Ho sentito parlare dei metodi messi in atto dal sistema di istruzione italiano, finalizzati a eliminare la possibilità da parte degli esaminandi di copiare durante prove scritte o di ricevere suggerimenti nel corso delle interrogazioni. Diciamolo chiaramente: già in presenza era difficile essere sicuri che uno non avesse copiato, figuriamoci a distanza. In ogni caso, mi ha colpito la disparità di mezzi a disposizione tra le università e il resto della scuola. A quanto pare, gli atenei hanno a disposizione software, che sembrano usciti dalla fantasia di Jules Verne. Si va dai più semplici in grado di scovare i plagi, ai programmi che impediscono di aprire nuove finestre di ricerca sul pc durante le sessioni, fino ai più complessi che rilevano qualsiasi movimento all’interno della stanza, in cui si trova lo studente sotto esame. Addirittura viene chiesto agli universitari di avere più di un dispositivo con telecamera per poter verificare a 360 gradi l’assenza di libri o altri sussidi. Insomma, è come avere un temporaneo big brother in casa propria. Poi si passa alle strategie più homemade degli altri gradi di istruzione. Ovvero i bulbi oculari degli insegnanti, che devono cercare di individuare nei quadratini 2×2 di Google Meet, in cui sono incorniciati i loro allievi, i possibili indizi di disonestà intellettuale. E mi ha fatto sorridere leggere di studenti che, dopo aver sentito la domanda dell’interrogazione, spengono la telecamera per sbirciare la risposta e poi snocciolare tutta la loro sapienza al professore. Vorrei far notare che, in primo luogo, se uno spegne la telecamera, il professore se ne accorge poiché appare un’apposita icona. In secondo luogo, se il docente è collegato da scuola, probabilmente non ha mai visto in tutta la mattinata nemmeno uno dei volti dei suoi discenti, ma solo quadrettini neri, grazie alla superconnessione avveniristica alla fibra fornita solitamente dalle amministrazioni locali. Quindi lo studente può lasciare tranquillamente tutto acceso: non lo scoprirà mai nessuno. Insomma, credo che il problema vero sia questo: se si cerca di copiare o passare una verifica in presenza, si realizza una lotta tra intelligenze. Da un lato, l’insegnante che ha il diritto-dovere di verificare e valutare, dall’altro, lo studente, che ha il diritto non scritto di provarci. A distanza, invece, non c’è sfida, non c’è gusto, c’è solo il misero tentativo di passare un altro anno senza aver imparato nulla. Nemmeno dalla pandemia.
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