Il 10 febbraio ricorre la Giornata del Ricordo. La legge che la istituisce, peraltro benemerita, non voglio essere frainteso, dimentica però il sacrificio di territori italiani al nostro confine occidentale, territori che vennero ceduti alla Francia con lo stesso trattato di pace che cedeva Istria, Fiume e Dalmazia alla Jugoslavia. Parlo del comune di Tenda, all’epoca il più esteso della provincia di Cuneo, di gran parte del comune di Briga Marittima (così chiamato non per la presenza del mare, ma delle Alpi Marittime), il villaggio di Mollieres, frazione di Valdieri, località del Cuneese nota per le sue terme, alcune frazioni del comune ligure di Olivetta San Michele, nell’entroterra di Ventimiglia. La parte del comune di Briga non ceduta alla Francia andò a costituire il comune di Briga Alta, salvo una frazione che venne aggregata al comune di Triora, in provincia di Imperia.
Non fu un sacrificio di poco conto, lo dichiarò solennemente Benedetto Croce nel discorso all’Assemblea Costituente contro la firma del trattato di pace. A Tenda nacquero Beatrice, la protagonista dell’opera di Bellini, il poeta dell’Arcadia Giambattista Cotta (sul quale ho scritto recentemente, assieme a Pietro Salvatore Reina, un libro pubblicato dal locale comitato della Società Dante Alighieri), Scipione Vajo, poeta Accademico degli Innominati di Bra, l’ingegner Sebastiano Grandis, costruttore del traforo del Frejus, il prof Stefano Perrier, tra i formulatori del Codice Deontologico per i medici e senatore del Parito Liberale negli anni Cinquanta dello scorso secolo. A Briga nacquero il poeta e alto funzionario alla Corte di Torino Paolo Filippi della Briga, l’economista Giacomo Spinelli, vissuto nella seconda metà del Seicento, il giornalista repubblicano Giuseppe Beghelli, che fu anche giovanissimo volontario con Garibaldi in Trentino nel 1866, Giulia Lanteri, prima donna italo-argentina a laurearsi in Medicina e fondatrice del movimento femminista in quel lontano Paese e l’astrofisico di fama internazionale Remo Ruffini, ancora vivente. Nato a Nizza, ma di famiglia brigasca, la Medaglia d’Oro al Valor Militare Giovanni Pastorelli, caduto in Libia nel 1911, il cui monumento è ancora a Briga, anche se è stato spostato dal sito originario e Giovanni è diventato Jean… Del resto il Monumento ai Caduti a Tenda raffigura un soldato con l’uniforme italiana e tutti i caduti elencati sono caduti per l’Italia, non pochi combattendo anche contro la Francia.
Pure in queste località ci fu la pulizia etnica, anche se, fortunatamente, senza spargimento di sangue, a differenza di quanto accadde alla frontiera orientale. Mille persone (e sono tante per una zona così piccola e mai densamente abitata) lasciarono la propria terra per non divenire francesi, mentre molti di quelli che, pur di sentimenti italofili, non vollero o non poterono lasciarla, subirono antipatiche vessazioni o discriminazioni, che non risparmiarono neppure gli indifferenti o i francofili, i quali dovevano far di tutto per dimostrarsi più francesi dei francesi stessi… Chi conosce la storia dell’Alto Adige sa che cose non molto diverse sono successe anche da noi.
Il confine in Val Roja, poi, è stato tracciato in maniera così stupida da venire messo alla berlina proprio da un regista francese, Christian Jaque, in un film del 1958 con Totò e Fernandel (“La legge è legge”): undici anni dopo l’annessione, una tragedia si trasformava, infine, in farsa.
Tra le autorevoli voci contrarie all’annessione ho ricordato prima Benedetto Croce, potrei aggiungere qui, alcune altre personalità di cui mi ricordo, un po’ alla rinfusa: Arturo Toscanini, Vittorio Emanuele Orlando, il comandante partigiano monarchico Enrico Martini Mauri, il leader repubblicano Randolfo Pacciardi, il socialista francese Léon Blum… Ma chi fece concretamente qualcosa per i profughi della Val Roja fu una coraggiosa donna di Sanremo, Nilla Gismondi, una donna qualsiasi verrebbe da dire, che però riuscì, tramite pressioni su ambienti politici soprattutto democristani, a far sì che ai profughi della Val Roja venissero riconosciuti i diritti e le riparazioni (tutti assai modesti per la verità ma, tra il poco e il niente, è sempre preferibile il primo..), riconosciuti ai profughi giuliano-dalmati.
Ho voluto rievocare queste vicende poco note nella speranza che un domani un emendamento alla legge che istituisce la Giornata del Ricordo possa rendere postuma giustizia a quei nostri fratelli che, in una situazione difficile, vollero rimanere italiani anche alla nostra frontiera occidentale.
ACHILLE RAGAZZONI