Al termine del processo risorgimentale ci si pose il problema, fatta l’Italia, di fare gli Italiani. Ossia di creare un senso di appartenenza comune, un idem sentire, nel quale si potessero identificare i cittadini del nuovo stato: un’idea di nazione, da non confondere con la degenerazione nazionalista (idea di supremazia della propria nazione sulla altre).
Oggi, mentre si sta costruendo l’Europa, occorre fare gli europei.
Mettere in evidenza valori comuni e punti di riferimento in cui i cittadini, pur di paesi diversi, si possano identificare. Con buona pace di molti partiti di destra e dei loro brillanti risultati elettorali, il processo di unificazione è auspicabile, si spera irreversibile, ed il momento favorevole. Le potenze europee, dopo aver dominato il mondo per secoli, grazie a cultura, tecnologia ed espansione demografica, fino al punto di colonizzare interi continenti, si suicidarono nella prima metà del ‘900 con due guerre fratricide. Il cui esito fu l’accordo di Yalta (1945) in cui potenze straniere, USA ed URSS si spartirono l’Europa, alla presenza ambigua della Gran Bretagna. I francesi e gli stessi inglesi si illusero di aver vinto la guerra e mantenuto le proprie prerogative, ma la crisi di Suez (1956) del ne mise in luce tutta l’irrilevanza politica.
Il momento è proficuo oggi per la concomitanza di vari fattori, in primis la debolezza della Russia che si sta manifestando in Ucraina, ben lungi dall’essere pericolosa come ai tempi della Cortina di Ferro. La Brexit ha allontanato (per il momento?) il Cavallo di Troia che per secoli aveva impedito qualsiasi tentativo di creare una qualsiasi potenza egemone sul continente. Inoltre il baricentro degli scenari geostrategici del XXI secolo si sta spostando nel Pacifico e nei tentativi degli Stati Uniti di bloccare l’espansionismo cinese. A questo si aggiunga la consapevolezza che i leader europei hanno maturato in termini di necessità dell’autosufficienza strategica, sia in termini di fonti energetiche, sia di produzioni industriali chiave: semiconduttori su tutti. Il che sta portando a fenomeni di rilocalizzazione (reshoring) di intere filiere industriali, in netta controtendenza con quanto avvenuto negli ultimi decenni. Da ultimo proprio la guerra in Ucraina sta avendo un effetto centripeto, verso l’Europa, da parte dei paesi del nord che cercano una casa comune in quanto si sentono minacciati.
E’ quindi giunto il momento di identificare elementi comuni che siano identitari della nazione europea, necessariamente ponendo limiti che identifichino ed escludano chi non le appartiene perché ha storia e valori diversi.
La sponda sud del Mediterraneo, la Turchia e la Russia, non appartengono all’Europa. Sono più che auspicabili relazioni amichevoli ed accordi commerciali e non, ma deve essere chiaro che non sono parte della nostra nazione. Recentemente Erdogan ha richiesto l’adesione ma, al di là di questioni religiose e di similarità tra leggi ed istituzioni, storie, valori e costumi sono profondamente diversi. Per non parlare del peso demografico che farebbe della Turchia il primo paese dell’UE, sbilanciandone il parlamento.
L’Unione Europea condivide istituzioni, una bandiera, un inno: serve una festa, un unico giorno che accomuni tutti i suoi cittadini. Non può essere legato alla liberazione dal nazifascismo perché, pur essendo grati di ciò, questo ha coinciso con la perdita di sovranità: nel 1945 l’Europa si è ritrovata più serva, più vil, più derisa, occupata da eserciti stranieri che dividono i servi, dividon gli armenti, si posano insieme sui campi cruenti d’un volgo disperso che nome non ha. Come fu la cortina di ferro. Non è certo a questo che si sta pensando.
Per cercare valori comuni dobbiamo guardare molto più indietro. Leonida, re di Sparta, nel momento in cui le poleis greche erano minacciate dall’esercito straniero di una monarchia assolutista, prese una decisione storica. Avrebbe potuto, e molti a Sparta erano favorevoli, abbandonare l’odiata Atene al suo destino e limitarsi a difendere il Peloponneso, bloccando l’istmo di Corinto. Invece scelse di immolarsi alle Termopili, molto più a nord, con soli 300 uomini, per difendere la Grecia tutta, per ribadire la libertà, nella differenza, di tutte le poleis, contro un nemico esterno.
Leonida fu il primo cittadino europeo!
Molti secoli dopo, di fronte ad analoga minaccia, i sovrani d’Europa trovarono il coraggio di mettere da parte i propri dissidi ed affrontarono il nemico comune, distruggendolo, nella Battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1571.
Propongo che il 7 ottobre sia designato come festa nazionale europea, simbolo di un’Europa libera e forte, sicura nei propri confini, dotata di un esercito per difenderli, quando necessario, e di un’autonomia politica per collaborare, nell’indipendenza, con le nazioni vicine!