La scomparsa a 97 anni di Vittoria Ronchey ci priva di una delle ultime testimoni di un’Italia civile che non c’è più. Il suo coraggioso libro “Figliuoli miei marxisti immaginari“ ci ha tenuto compagnia negli anni più bui della contestazione studentesca e ci ha dato la forza per resistere alle irrisioni e alle violenze di chi aveva trasformato la cattedra in una tribuna politica da cui arringare i giovani o, cosa ancor più frequente, allinearsi ai riti della contestazione praticando l’egualitarismo più stolto e la desertificazione degli studi . Vittoria mise a nudo la scarsa serietà di un presunto marxismo che rappresentò una moda e fu l’occasione per tanti giovani borghesi di giocare alla rivoluzione, provocando però parecchi danni tutt’altro che immaginari. Vittoria, moglie di Alberto Ronchey, giornalista principe e grande intellettuale di matrice pannunziana, era stata docente nei licei e scriveva per aver vissuto di persona cosa succedeva nella scuola italiana sconvolta da un terremoto destinato a durare decine d’anni, provocando cumuli impressionanti di macerie. La Ronchey, quando Alberto dirigeva “La Stampa“ venne spesso al Centro “Pannunzio“ che definì “l’unico ritrovo libero” della Torino intellettuale pesantemente egemonizzata dalla cultura marxista e gramsciana. Da giovane era stata per qualche periodo comunista, ma il soggiorno a Mosca quando il marito fu corrispondente per la “Stampa“, la convinse a superare le scelte giovanili in nome della libertà. Il clima politico moscovita era infatti davvero intollerabile. Come Alberto, con la sua presenza amichevole e con i suoi libri , fu maestro di tanti allora giovani pannunziani più di ogni altro, Vittoria fu vicino alle nostre esperienze di giovani professori disorientati in una scuola tanto diversa da quella dove avevano studiato ed avevano maturato idee di democrazia e tolleranza infrante con la violenza verbale e anche fisica. Ricorderò sempre i nostri incontri nell’ alloggio di piazza San Carlo e i discorsi avviati dopo il rituale pranzo domenicale al “Cambio” del grande commendator Parandero, un’isola di Risorgimento nella burrasca dei diversi estremismi dove la famiglia Ronchey amava ritrovarsi. Scrisse molti altri libri ma il primo resta l’anti “Lettera ad una professoressa” di don Milani. Così la definì Aldo Garosci, il mio primo maestro di Storia del Risorgimento. Apprendendo della sua morte ho pensato subito ad Alberto, uno dei più grandi giornalisti e uomini di cultura della seconda metà del Novecento. E voglio esprimere il cordoglio del Centro “Pannunzio” alla figlia Silvia, studiosa e scrittrice di vaglia che ha saputo serbare la sua indipendenza, l’eredità più alta e difficile lasciatale dai suoi genitori.
Articoli recenti
Categorie
Archivio
- Ottobre 2024
- Settembre 2024
- Agosto 2024
- Luglio 2024
- Giugno 2024
- Maggio 2024
- Aprile 2024
- Marzo 2024
- Febbraio 2024
- Gennaio 2024
- Dicembre 2023
- Novembre 2023
- Ottobre 2023
- Settembre 2023
- Agosto 2023
- Luglio 2023
- Giugno 2023
- Maggio 2023
- Aprile 2023
- Marzo 2023
- Febbraio 2023
- Gennaio 2023
- Dicembre 2022
- Novembre 2022
- Ottobre 2022
- Settembre 2022
- Agosto 2022
- Luglio 2022
- Giugno 2022
- Maggio 2022
- Aprile 2022
- Marzo 2022
- Febbraio 2022
- Gennaio 2022
- Dicembre 2021
- Novembre 2021
- Ottobre 2021
- Settembre 2021
- Agosto 2021
- Luglio 2021
- Giugno 2021
- Maggio 2021
- Aprile 2021
- Marzo 2021
- Febbraio 2021
- Gennaio 2021
- Dicembre 2020
- Novembre 2020
- Ottobre 2020
- Settembre 2020
- Agosto 2020
- Luglio 2020
- Giugno 2020
- Maggio 2020
- Aprile 2020
- Marzo 2020
- Febbraio 2020
- Gennaio 2020
Contatti
Centro Pannunzio
Associazione culturale libera fondata a Torino nel 1968
Via Maria Vittoria, 35 H
10123 Torino (TO)
Tel 011 8123023
redazione@pannunziomagazine.it
www.centropannunzio.it