici praticoni (è un complimento) che sono, ci hanno dimostrato due cose basilari sul suo scarso contributo ecologico. Primo: spostare le emissioni dal motore alla necessaria produzione di elettricità senza tenere conto che quest’ultima viene prodotta in minima parte da fonti rinnovabili o almeno pulite, è come il gioco dei bussolotti se non si interviene pragmaticamente con il coraggio della verità. Se entro pochi anni, come è probabile, il parco macchine mondiale sarà sostituito senza che ci poniamo come risolvere il problema energetico ma basandoci sulla la manfrina delle rinnovabili, assisteremo a tali e tanti blackout che non fermeranno solo le nostre auto ma l’intera economia, per giunta la pretesa di riempire il pianeta di centrali solari o campi eolici, in misura tale da sostituire le altre forma di produzione energetica mi sembra quantomeno bizzarro. Secondo: nell’auto elettrica il cuore si sposta dal motore agli accumulatori aumentando i carichi, bella a tal proposito la battuta dei quattro ciccioni che ci porteremo costantemente a spasso diminuendo notevolmente le prestazioni delle batterie medesime. Per non parlare delle problematiche sul reperimento delle materie prime e poi dello smaltimento. Al solito voglio buttarla in politica: il problema ambientale è fortemente sentito soprattutto in Europa, paradossalmente da chi da circa tre secoli lo ha provocato con la rivoluzione industriale, la crisi delle teorie marxiste ha poi spostato le protesta sui temi dell’ambiente, soprattutto in modo sentito dai Paesi del Nord Europa, e in modo strumentale ai fini del consenso politico, in Paesi come il nostro dove i verdi sono nati con la fine dei vecchi Partiti da leader, anzi leaderini (vedi Pecoraro Scanio e Rutelli) che, o sono stati inglobati o peggio sono spariti velocemente dall’agone elettorale, ciò non toglie siano riusciti ad influenzare soprattutto i media che si sono distinti nell’appoggiare soprattutto le tesi più radicali. Così si sono chiuse le due sparute centrali nucleari, peggio si è posto, nella pratica, fine alla ricerca su centrali più sicure e pulite, in un Paese che se la ricerca non è trainata dal privato, è praticamente inesistente, perché non finanziata.

Morale della favola, compriamo l’energia dal nucleare francese, tra l’altro talmente vicino ai nostri confini che in caso di incidente non saremo certamente risparmiati. In questi giorni gli italiani scopriranno che buona parte della bolletta energetica finanzia il rinnovabile, il che potrebbe anche essere cosa sensata se il rinnovabile impedisse il tracollo energetico. La criminalizzazione del nucleare fa il paio con quella del transgenico e la messa al bando dell’olio di palma. I nostri politici che si spera conoscano bene le cose che abbiamo scritto, salvo poche eccezioni, non hanno il coraggio di confutare le tesi ambientaliste più radicali ma soprattutto la loro superficialità. Vorrei dare un consiglio ai “gretini” nostrani, l’estremismo e il pressapochismo che all’inizio possono pagare, alla distanza provocano nell’opinione pubblica l’effetto opposto sopprimendo il neonato con la placenta. I nostri media si stano sbracciando nel sottolineare il fallimento del summit di Glasgow colpevolizzando i Governi di quel “bla-bla” che in realtà viene emesso soprattutto dai seguaci imberbi della Thunberg, i quali da sessantottini di ritorno si limitano a denunciale il male senza indicare alcun rimedio, se non la solita decrescita infelice. Da scompisciarci l’attenzione finta dei Capi di Stato e purtroppo vera, dei media e di alcuni Partiti, a questo Grillismo infantile e caciarone. L’amico De Tommaso ci ha spiegato, tornando al tema principale dell’auto elettrica, come il vero cuore di questa tecnologia non stia nel motorino propulsore, quanto nelle batterie composte da materiali rari e che tra l’altro non produciamo (così come i pannelli solari), pure senza preoccuparci dell’etica del lavoro nei confronti di una mano d’opera sfruttata e sottopagata. Di ciò l’ambientalismo radicale si guarda bene di parlare, allo stesso modo che non parla di dove, come e con cosa, sono prodotti i pannelli solari. E qui veniamo al tema internazionale. La tecnologia del rinnovabile è in gran parte prodotta in Cina, paese che a torto, ma anche a ragione, rifiuta la transizione ecologica così come viene proposta dai Paesi del post industriale. E’del tutto evidente come questi ultimi non abbiano alcuna arma contro un Paese che pur avendo uno sviluppo frenetico è ben lontano dagli standard occidentali in rapporto alla popolazione, cosi come la Russia che vive praticamente di Gas e petrolio, o come l’India anch’essa in piena rivoluzione industriale. Costoro, ci hanno detto che col cavolo rinunceranno nel breve e nel medio periodo al petrolio o peggio al carbone, gli stessi americani al di là dei proclami dei Democratici, non mettono certo l’ambiente davanti allo sviluppo economico. Secondo me, anche i Governi Europei non vedevano l’ora di scaricare le responsabilità. So già cosa penseranno i miei amici sinistri: eccolo questo destrorso antiambientalista, un assaggio l’abbiamo avuto anche nel dibattito seguito all’incontro su Zoom. Ai temi posti dai relatori, si è immediatamente virato sull’ideologico equivocando, l’approfondimento, con il negazionismo ambientale, addirittura quando l’amico De Tommaso ha parlato di inevitabile riduzione della mano d’opera è scattato il riflesso condizionato di tipo “bertinottiano”, sul refrain della riduzione dell’orario di lavoro (naturalmente a parità di salario), il che fa il paio con i demonizzatori della delocalizzazione che vorrebbero proibire per legge, senza tenere conto che con la globalizzazione, ma anche solo all’interno dell’Unione Europea, piaccia o meno, le multinazionali, ma non solo anche molte aziende italiane delocalizzano, non per cattiveria ma per la legge di mercato fintanto che il costo della mano d’opera sarà una variabile fondamentale, naturalmente vogliamo la botte piena e la moglie ubriaca, dal momento che ci opponiamo, da una parte all’automazione che riduce gli addetti,  dall’altra sottovalutando l’impatto del costo del lavoro in funzione della concorrenza dei Paesi che in una fase di sviluppo praticano la politica di bassi salari, esattamente come noi negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. Anche qui cari amici, non datemi del reazionario, semplicemente ho cercato di portare avanti la tesi che le semplificazioni demagogiche, sull’ambiente, come sull’economia, non ci porteranno da nessuna parte.

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